Cambio destinazione d’uso: quando è reato

Antonella Ciaccia

23 Aprile 2022 - 11:13

Mutamento della destinazione d’uso. Affrontiamo il tema del cambio della destinazione d’uso di un immobile e vediamo in quali casi costituisce reato.

Cambio destinazione d’uso: quando è reato

Cambio destinazione d’uso: quando costituisce reato? Dal punto di vista urbanistico il cambio di destinazione d’uso definisce le modalità e le finalità d’uso di un immobile. Ad esso ricorre chiunque voglia «mutare» la destinazione di un’unità immobiliare di proprietà a seguito di esigenze di natura personale, come potrebbe essere, ad esempio, il passaggio da ufficio ad abitazione e viceversa.

La procedura di cambio destinazione d’uso è regolata da norme rigorose e qualsiasi intervento effettuato al di fuori della legge può prospettarsi come un abuso edilizio e come tale è punito con pesanti sanzioni amministrative.

In questa guida vedremo insieme come e se, ci è consentito il cambio di destinazione d’uso, quale procedura seguire ed in quali casi si potrebbe concretizzare il reato di abuso edilizio.

Quando è possibile il cambio di destinazione d’uso?

Prima di tutto occorre fare una distinzione tra i cambio di destinazione d’uso senza opere e con opere e cambi di destinazione d’uso rilevanti e non dal punto di vista urbanistico. L’articolo fondamentale a cui fare riferimento per il mutamento di destinazione d’uso è l’articolo 23-ter del Testo Unico dell’edilizia, in cui è stabilito un netto spartiacque tra mutamenti di destinazione d’uso urbanisticamente rilevanti e non.

L’espressione “destinazione d’uso” indica la specifica funzione attribuita ad un determinato immobile (ad es. residenziale, agricola ecc...), che è stabilita sulla base di quanto indicato nel titolo abilitativo che ne ha consentito la costruzione (art. 9 bis Testo unico dell’edilizia). Nel corso del tempo si può modificare tale destinazione, sia mediante la realizzazione di opere edilizie e sia senza opere.

Il suddetto art. 23-ter rubricato “Mutamento di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante” sancisce:

“1. Salva diversa previsione da parte delle leggi regionali, costituisce mutamento rilevante della destinazione d’uso ogni forma di utilizzo dell’immobile o della singola unità immobiliare diversa da quella originaria, ancorché non accompagnata dall’esecuzione di opere edilizie, purché tale da comportare l’assegnazione dell’immobile o dell’unità immobiliare considerati ad una diversa categoria funzionale tra quelle sotto elencate:

a) residenziale;
a-bis) turistico-ricettiva;
b) produttiva e direzionale;
c) commerciale;
d) rurale.

2. La destinazione d’uso dell’immobile o dell’unità immobiliare è quella stabilita dalla documentazione di cui all’articolo 9-bis, comma 1-bis.

3. Le regioni adeguano la propria legislazione ai principi di cui al presente articolo entro novanta giorni dalla data della sua entrata in vigore. Decorso tale termine, trovano applicazione diretta le disposizioni del presente articolo. Salva diversa previsione da parte delle leggi regionali e degli strumenti urbanistici comunali, il mutamento della destinazione d’uso all’interno della stessa categoria funzionale è sempre consentito.”

Vediamo cosa significa

Appare evidente, leggendo la norma, che il Testo Unico qualifica come mutamento di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante ogni forma di utilizzo dell’immobile o della singola unità immobiliare diversa da quella originaria, che comporti il “passaggio” ad una diversa categoria funzionale tra quelle elencate al comma 1 dello stesso articolo.

Quindi riassumendo, le categorie funzionali sono cinque: residenziale; turistico-ricettiva; produttiva e direzionale commerciale; rurale. Per tutte è sempre necessaria la verifica costante della la normativa regionale per trovare conferma sia della fattibilità del mutamento, sia dell’individuazione del titolo abilitativo necessario.
Il mutamento della destinazione d’uso all’interno della stessa categoria funzionale invece è sempre consentito, salvo le eventuali diverse disposizioni delle leggi regionali.

Il passaggio da una categoria funzionale all’altra, o il semplice cambio di destinazione all’interno della stessa categoria, possono richiedere o meno opere edilizie; in quest’ultimo caso si parla appunto di cambio di destinazione d’uso senza opere.

Per il cambio di destinazione d’uso poi, rilevante è anche il secondo comma dell’art. 10 del Testo Unico dell’edilizia (D.P.R. n. 380/2001), riferito agli interventi subordinati a permesso di costruire, e prevede che le Regioni stabiliscano per legge quali mutamenti, connessi o non connessi a trasformazioni fisiche, dell’uso di immobili o di loro parti, sono subordinate a permesso di costruire o a denuncia di inizio attività.

