Tassi BCE, l’FMI gela le colombe. Stop ai tagli, Lagarde non li porti sotto questa soglia

Laura Naka Antonelli

24 Aprile 2025 - 11:07

Da Washington l’appello alla BCE di Christine Lagarde a non tagliare troppo i tassi di interesse dell’area euro.

Tassi BCE, l’FMI gela le colombe. Stop ai tagli, Lagarde non li porti sotto questa soglia

La BCE di Christine Lagarde tagli i tassi un’altra volta, e poi si fermi. L’appello è arrivato nelle ultime ore dall’FMI, Fondo Monetario Italiano, per bocca di Alfred Kammer, direttore del dipartimento europeo dell’istituzione di Washington, nel corso di una intervista rilasciata alla CNBC.

Abbiamo una raccomandazione molto chiara da dare alla BCE”, ha esordito Kammer ai microfoni della rete televisiva americana, parlando da Washington, in cui hanno preso il via lo scorso 21 aprile le riunioni primaverili del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale.

Il consiglio dell’FMI alla BCE di Lagarde: un solo altro taglio di 25 punti base, poi basta

A dispetto delle colombe più convinte, secondo le quali la Banca centrale europea si starebbe muovendo in modo tuttora troppo cauto nel blindare l’economia dell’Eurozona dal rischio che, con i dazi reciproci di Trump, scivoli in una fase di profonda crisi, se non di recessione, il tedesco Kammer ha consigliato alla BCE di tagliare i tassi solo un’altra volta, tra l’altro di nuovo di 25 punti base, come ha fatto finora, e poi di fermarsi.

Kammer ha motivato il suo consiglio facendo notare che, finora, gli sforzi della BCE volti a garantire la prosecuzione del processo di disinflazione hanno avuto “un successo enorme, a conferma di come “la politica monetaria abbia funzionato...Di conseguenza, prevediamo che (la BCE) centrerà il target di inflazione (fissato dalla BCE) nel secondo semestre del 2025 in modo sostenibile ”.

In questo contesto, l’Eurotower stia dunque calma e non intervenga troppo sui tassi. Secondo Kammer, “c’è spazio per un altro taglio (dei tassi) di 25 punti base, durante l’estate. Poi, la BCE dovrebbe lasciare i tassi (il riferimento è al tasso sui depositi) al 2% (dal 2,25% attuale), a meno che non si manifestino grandi shock e non ci sia la necessità di ricalibrare la politica monetaria”.

Un consiglio, quello del dirigente tedesco dell’FMI, che cozza non poco con il grido di aiuto che è stato lanciato da alcuni esperti di mercato ed economisti, nel nuovo mondo che si appresta a ricevere, dopo la concessione di una pausa di 90 giorni dei dazi, il grande schiaffo della politica commerciale inaugurata dal presidente americano Donald Trump.

Tra le chiamate più dovish, sicuramente quella che è arrivata con la pubblicazione di un editoriale, su Bloomberg, firmato da Marcus Ashworth.

Poche ore prima dell’ultimo annuncio sui tassi della BCE arrivato lo scorso 17 aprile 2025, Ashworth ha chiesto a Lagarde di muoversi, e anche abbastanza in fretta, al fine di scongiurare il peggio per l’economia dell’area euro, a suo avviso, alle prese con il pericolo di cadere vittima di un processo disinflazionistico fin troppo accentuato.

La situazione in cui versano in particolare l’Italia e la Spagna è stata definita addirittura “inaccettabile”.

Di qui, la richiesta alla BCE di tagliare i tassi di mezzo punto percentuale, ovvero di 50 punti base, cosa che finora Lagarde non ha fatto mai, da quando, in data 6 giugno 2024, ha iniziato ad allentare la restrizione monetaria dell’area euro, precedentemente lanciata con una serie di strette monetarie varate nel 2022 e nel 2023 per rimettere in riga l’inflazione fin troppo galoppante palesatasi nel blocco.

Ashworth ha invocato anche il lancio di un bazooka monetario.

Tassi BCE, Lagarde continua a fare di testa sua, mentre il collega non esclude tassi sotto livello neutrale

Ma Christine Lagarde ha fatto, di nuovo, orecchie da mercante, sebbene non si possano negare i suoi sforzi tesi a proteggere i fondamentali economici dell’area euro. I tagli dei tassi lanciati in poco meno di un anno, di fatto, sono arrivati a sette.

Un attenti all’erosione del PIL dell’area euro che potrebbe manifestarsi a causa dei dazi decisi da Trump è stato lanciato in queste ultime ore da uno stesso esponente del Consiglio direttivo della Banca centrale europea, ovvero da Madis Muller, che ha detto chiaramente che, nel caso in cui le incertezze sul futuro del commercio finissero per mettere a rischio la crescita, l’Eurotower potrebbe dover portare i tassi di interesse a un livello inferiore a quello considerato neutrale, varando dunque una politica monetaria espansiva, nell’intento di stimolare l’economia dell’area.

In un’intervista rilasciata a Bloomberg News da Washington, dove proseguono i lavori del Fondo Monetario Internazionale, Muller ha ammesso che non possiamo escludere del tutto la possibilità che l’economia si confermi più debole delle attese” e che, “a quel punto, ovviamente, si presenti la possibilità di ritrovarsi a dover essere più accomodanti con la politica monetaria.

