Come contrastare l’inflazione ed evitare che si riduca il potere d’acquisto? Il prof. Carlo Altomonte (Bocconi) illustra a Money.it le strade da seguire su stipendi, bonus, contratti e flat tax.
Aumentare gli stipendi, ma solo nel breve termine. Aiutare le famiglie con redditi più bassi attraverso bonus in busta paga e sulle bollette. Ma soprattutto agire contro lo shock energetico. Sono queste le ricette che Carlo Altomonte, docente di Politica monetaria europea all’Università Bocconi, fornisce contro l’inflazione.
L’aumento dei prezzi, dovuto soprattutto al caro energia, ha ridotto il potere d’acquisto degli italiani. Ma da più parti è stato sottolineato come la risposta migliore non fosse l’aumento degli stipendi dei lavoratori, ma l’introduzione di meccanismi e incentivi più a breve termine.
Anche il professore Altomonte ritiene corretta questa lettura, spiegando in un’intervista a Money.it che l’aumento degli stipendi può essere una risposta corretta nel breve termine, ma non nel lungo periodo: “Così facendo potremmo recuperare qualche mese di maggiore potere d’acquisto aumentando gli stipendi, ma poi si creerebbe una spirale inflazionistica che verrebbe contrastata duramente dalle banche centrali, verrebbe causata una rincorsa tra prezzi e salari che non fa bene”.
Come rispondere alla crisi inflazionistica
Le soluzioni finora messe in campo dal precedente governo, intervenendo sulle fasce più deboli della popolazione, sono corrette secondo Altomonte. Allo stesso tempo è però necessario lavorare sullo shock che ha generato l’inflazione: “Quella attuale non deriva da un eccesso di crescita e di domanda, ma dai costi, dallo shock dei prezzi del gas”.
Per questo motivo non bisogna intervenire eccessivamente sul versante degli stipendi: “Se interveniamo sugli stipendi la trasformiamo in un’inflazione da domanda e non ce ne libereremo più. Quindi dobbiamo supportare la capacità di acquisto con sussidi come quelli del taglio delle accise sulla benzina, specie per le famiglie bisognose. Nel farlo dobbiamo evitare che si traduca in un sostegno alla domanda, non dobbiamo continuare a consumare gas”.
Secondo il docente i sussidi andranno calibrati ai consumi per evitare che questi ultimi aumentino eccessivamente e per questo sarebbe meglio puntare a sussidi basati sui redditi e non sui prezzi. Come avviene, per esempio, con il bonus sociale per le bollette indirizzato solamente a chi ha un Isee inferiore ai 12mila euro. Dal lato dell’offerta, invece, bisogna “lavorare sul tetto al prezzo del gas: se il prezzo resta non oltre i 100-110 euro al megawattora per tutto il 2023, l’inflazione non sarà del 9% ma sotto il 4%”.
Stipendi e taglio del cuneo fiscale
Per quanto riguarda la questione stipendi, secondo Altomonte, il taglio del cuneo fiscale “nel breve termine ha senso perché si sostiene il potere d’acquisto con uno strumento non necessariamente inflazionistico, soprattutto se il taglio è maggiore per i redditi più bassi. In più ha senso in generale, perché incentiva a spostare l’onere della tassazione dal fattore produttivo lavoro ad altri fonti di gettito, favorendo la capacità del sistema produttivo”. Misura che servirebbe e avrebbe senso, quindi, soprattutto per i redditi bassi.
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Il rinvio della flat tax
Il taglio del cuneo fiscale riguarda i lavoratori dipendenti, ma non gli autonomi. Per i quali il governo Meloni sta ragionando sull’estensione della flat tax - con aliquota fissa al 15% - per i redditi fino a 85mila o 90mila euro. La flat tax, però - avverte Altomonte - “fa un po’ il contrario di quello che si dovrebbe fare adesso, cioè proteggere le fasce più deboli, come si fa con il taglio del cuneo sotto una soglia di reddito”.
L’inflazione, sottolinea il professore, “è una tassa che va a colpire i più poveri e la flat tax invece consente ai più ricchi di pagare meno e in questo momento non ha molto senso, oltre a essere molto costosa. Questo scenario, quindi, tenderei a postporlo a dopo la crisi energetica”.
Sì ai bonus contro l’inflazione
La politica dei bonus in busta paga, secondo Altomonte, può avere invece senso. D’altronde se si decidesse di spostare tutti gli aiuti sulle bollette e non sugli incentivi al reddito, si commetterebbero “due errori: da una parte continuo a sostenere la domanda di gas e il prezzo non scende quanto dovrebbe; dall’altro lato se riduco i prezzi delle bollette per tutti, chi consuma meno gas è chi vive in case più coibentate e calde, cioè i più ricchi. Quindi è un sussidio che va ai più ricchi“.
Per il professore ha quindi senso ridurre i prezzi delle bollette, ma serve anche intervenire sulle fasce più debole della popolazione attraverso bonus come sono stati quello da 200 euro per i redditi inferiori a 35mila euro e quello da 150 euro per i redditi inferiori a 20mila euro.
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Il rinnovo dei contratti e gli aumenti di stipendio
Sul fronte stipendi, un’altra possibilità è quella di rinnovare i contratti nazionali dei lavoratori attualmente in vigore. Per il professore è possibile rinnovarli tutti, ma bisogna accordarsi su un punto: il rinnovo deve avvenire sulla base “dell’inflazione programmata e non quella effettiva”. La Bce - spiega Altomonte - prevede un’inflazione al 4% l’anno prossimo e poi del 3% nel 2024 e successivamente del 2%. Motivo per cui non ha senso inseguire i dati attuali, con un’inflazione ben più alta.
Ben venga, invece, un piccolo incentivo con un aumento dei contratti non eccessivo, una sorta di bonus, una tantum, per far fronte all’aumento del costo della vita. Ma bisognerebbe comunque prevedere un aumento in linea con l’inflazione programmata e non con quella attuale.
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