Busta paga, addio bonus 80 euro dal 1° gennaio 2025 per questi lavoratori

Simone Micocci

11 Dicembre 2024 - 17:35

Stop alla detrazione per figli a carico maggiori di 30 anni a decorrere dall’1 gennaio 2025. Il governo Meloni dichiara guerra ai «bamboccioni»?

Busta paga, addio bonus 80 euro dal 1° gennaio 2025 per questi lavoratori

Negli ultimi due anni il governo Meloni sembra aver dichiarato “guerra” ai neet, ossia a quei maggiorenni che non studiano né lavorano e pertanto risultano ancora a carico dei loro genitori.

Dopo la decisione presa di includere i figli con più di 26 anni di età nell’Isee dei genitori anche quando non conviventi, nel caso in cui abbiano un reddito inferiore alla soglia minima per non essere considerati a carico, non sono coniugati e non hanno figli, comportando così in molti casi l’impossibilità di presentare domanda per l’Assegno di inclusione, ecco che nel 2025 il governo andrà a penalizzare anche i loro genitori.

Come? Impedendo loro di beneficiare della detrazione per familiari a carico in caso di figli di età superiore ai 30 anni. Un vero e proprio bonus che nella migliore delle situazioni può arrivare fino a 80 euro (circa) al mese.

Quanto previsto dalla legge di Bilancio rappresenta un vero e proprio paradosso se aggiunto alla decisione presa lo scorso anno: perché da una parte questi sono da considerare a carico ai fini Isee, ma dall’altra non danno diritto al riconoscimento delle detrazioni solitamente riconosciute.

Addio al bonus 80 euro per questi lavoratori

I lavoratori con figli di età superiore ai 30 anni che fino a oggi hanno beneficiato in busta paga della relativa detrazione devono mettere in conto che il prossimo anno avranno uno stipendio più basso rispetto a quanto guadagnato nel 2024.

Il lordo ovviamente sarà sempre lo stesso: a cambiare sarà il netto, visto che pagheranno maggiore Irpef allo Stato.

Nel dettaglio, oggi le detrazioni per figli a carico, riconosciute solo per quelli di età superiore a 21 anni e un reddito inferiore a 4.000 euro nel caso di figli di età non superiore a 24 anni, 2.840,51 euro sopra questa soglia, garantiscono una riduzione dell’imposta sul reddito dovuta pari a:

  • 950 euro l’anno per ciascun figlio di età superiore o uguale a 3 anni;
  • 1.220 euro l’anno per ciascun figlio di età inferiore a 3 anni.

Sono previste poi delle maggiorazioni: si aggiungono 400 euro per ciascun figlio disabile, 200 euro per ciascun figlio nel caso di chi ha almeno 3 figli a carico.

Ci sono diverse modalità per fruire della detrazione: ad esempio direttamente in busta paga, ma solo sui ratei dello stipendio escludendo tredicesima e quattordicesima. Di base, quindi, spetta in questo caso un bonus di minimo 80 euro al mese, esattamente 79,16 euro. In alternativa, invece, il lavoratore ne può fruire direttamente in sede di conguaglio fiscale, attraverso la dichiarazione dei redditi.

Come anticipato, però, i lavoratori con un figlio a carico di età superiore ai 30 anni cesseranno di beneficiare della detrazione prevista a partire dalla busta paga di gennaio. L’unica eccezione è rappresentata da quelli con figli disabili, per i quali la detrazione continua a essere riconosciuta.

Una novità che comporta una perdita annua di almeno 950 euro, persino 1.150 euro nel caso in cui oltre al figlio di 30 anni ce ne siano almeno altri due (con il riconoscimento quindi della maggiorazione di 200 euro).

Il governo Meloni dichiara guerra ai Neet?

Seppur senza mai dichiararlo espressamente, il governo Meloni sembra aver messo nel mirino figli e figlie che ben oltre la maggiore età continuano a gravare sulle tasche dei propri genitori, senza cercarsi un lavoro o intraprendere un percorso di studi. Quelli che per intenderci l’ex ministro dell’Economia Tommaso Padoa-Schioppa descrisse come “bamboccioni”.

La decisione di togliere la detrazione a carico ai genitori, infatti, segue a quella apportata lo scorso anno a margine del passaggio da Reddito di cittadinanza ad Assegno di inclusione.

Nel ridefinire le regole Isee, infatti, il governo specificò che i figli maggiorenni non conviventi, non coniugati, senza figli e con un reddito inferiore alle soglie sopra indicate, sono considerati nel nucleo familiare dei propri genitori anche quando hanno un’età superiore ai 26 anni. Prima non era così invece: bastava aver superato questa soglia, infatti, per poter fare nucleo familiare a sé laddove la residenza risultasse differente da quella dei propri genitori.

Una novità che ha comportato diversi cambiamenti: una persona che fino al 2023 poteva chiedere il Reddito di cittadinanza per se stesso non ha potuto fare lo stesso per l’Assegno di inclusione, poiché entrando nel nucleo familiare dei genitori spesso ne risultano superate le soglie massime per patrimonio e redditi previste dalla normativa.

Come detto sopra, quindi, due decisione che in un modo o nell’altro sono andate a penalizzare i disoccupati maggiorenni di età superiore a 26 e 30 anni come pure le loro famiglie. Anche se il governo non sembra averlo dichiarato apertamente, quindi, la battaglia nei loro confronti sembra essere ufficialmente iniziata.

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