In un momento in cui nessuno se la sente di sfornare troppe previsioni, viste le troppe incognite che avvolgono le stesse decisioni finali che l’amministrazione di Donald Trump prenderà sui dazi, Muller ha però affermato anche che esiste la possibilità che la BCE non sia costretta a operare in tal senso, ovvero a rendere espansiva la propria politica monetaria.

Le incognite si dissolveranno in parte, è questa la speranza del funzionario della Banca centrale europea, quando Francoforte disporrà di informazioni tale da poter formulare un outlook più chiaro.

Per ora, Muller ha sposato dunque la linea della prudenza adottata dalla presidente della BCE Christine Lagarde, sottolineando che è troppo presto stabilire se, in occasione del prossimo meeting del Consiglio direttivo, la BCE dovrà tagliare di nuovo i tassi di interesse, o se dovrà fare una pausa (che, finora, dagli inizi del 2025, non ha mai fatto, annunciando nuovi tagli dei tassi alla fine di ogni riunione di politica monetaria dell’anno).

L’incertezza sulla politica commerciale degli Stati Uniti rende l’outlook un po’ più sfidante”, ha detto il banchiere aggiungendo che, “nonostante tutto, possiamo tuttora ritenere che assisteremo a una crescita modesta”, sebbene, “probabilmente, più lenta di quella a cui avremmo assistito ”.

FMI, il tedesco Kammer ammette downgrade significativo PIL ma cita bazooka fiscale Germania

Parole di Muller a parte, sicuramente le dichiarazioni arrivate dall’FMI avranno irritato più di una colomba, con quel diktat alla BCE di non tagliare i tassi al di sotto della soglia del 2%, e quel consiglio a Lagarde di limitarsi a una sola ulteriore sforbiciata, sempre di 25 punti base. Consiglio che sembra stridere con quanto ha detto lo stesso dirigente del Fondo Monetario internazionale, nel ricordare alla CNBC che il Fondo Monetario Internazionale ha annunciato “un downgrade significativo” delle previsioni di crescita per molte economie avanzate, rispetto a quelle precedentemente annunciate. Occhio, a tal proposito, alle previsioni formulate per il PIL e il debito dell’Italia, accompagnate dal suggerimento, al governo Meloni, di eliminare la flat tax.

Detto questo, nel World Economic Outlook (WEO) pubblicato qualche giorno fa, pur definendo i dazi, “di per sé, un grande shock negativo per la crescita”, l’FMI ha annunciato di avere rivisto al rialzo le previsioni sul trend dell’inflazione headline delle economie avanzate, per il 2025, di ben 0,4 punti percentuali, rispetto alle proiezioni pubblicate a gennaio, portandole al 2,5%.

L’outlook sull’inflazione degli Stati Uniti è stato rivisto al rialzo, in particolare, fino a 1 punto percentuale, al 3%, a causa delle “dinamiche ostinate dei prezzi nel settore dei servizi” e sulla scia “della recente accelerazione della crescita dei prezzi dei beni core (esclusi i prezzi dei beni alimentari ed energetici) e dello shock dell’offerta legato alle recenti tariffe”.

In questa situazione, l’FMI ha dunque dato ragione alla prudenza che continua a caratterizzare la politica monetaria della Federal Reserve di Jerome Powell che, fino a ora, dall’inizio del 2025, non ha ancora tagliato i tassi, ignorando i ripetuti appelli e incitamenti, spesso lanciati in modo aggressivo, dallo stesso presidente americano Donald Trump.

Tornando alle dichiarazioni del tedesco Kammer, il numero uno del dipartimento per l’Europa dell’FMI ha affermato che, nel caso dell’area euro, la minaccia dei dazi di Trump sarà comunque compensata da alcuni assist di politica fiscale espansiva appena annunciati nel blocco.

Tra questi, il bazooka fiscale deciso dalla Germania, al fine di sostenere le maggiori spese del governo di Berlino per la difesa e la realizzazione di nuove infrastrutture. Bazooka che sosterrà la crescita dell’economia, dunque anche dell’inflazione, costringendo la BCE a non dimenticare quello che è il suo mandato, ovvero garantire la stabilità dei prezzi.

Le stesse ultime stime elaborate dai previsori interpellati dalla Banca centrale europea, in particolar modo sull’inflazione del blocco, hanno fatto serpeggiare il dubbio che, dopo tutto, quello shock disinflazionistico tanto temuto nei giorni della grande fuga dal dollaro USA e del conseguente e naturale rafforzamento dell’euro sia alla fine solo una delle tante ipotesi, tra di esse anche contrastanti, che Lagarde dovrà prendere in considerazione, nel decidere quale impostazione dare alla politica monetaria dell’Eurozona.

Vale la pena di ricordare che, alla fine della riunione del Consiglio direttivo della giornata di giovedì 17 aprile 2025, la Banca centrale europea ha fatto quanto chiesto dai mercati, sforbiciando il costo del denaro dell’Eurozona di 25 punti base, e facendo così scendere il tasso sui depositi, i tassi sulle operazioni di rifinanziamento principali e sulle operazioni di rifinanziamento marginale rispettivamente al 2,25%, al 2,40% e al 2,65%.

A questo punto, la parola passa a quei dati macro da cui Lagarde (così come Powell) dipendendono così tanto e dai prossimi annunci sui dazi che arriveranno dalla Casa Bianca, in un momento in cui la paura dei mercati è che le banche centrali stiano perdendo il controllo della situazione.

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