Dopo la decisione dell’Opec di tagliare la produzione di petrolio, è boom sul prezzo dei carburanti. Ora arrivano segnali negativi da mercati e produttori, mentre è in scadenza il taglio delle accise.
Aumenta il prezzo della benzina e del diesel alla pompa. Secondo l’ultima elaborazione di Quotidiano Energia dei dati trasmessi dai gestori all’Osservaprezzi del ministero dello Sviluppo economico, il prezzo medio nazionale ella benzina in modalità self è 1,691 euro al litro, mentre il diesel è a 1,840 euro al litro.
A mostrare l’aumento è la media settimanale dello stesso Osservaprezzi, secondo cui dal 3 al 9 ottobre il prezzo della benzina è cresciuto del 26,97%. La media dei sette giorni è di 1.659 euro al litro. Per il diesel ancora peggio: il balzo, quasi da record, è stato del 50,65%, con la media settimanale a 1.789 euro al litro. In un anno, poi, l’aumento è del 17%. Infine il gasolio per il riscaldamento in soli sette giorni è salito del 107%, con una media settimanale di 1.894,96 euro ogni mille litri.
Benzina, perché sta aumentando il prezzo alla pompa
Il boom dei prezzi è dovuto alla decisione di una settimana fa dell’Opec+ (l’insieme dei produttori di petrolio), che taglieranno da novembre la produzione di greggio di 2 milioni di barili al giorno, risollevando i prezzi sul mercato. Era dal 2020, quando in piena pandemia la produzione venne diminuita di 10 milioni di barili al giorno, che non si registrava un taglio così rilevante.
Ora i principali indici finanziari del greggio, Brent e Wti, sono sostanzialmente stabili, ma i mercati sono in fermento e i segnali che sembrano arrivare anche dai produttori fanno pensare a nuovi possibili aumenti nelle prossime settimane, in cui ci avvicineremo al tanto atteso inverno caldo della crisi energetica in Occidente. Tutto questo mentre a fine ottobre, in Italia, scade il taglio delle accise da 30,5 centesimi su tutti i carburanti.
Stati uniti contro l’Arabia Saudita
Gli Stati Uniti sono stati colti di sorpresa dalla decisione dell’Opec+, da cui si aspettavano un aumento della produzione per sostenere il tetto al prezzo del petrolio russo via oleodotti e l’embargo dello stesso trasportato via mare nei Paesi Occidentali. L’Arabia Saudita e gli altri paesi arabi, però, hanno chiuso un accordo con la Russia per fare il contrario.
Ora il presidente Joe Biden spiega che Riad “pagherà delle conseguenze” dopo la decisione presa. Contemporaneamente l’operatore polacco Pern ha dichiarato di aver rilevato una perdita in una linea dell’oleodotto Druzhba, che trasporta petrolio da Mosca all’Europa. La falla è stata rilevata in una sezione del tubo a circa 70 chilometri dalla città centrale polacca di Plock e al momento le cause della perdita sono sconosciute.
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Il prezzo del petrolio salirà davvero?
Secondo la Germania il flusso di petrolio continua ad arrivare regolarmente, ma questi sono segnali di possibile instabilità che non spingono al ribasso il prezzo del greggio e si sommano a previsioni già parecchio negative di alcune banche di investimento.
In particolare secondo Goldman Sachs il prezzo del greggio raggiungerà i 104 dollari al barile entro la fine dell’anno (contro gli attuali 93 del Brent) e poi 110 dollari nel 2023. Morgan Stanley prevede una soglia di 100 dollari al barile per i primi tre mesi del prossimo anno, con un possibile deficit sul mercato petrolifero di 0,9 milioni di barili al giorno.
Molto più cauta Ing Group, secondo cui il Brent rimarrà attorno ai 90 dollari al barile, per poi forse rafforzarsi nella seconda metà del prossimo anno. In ogni caso è certo che gli speculatori stanno scommettendo con decisione sul rialzo dei prezzi, mentre rimane l’incognita degli effetti del price cap e dell’embargo al petrolio russo in Occidente.
Tutto questo non porta a pensare che ci saranno forti ribassi sul prezzo alla pompa di benzina. Attualmente, però, il valore di Brent e Wti è in leggero calo e alcuni analisti segnalano che ci potrebbe essere nei prossimi mesi un problema di domanda globale (tra cui quella di greggio) a causa della possibile recessione in vari paesi europei e delle prospettive economiche della Cina meno favorevoli di quanto previsto mesi fa. Un calo della domanda molto forte porterebbe decisamente in basso il prezzo del greggio.
Il rebus del taglio delle accise
Come detto, poi, in Italia rimane il problema del taglio delle accise, che vale fino al 30 ottobre. Non è detto che il centrodestra riesca a formare un nuovo governo entro quella data: se non ci sarà il nuovo esecutivo l’attuale ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani potrebbe firmare un decreto per allungare lo sconto fino al 15 novembre. Ma c’è il nodo coperture: servono 500 milioni di euro. Così per Meloni arrivare fino alla fine dell’anno costa in tutto 2 miliardi (circa 1 al mese), in uno scenario in cui le risorse pubbliche da mettere per il prossimo decreto taglia bollette e la legge di Bilancio sono ben poche.
Senza il taglio e visti gli aumenti il prezzo della benzina e del diesel supererebbero i 2 euro al litro, come fu a inizio marzo, subito dopo lo scoppio della guerra in Ucraina. Peccato che allora l’Italia stava uscendo dall’inverno, senza tutti i problemi di approvvigionamento energetico che ha ora.
Quando conviene fare il pieno di benzina?
Per tutti questi motivi potrebbe risultare conveniente fare ora il pieno di benzina o gasolio, così da sterilizzare possibili nuovi aumenti nelle prossime settimane. In ogni caso, però, difficilmente si vedranno a breve dei decisi ribassi come accaduto in estate, a meno di un taglio maggiore delle accise da parte del nuovo governo. Al momento, però, sembra già non scontata la proroga degli sconti attuali.
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