Così le aziende hanno aggirato il blocco dei licenziamenti

Giorgia Bonamoneta

19/09/2021

Il blocco dei licenziamenti è stato un vero e proprio “blocco”? Secondo i dati dell’Inps qualcosa non quadra: sono circa +20 mila (+67%) i licenziamenti per motivi disciplinari del 2021.

Così le aziende hanno aggirato il blocco dei licenziamenti

Una delle tante conseguenze gravi della pandemia è sicuramente l’impatto che questa ha avuto sul settore del lavoro. Sono molteplici i modi nei quali ha influito negativamente, tanto a livello generale quanto individuale.

Perché sì, possiamo parlare di economia su larga scala, di ripresa in percentuali, ma nel concreto durante questi lunghi mesi di crisi sanitaria i numeri sulla disoccupazione sono stati preoccupanti. E i decreti contro i licenziamenti, la cassa integrazione agevolata e via dicendo?

A tutto c’è “rimedio”. Infatti sembra che il numero di licenziamenti dovuti per motivi disciplinari siano stati oltre 60 mila (+67%), un numero maggiore dello scorso anno e di quello prima ancora. Si può essere prudenti e dire che il numero in aumento non sia dovuto al tentativo di sviare il blocco dei licenziamenti, ma soprattutto nelle piccole realtà questa è una regola già cementata da tempo.

Il blocco dei licenziamenti all’inizio della pandemia

Il blocco dei licenziamenti è stato uno strumento per garantire i posti di lavoro in un periodo, tutt’ora in corso, nel quale la stabilità è decisamente precaria ed è determinata da numeri di casi di positività dettati ogni sera dalla televisione. Con la campagna di vaccinazione sembra impossibile immaginare un nuovo lockdown, ma non è sempre stato così.

Pensiamo ai primi mesi di pandemia, all’ignoranza sul virus e ai limiti imposti per impedirne la diffusione: i locali commerciali di ogni natura chiusi, tranne quelli dei beni di prima necessità.

Per rimediare alla perdita, il Governo argirò il dramma dei licenziamenti con un blocco, blocco rimasto attivo a lungo e oggi ancora attivo per determinate categorie più a rischio.

Si può aggirare il blocco dei licenziamenti?

Nel corso dei mesi però sono state molte le storie dei vari raggiri al blocco dei licenziamenti, a partire da casse integrazioni “farlocche” - cioè il dipendente andava a lavoro, ma veniva pagato dallo strumento dello Stato -, buste paga interamente composte da giorni di malattia, assenze e ferie e molto altro.

Un altro metodo - questo non vuole essere una guida - sembra però essere stato il più utilizzato: il licenziamento per giusta causa. Come? Le aziende, i datori di lavoro, d’accordo o meno con il dipendente, spedivano lettere di richiamo disciplinare.

Basta anche un solo richiamo al quale non si risponde entro 5 giorni per andare incontro a un licenziamento per giusta causa. L’avvocato del lavoro Vincenzo Martino ha raccontato di aver visto molti di questi “licenziamenti forzati” negli ultimi mesi.

La risposta è sì, il blocco dei licenziamenti può essere raggirato e non è neanche così difficile, soprattutto perché sembra che ci sia intenzione da parte del dipendente di accettare questo finale lavorativo. Perché? Per prendere la disoccupazione ovviamente.

Licenziamento per giusta causa e NASpI

Non tutti i dipendenti conoscono i propri diritti, soprattutto quelli aggiornati. Infatti si pensa ancora, e a torto, che con un licenziamento per motivi disciplinari non si abbia il diritto alla disoccupazione. In realtà la NASpI è concessa a tutti i lavoratori in presenza di stato di disoccupazione involontaria con almeno 13 settimane di contributi nei 4 anni precedenti.

Stesso discorso, forse ancora più semplice da immaginare e quindi spiegare, è la disoccupazione in caso di dimissioni per giusta causa. Il motivo è evidente: se non ci sono i presupposti per proseguire, le dimissioni per giusta causa sono da considerare come perdita di lavoro involontaria.

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