Per Giovanni Pesce, Presidente di Fugen Sicav Raif, i tassi ad un livello così basso non sono necessariamente un bene per l’economia, in quanto potrebbero avvantaggiare solo i debitori. In questo quadro, è necessario (almeno in Italia) un nuovo quadro normativo che regoli gli istituti di credito
Lo scorso 25 luglio Mario Draghi, Presidente della BCE, ha mantenuto il suo atteggiamento estremamente dovish affermando che l’istituto centrale è pronto ad agire a sostegno dell’economia (per approfondire).
La reazione dei rendimenti dei titoli di Stato del Vecchio Continente, che fino a quel momento avevano avuto un andamento discendente uniforme, ha iniziato a divergere. Nello specifico, prendendo in considerazione il benchmark a 10 anni, gli yield dei bond governativi dei Paesi periferici hanno iniziato a salire, quello degli altri ha continuato nella dinamica discendente. Ne sono esempi lampanti l’Italia, dove la scadenza a decennale ha visto salire lo yield all’1,615% (+6,75% dal 25 luglio) e la Germania, dove un bond a 10 anni rende il -0,399% (-9,31% dal 25 luglio).
In un contesto di tassi di interesse bassi e di politiche monetarie ultra accomodanti, i mercati finanziari devono fare i conti con il maggiore ammontare di debito governativo a rendimento inferiore allo zero, che di recente ha raggiunto nuovi massimi a 13,657 mila miliardi di dollari. Nello specifico, in Europa il 62% dei titoli di Stato presenta uno yielding negativo.
In questo quadro, nell’attesa dell’appuntamento con la Federal Reserve di domani (con il T-Note a 10 anni che rende il 2,051%), 31 luglio, viene da chiedersi se l’attuale contesto di tassi bassi sia la vera cura per un’economia che non dà segni di miglioramento.
L’arma dei tassi per rilanciare le economie: è lo strumento migliore?
Gli abitanti degli Stati Membri dell’UE presentano abitudini finanziarie molto diverse tra loro. Ad esempio, gli italiani sono molto legati a una memoria da obbligazionista statico, mentre gli investitori medi francesi hanno un approccio opposto, dato che guardano al rendimento degli investimenti per guidare i loro comportamenti di consumo.
Secondo Giovanni Pesce, Presidente di Fugen Sicav Raif, in contesto che si presenta così disomogeneo tra gli Stati, le misure che impattano sulla comunità avranno effetti diversi.
Prendendo come esempio il caso Italia, Pesce mette in evidenza come l’abbassamento dei rendimenti nei titoli di Stato abbia fortemente ridotto quel reddito aggiuntivo che permetteva di sostenere alcune spese grazie al solo stacco delle cedole.
È anche vero che ci potrebbero essere degli effetti positivi da un ulteriore ribasso dei tassi, come quelli relativi alla discesa delle rate dei mutui a tassi variabili. Per il Presidente di Fugen Sicav Raif, i tassi bassi favoriscono prevalentemente i debitori, primus inter pares il Tesoro italiano, il quale gode di diversi benefici: per l’esperto però, il problema verrà quando i rendimenti raggiungeranno un livello tale per cui pochi vorranno sottoscrivere nuovi bond governativi.
“Deve cambiare l’educazione finanziaria di un paese, deve cambiare la tecnicalità delle gestioni che non possono essere più statiche o direzionali, deve cambiare l’efficienza di tutti i mercati secondari per permettere davvero una negoziabilità costante anche di strumenti largamente più ristretti di un BTp. Una volta che tutte queste cose saranno cambiate, forse i tassi risaliranno”, afferma Pesce.
Il caso Italia: una fiscalità del lavoro troppo pesante
Per Giovanni Pesce, ciò che deve cambiare in Italia è anche la fiscalità legata al mondo del lavoro, giudicata eccessiva in quanto non permette di liberare i consumi.
Oltre a questo, viene sottolineato come il nostro Paese dovrebbe intraprendere un percorso di snellimento della burocrazia, che rende difficile l’accesso al credito produttivo e personale. Per questo motivo, è necessario normare in maniera decisa le funzioni, i costi e le modalità di esercizio di attività gli istituti di credito.
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