Italia al voto, le proposte economiche di Forza Italia in vista delle elezioni politiche. Stipendi, pensioni, taglio dell’Iva e reddito di cittadinanza: l’intervista di Money.it a Silvio Berlusconi.
Pensioni ad almeno mille euro al mese, stipendi più alti contro l’inflazione, taglio strutturale e più profondo del cuneo fiscale, incentivi per l’assunzione dei giovani e retribuzioni più alte per i contratti di apprendistato, flat tax, abolizione dell’Irap e azzeramento dell’Iva: sono queste le proposte economiche lanciate in vista delle elezioni politiche dal presidente di Forza Italia, Silvio Berlusconi, in un’intervista a Money.it.
Per Berlusconi bisognerà subito mettere in sicurezza i conti dello Stato, senza “creare nuovo deficit”, per poi mettere gradualmente in campo tutte queste misure. E per le coperture il leader di Forza Italia vuole ricorrere alla riformulazione del reddito di cittadinanza (lasciando la parte di aiuto ai più deboli), a un massiccio intervento di spending review e al riordino delle tax expenditures.
Qual è il primo intervento che metterebbe in campo - e che proprio non potrà mancare - con la prossima legge di Bilancio in caso di vittoria elettorale?
La prossima legge di Bilancio dovrà mettere in sicurezza i conti dello Stato, evitando l’esercizio provvisorio, e dovrà contenere i presupposti per un grande lavoro riformatore che naturalmente si svilupperà nei cinque anni. Credo che sia davvero finito il tempo degli slogan e delle promesse a effetto: al contrario dei nostri avversari, noi parliamo di cose concrete, non di manovre di palazzo, e non promettiamo nulla che non siamo certi di poter realizzare. Lo dimostra il fatto che i nostri precedenti governi hanno sempre realizzato tutto o la gran parte di quello che avevamo promesso, dall’aumento delle pensioni minime, all’impegno a non accrescere la pressione fiscale. Ce ne hanno dato atto anche studi indipendenti e certo non amici, come una ricerca condotta dall’Università di Siena.
Ha proposto un aumento delle pensioni ad ameno 1.000 euro al mese e dentista gratis per gli anziani in difficoltà: considerando che queste misure costerebbero tra i 20 e i 30 miliardi, da dove prenderebbe le risorse per coprirle?
Abbiamo individuato diverse coperture possibili: 4 miliardi dalla riformulazione del reddito di cittadinanza, che deve diventare una misura a favore di chi non può davvero lavorare, 10 miliardi da un realistico intervento di spending review, il resto dal riordino della “tax expenditures”, laddove si traducono in forme di sostanziale elusione. Vorrei però aggiungere a questo una considerazione di ordine più generale: è un errore tipico della sinistra pensare che le risorse siano un totale fisso e che si possa intervenire solo sulla distribuzione. Per usare una vecchia metafora, la sinistra si preoccupa solo di come tagliare le fette della torta. Noi invece lavoriamo per cucinare una torta sempre più grande, così da sfamare tutti con abbondanza. Fuor di metafora, noi crediamo che le nostre misure per far ripartire l’economia, come la flat tax, determineranno una forte crescita dei redditi e della base imponibile, tale da provocare nel tempo una crescita del gettito fiscale. Se il Paese cresce, anche lo Stato incassa di può e così da un lato si riduce il peso del debito, dall’altro aumentano anche le risorse disponibili per sostenere le spese necessarie a tutela dei più deboli. Naturalmente siamo persone serie, non vogliamo creare nuovo deficit, quindi applicheremo queste misure con gradualità, man mano che le risorse si renderanno disponibili.
Se andasse al governo, cosa farebbe con il reddito di cittadinanza? Una revisione parziale (tenendo in campo il sostegno alle famiglie più bisognose) o un’abrogazione completa della misura?
