Le batterie al magnesio sono una valida alternativa ecologica: ecco di cosa si tratta e a che punto siamo.
Un finanziamento di 2 mila miliardi di dollari in 10 anni tra “Inflation Reduction Act”, “Bipartisan Infrastructure Law” e “Chips & Science Act” sono le risorse, che gli Stati Uniti hanno destinato alla riduzione delle emissioni e per promuovere le tecnologie verdi. Il problema più grande della transizione verde sembra essere la disponibilità di litio necessario, per le batterie delle auto elettriche. Si stima che al 2030 si passerà a 3 milioni di tonnellate dalle 700mila di oggi.
Uno squilibrio tra domanda e offerta, stimato intorno al 15% e un prezzo raddoppiato, a dicembre era pari a 75mila dollari la tonnellata. In Italia esiste un valido e competitivo sostituto delle batterie al litio: quelle al magnesio. Vito Di Noto un professore di chimica dell’Università di Padova da circa due decenni insieme al suo gruppo fa ricerca sui materiali, per l’energia. Un prototipo di batteria ricaricabile al magnesio è stato brevettato nel 1999.
Batterie al magnesio, cosa sono?
La prima batteria al magnesio al mondo fu messa a punto nel 1997 e presentava numerosissimi vantaggi: minimo impatto ambientale essendo i materiali componenti tutti biocompatibili, un marcato contenimento dei costi di produzione considerato, che il magnesio non è costoso. I parametri tecnici di una batteria al magnesio sono decisamente superiori di quella al litio:
- temperatura di impiego fino a 200 gradi centigradi, rispetto ai 60 della batteria al litio;
- bassissima reattività del magnesio durante il suo impiego;
- ottima lavorabilità meccanica del magnesio metallico e possibilità di mettere a punto anodi (l’elettrodo positivo che fa passare la corrente elettrica) sottili e flessibili.
Brevetto internazionale depositato più di due decenni fa con titolarità dell’Università di Padova. Una innovazione questa della batteria al magnesio, che potrebbe rivoluzionare tutto il mondo delle energie rinnovabili e porre l’Italia, in una posizione di avanguardia nel delicato settore dell’accumulazione (storage).
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Istruzione e Ricerca, il Pnrr è una mancata occasione
Un accademico di caratura internazionale come il professore Di Noto dichiarava, che la batteria al magnesio aveva una densità di energia e una vita utile analoga a quella della batteria al litio e, che agendo sul catodo si poteva migliorare ulteriormente la batteria. Aggiungeva che il problema non era tecnico, ma economico. E qui siamo al vero punto della questione: la ricerca in Italia. Non risolto nemmeno con il Pnrr che alla missione, “Istruzione e Ricerca “alla quale destina 28 miliardi di euro e, di questi 11,77 miliardi alla ricerca. Italia destina l’1,4% del Pil alla ricerca di cui 0,9% la componente privata e appena lo 0,5% quella pubblica. La media Ocse è pari al 2,4% (dati 2018).
Successivamente va considerato che l’investimento dello Stato pari a 9,3 miliardi viene diviso con 6,3 miliardi alla ricerca di base e 3, a quella applicata. L’equivalente di circa 100 Km della linea alta velocità, Battipaglia/ Praia a Mare con analisi costi benefici negativa per 3 miliardi di euro. Il confronto dei fondi alla ricerca è “umiliante “, come il numero di ricercatori per mille abitanti o rapportato a cittadino: Germani 30 miliardi di euro dello Stato, Francia 18 miliardi, 6 ricercatori ogni 1000 abitanti contro media Ocse pari a 9 ricercatori. Infine per ogni cittadino italiano si spendono, in ricerca 41 centesimi di euro l’anno, un euro e 9 centesimi in Germania e 68 centesimi in Francia.
Il mancato sviluppo delle batterie al magnesio è anche figlio delle riserve, di gran parte della classe dirigente verso le rinnovabili, l’auto elettrica: come non ricordare l’enormità della delibera CIP 6 del 1992, che considerava rinnovabili i residui delle fonti fossili e li finanziava? E che dire del pacchetto di provvedimenti sul clima conosciuto come Fit for 55, che indica il 2025 come data ultima per la produzione di veicoli con motore a scoppio sia a benzina che diesel? Servono batterie e grandi quantità di litio.
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L’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA) stima, che la domanda di litio sarà 40 volte maggiore entro il 2040 rispetto a oggi e l’Europa riuscirà al massimo a soddisfare il 30% del fabbisogno di litio. Nel 2021, 11 case produttrici come Ford, Mercedes-Benz, Volvo, General Motors e la cinese BYD e paesi come Canada Regno Unito e altri firmarono di porre fine alla vendita di auto, a combustione interna entro il 2035. Nel novembre del 2021 al Corriere della Sera il ministro Giorgetti dichiarò la «transizione ecologica doveva avvenire con approccio tecnologicamente neutrale: decarbonizzazione non può diventare sinonimo di elettrico. Così facciamo diventare ideologico un percorso che invece deve essere razionale. (…) Tutti vogliamo combattere l’inquinamento, vivere in un mondo più sano e compatibile con l’ambiente e per questo non possiamo bocciare altre strade in modo pregiudiziale».
Giorgetti indica in primo luogo, «lo studio su altri combustibili non fossili, sui quali le nostre imprese stanno facendo investimenti importanti: non possono essere esclusi a priori.» Posizione unica nel panorama mondiale di lotta ai cambiamenti climatici. Riprendere l’opzione, «batteria al magnesio» facendogli superare per assenza di lungimiranza, sacrificio, forse alle lobby lo stadio di batteria a forma di bottone sarebbe una alternativa perfetta per costruire batterie di grandi dimensioni. Il motivo? Può fornire valori elevati di potenza senza surriscaldarsi mente il litio, per evitare il surriscaldamento viene ripartito in piccole celle di pochi volt, collegate tra loro proprio per evitare che si incendi. Tale soluzione però incrementa i costi e abbassa il rendimento.
Batteria al magnesio, che rientra nella strategia di “oltre le batterie al litio”. Aggiungo che la prima realizzazione di batteria al litio avvenne a Roma, Università La Sapienza e, che la ricerca va verso le batterie di stato solido, in sostituzione del liquido che svolge la funzione di elettrolita superando in tal modo vari problemi.
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