BCE, il piano tagli tassi Lagarde nelle minute tra miraggio -50pb e rebus inflazione

Laura Naka Antonelli

16 Gennaio 2025 - 15:19

Pubblicate le minute relative all’ultima riunione della BCE del 2024, quando Lagarde ha tagliato di nuovo i tassi. Il dilemma.

BCE, il piano tagli tassi Lagarde nelle minute tra miraggio -50pb e rebus inflazione

La BCE di Christine Lagarde ha diffuso oggi, giovedì 16 gennaio 2025, le minute relative all’ultima riunione del Consiglio direttivo dello scorso 12 dicembre, quando ha annunciato il suo quarto taglio dei tassi di interesse dell’area euro, presentando la sua ultima decisione di politica monetaria dell’anno 2024.

Quel giorno, con la sua quarta sforbiciata - successiva alla carrellata continua di rialzi dei tassi che hanno contrassegnato gli anni 2022-2023, volti a sfiammare l’inflazione - la BCE ha annunciato l’ennesimo taglio mini, pari ad appena 25 punti base, portando i tassi sui depositi, i tassi sulle operazioni di rifinanziamento principali e i tassi sulle operazioni di rifinanziamento marginale a scendere rispettivamente al 3%, al 3,15% e al 3,40%.

Ma qualcuno avrebbe voluto di più: finalmente, un taglio dei tassi di 50 punti base, si apprende dai verbali, che tuttavia, di nuovo, non si è palesato.

Vale la pena di ricordare che la BCE ha iniziato a tagliare i tassi dell’area euro il 6 giugno scorso, per poi procedere a una seconda riduzione il 12 settembre.

I tassi di interesse sono stati tagliati per la terza volta dopo la riunione del Consiglio direttivo del 17 ottobre.

Il quarto taglio dei tassi è avvenuto infine, per l’appunto, in data 12 dicembre 2024. E la domanda che continua ad assillare i mercati, ovviamente, è quante altre volte Lagarde taglierà i tassi nel 2025 e, anche, negli anni successivi.

L’appello a Lagarde a tagliare i tassi di 50 punti base caduto ancora nel vuoto

Oggi si scopre che lo scorso 12 dicembre 2024, in occasione di quel BCE Day, qualcuno aveva chiesto a Lagarde di osare di più, e di tagliare i tassi di 50 punti base, come auspicato, tra l’altro e ripetutamente da diversi esponenti del governo Meloni.

Alcuni esponenti avevano fatto notare come ci fossero i presupposti per tagliare i tassi di 50 punti base. (Gli stessi) avrebbero voluto che la possibilità di un taglio dei tassi più significativo, di una tale portata, venisse presa maggiormente in considerazione”, si legge nelle minute. “Questi esponenti avevano posto enfasi sul deterioramento dell’outlook sull’economia dell’area euro rispetto alle previsioni, sottolineando come i rischi per la crescita, in un contesto di molte incertezze interne e globali, fossero rivolti verso il basso ”.

A loro avviso, “un taglio dei tassi più importante avrebbe fornito una garanzia contro i rischi al ribasso per la crescita ”.

In più, gli stessi avevano sottolineato che, “se l’economia non avesse recuperato terreno, sarebbe aumentato il rischio di una inflazione inferiore al target” prestabilito dalla banca centrale.

L’auspicio di un taglio maggiore, di 50 punti base, era stato spiegato ulteriormente con il timore che “la politica monetaria (della BCE) potesse diventare troppo restrittiva, con tassi di interesse ancora distanti rispetto al tasso di interesse neutrale”.

Quell’appello, come poi è risultato dalla pubblicazione del comunicato della BCE relativo alla decisione sui tassi, è rimasto del tutto inascoltato, in quanto l’Eurotower ha deciso, come noto, di propendere nuovamente per un taglio mini. Il motivo?