Bisogna distinguere: il reddito così com’è non ha funzionato, ma ovviamente non si possono lasciare abbandonate a se stesse le persone davvero in difficoltà. Il reddito di cittadinanza contiene un errore di fondo: mette insieme assistenza e politiche attive del lavoro. La parte che riguarda l’aiuto ai più deboli naturalmente va lasciata, magari con un altro nome – penso al reddito di inclusione di cui anche noi avevamo parlato – mentre la parte che doveva riguardare il lavoro è fallita e va cancellata. Ai giovani non dobbiamo dare sussidi, ma opportunità serie di formazione e di lavoro. Per questo proponiamo che le aziende siano aiutate a retribuire meglio i contratti di apprendistato e di praticantato, portandoli almeno a 1000 euro mensili, cifra sotto la quale nessuno può vivere decorosamente. Nello stesso tempo, proponiamo la completa detassazione e decontribuzione per le aziende che assumano a tempo indeterminato una ragazza o un ragazzo al primo impiego.
In caso di vittoria elettorale confermerebbe, rendendolo strutturale, il taglio del cuneo fiscale per i lavoratori introdotto dal governo Draghi o investirebbe quelle risorse per puntare maggiormente sulla detassazione per i datori di lavoro?
Non solo lo renderei strutturale, ma credo sia necessario un taglio ancora più profondo. I benefici devono andare sia ai dipendenti, per i 2/3, sia alle aziende, così da ridurre il costo del lavoro, tornare a fare utili e liberare risorse per gli investimenti.
Pressione fiscale: pensa di proporre anche un taglio delle tasse e, se sì, di quale tassa o imposta? O punterà tutto sulla flat tax al 23%?
Vi sono una serie di tasse che vanno abrogate: voglio ricordare il nostro impegno di sempre per l’abolizione dell’Irap, che penalizza le imprese. Inoltre non consentiremo mai nessuna tassazione di tipo patrimoniale né sulla casa né sui risparmi, né sulle successioni e le donazioni. Il principio è che tutto ciò che è già stato tassato, i risparmi di una vita di lavoro e di sacrifici, non può in nessun caso venire tassato una seconda volta. Il nostro denaro, guadagnato onestamente, alla fine della vita deve andare a chi noi desideriamo, non allo Stato.
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Inflazione, crede che la soluzione migliore contro il caro vita sia azzerare l’Iva sui prodotti di prima necessità come pane e pasta?
L’azzeramento dell’Iva è necessario, di fronte all’inflazione che sta erodendo i redditi e i risparmi delle famiglie, per far scendere i prezzi dei beni di prima necessità. Ma sull’inflazione è necessario dire qualcosa in più: questa spinta inflazionistica non nasce da cause interne all’economia italiana e neppure a quella europea, non nasce per esempio dall’aumento della domanda, nasce invece da cause esterne come la guerra e il conseguente rincaro dell’energia e delle materie prime. Per questo la risposta non può che essere un adeguamento delle retribuzioni e soprattutto delle pensioni. Per questo una delle nostre priorità è l’aumento delle pensioni minime a 1000 euro al mese per 13 mensilità, sia per le pensioni di anzianità che per quelle di invalidità. Anche quelle alle persone che hanno lavorato per tutta la vita, pur senza pagare contributi, per tenere unita la famiglia e crescere i figli. Mi riferisco alle nostre mamme e allo nostre nonne.
E sul fronte bollette e accise sul carburante, confermerebbe i tagli e gli sconti introdotti dal governo Draghi?
Guardi, non soltanto devono essere assolutamente confermati, ma siamo stati proprio noi, nei giorni scorsi - pur con il governo dimissionario – a premere per il varo del decreto Aiuti bis, che interviene proprio sulle bollette e sulle accise. Si tratta di uno di quei provvedimenti necessari e urgenti che vanno assunti anche a camere sciolte, perché famiglie e imprese sono già in grande difficoltà e non possono certo aspettare. Fino alla fine il nostro apporto al governo Draghi è costruttivo e propositivo, nell’interesse degli italiani, come è sempre stato da quando ne abbiamo voluto la nascita al principio del 2021. Da allora ad oggi non soltanto abbiamo votato la fiducia 55 volte, ma abbiamo sempre contribuito in modo costruttivo al lavoro dell’esecutivo. I buoni risultati del governo Draghi - per gran parte - sono effetto di questo nostro atteggiamento.
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