Per BCE necessario procedere a graduale allentamento tassi. Disinflazione ancora non conclusa

A prevalere, emerge dalle minute rese note oggi dalla BCE, è stato piuttosto il bisogno di procedere a “un graduale allentamento della restrizione monetaria ”: approccio considerato “appropriato” anche guardando ai prossimi meeting della BCE, “nel caso in cui lo scenario di base per l’inflazione venisse confermato nei prossimi mesi e nei prossimi trimestri”.

A essere sottolineato anche il fatto che, “in ogni caso, la BCE ha un solo mandato, che è quello di assicurare la stabilità dei prezzi, non un mandato doppio (che caratterizza invece la Fed che, oltre alla stabilità dei prezzi, deve garantire anche la massima occupazione)”.

Di conseguenza, “dal momento che il processo di disinflazione non si era ancora concluso”, è stato stabilito come fosse “troppo presto per tagliare i tassi in modo più significativo”.

Non solo. Nei verbali si legge che, in quella riunione, “era stato rimarcato che una riduzione dei tassi di 50 punti base avrebbe potuto essere percepita come espressione di una BCE più pessimista sulle condizioni dell’economia (dell’area euro) rispetto alla realtà dei fatti”: uno scenario “non auspicabile”.

Ricordato anche che, con il taglio deciso in precedenza, in occasione del meeting di ottobre, il Consiglio direttivo “aveva già dimostrato l’impegno a reagire al peggioramento dell’outlook macroeconomico, associato all’indebolimento delle pressioni inflazionistiche legato a una maggiore velocità degli aggiustamenti dei tassi di interesse”.

Ma questo approccio che la maggioranza del Consiglio direttivo della BCE ha manifestato nell’ultima riunione di politica monetaria del 2024 è ancora attuale? I segnali che sono arrivati dall’inizio del 2025 sono contrastati.

Da un lato, si sono intensificate le speculazioni di una politica monetaria dell’Eurotower costretta a diventare sempre più divergente da quella della Fed di Jerome Powell.

Dall’altro lato, non è certo di buon auspicio il fatto che proprio oggi, in una Germania in recessione per il secondo anno consecutivo nel corso del 2024, sia stato reso noto un indice dei prezzi al consumo che dimostra come l’inflazione, nel Paese, viaggi ancora al ritmo annuo del 2,6%, tra l’altro in accelerazione per il terzo mese consecutivo e al ritmo più alto dal gennaio dello scorso anno.

Il tarlo dell’inflazione c’è ancora. “Lavoro non ancora finito, anche se ultimo miglio più ridotto”

Inoltre, nelle stesse minute della BCE si legge che a dicembre gli esponenti del Consiglio direttivo dell’istituzione sono riusciti alla fine ad accordarsi sulla necessità di tagliare i tassi ancora una volta di 25 punti base, “alla luce di progressi graduali, ma ancora non completi, nel riuscire a riportare l’inflazione al target del 2% in modo sostenibile, e considerando anche i rischi e le incertezze prevalenti”.

Dai verbali è emerso insomma quanto riassunto in una frase che si riferisce in modo chiaro all’inflazione: “Alcuni aspetti del percorso disinflazionistico devono ancora materializzarsi” (riferimento all’inflazione domestica che è rimasta pari al 4,2% a ottobre, sostenuta soprattutto dall’elevata inflazione dei servizi, salita del 4% a ottobre e del 3,9% a novembre. Praticamente, “il lavoro non è ancora finito”, anche se “l’ultimo miglio si è in qualche modo ridotto”.

Altre frasi clou: “il lavoro non è ancora finito”, anche se “l’ultimo miglio si è in qualche modo ridotto”.

La consolazione è che gli esponenti della BCE, attestano i verbali, “si sono mostrati ancora più fiduciosi” nella prospettiva di una inflazione che torni al target nel primo semestre del 2025.

Ma allora, si chiederanno le colombe, perché questa riluttanza a tagliare di più?

La risposta potrebbe arrivare proprio da quell’incubo di Lagarde che non porta il nome di Donald Trump, sebbene a lui legato. E neanche di inflazione.

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