Dunque è possibile passare da una categoria all’altra solo in presenza di determinati requisiti previsti dalle norme e solo attraverso un cambio di destinazione d’uso. Ad esempio, per effettuare il cambio destinazione d’uso da magazzino ad abitazione è necessario che l’immobile sia compatibile con i requisiti richiesti ad un’abitazione e che la modifica sia prevista nel Piano Urbanistico Regionale.

Entro il termine massimo di 15 giorni dalla fine dei lavori, inoltre, bisogna effettuare la Segnalazione Certificata di agibilità. La violazione delle normative vigenti ovvero la mancata presentazione della Segnalazione Certificata di Agibilità nel termine di 15 giorni dalla data di ultimazione dei lavori di finitura, comporta l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria da 77 euro a 464 euro (art. 24, comma 3 del D.P.R. 380/2001).

Quale procedura seguire per mutare la destinazione d’uso

La prima cosa che occorre sapere è che quando ci si appresta a cambiare la finalità di utilizzo di un immobile bisognerà intervenire a livello urbanistico chiedendo, se necessario, eventuali permessi a costruire al Comune di competenza territoriale.
Presentando la richiesta e allegando la documentazione al Comune di competenza si potrà in seguito fornire anche la comunicazione di variazione catastale all’Agenzia delle Entrate.

II cambio di destinazione d’uso, anche se attuato con lavori di modesta entità o senza opere, si configura come una ristrutturazione edilizia soggetta a permesso di costruire. Per un mutamento rilevante della destinazione d’uso con cambio di categoria funzionale non basta la Scia ma necessita infatti del permesso di cui sopra.

Quando si effettua un cambio di destinazione d’uso con o senza opere, si determina un cambiamento anche per quanto concerne la rendita catastale, ragion per cui la legge dispone che venga presentata istanza di aggiornamento catastale, così da consentire la modifica dei dati registrati presso gli uffici territoriali del Catasto.

I costi del cambio di destinazione d’uso

Per effettuare il cambio di destinazione d’uso senza opere o con interventi edilizi è necessario rivolgersi ad un professionista per l’espletamento almeno delle pratiche urbanistiche, mentre per quanto concerne le pratiche catastali bisognerà rivolgersi all’ufficio del Catasto. I costi non saranno di carattere edilizio, ma riguarderanno ad esempio gli oneri di urbanizzazione dovuti al Comune competente per territorio, le imposte e i tributi dovuti per la variazione catastale e, se necessaria, una relazione tecnica per cambio di destinazione d’uso senza opere.

Nel caso del cambio di destinazione d’uso con opere, si avrà il costo delle opere di ristrutturazione necessarie per effettuare la modifica degli immobili al fine di renderli consoni alla nuova funzione.
Possiamo affermare che il costo del cambio di destinazione d’uso di un immobile quindi è dato dalla somma di molte voci di spesa, alcune fisse, come gli oneri di urbanizzazione o le pratiche catastali, e altre variabili come le spese per i lavori di ristrutturazione o per gli oneri dei professionisti.

In sintesi:

  • costo delle opere di ristrutturazione necessarie per effettuare la modifica degli immobili al fine di renderli consoni alla nuova funzione (cambio di destinazione d’uso con opere);
  • costo dei professionisti (ingegneri e geometri tecnici) incaricati ad espletare le pratiche urbanistiche, energetiche etc.;
  • oneri di urbanizzazione;
  • costo delle pratiche catastali.

Quando il cambio di destinazione d’uso costituisce reato

Sia in dottrina che in giurisprudenza la modifica di destinazione d’uso, cioè la destinazione dell’unità immobiliare a un utilizzo diverso da quello indicato nel titolo autorizzativo, ha dato luogo a molteplici disquisizioni. Soprattutto contrapposte sono state spesso le visioni della Corte di Cassazione penale e quella del Consiglio di Stato. La Cassazione penale ha spesso ritenuto che il mutamento di destinazione d’uso funzionale costituisse reato, mentre il Consiglio di Stato ha frequentemente reputato che esso non richiedesse alcun provvedimento amministrativo, per cui ne traeva la conclusione che si trattasse di attività non sanzionabile.

Sul cambio d’uso urbanisticamente rilevante la Cassazione nel 2021 (sentenza della Corte di Cassazione n. 13491/2021) si è così espressa:

«Il mutamento di destinazione d’uso giuridicamente rilevante è solo quello tra categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico - non quello edilizio - tenuto conto che nell’ambito delle stesse categorie possono aversi mutamenti di fatto, ma non diversi regimi urbanistico-contributivi, stanti le sostanziali equivalenze dei carichi urbanistici nell’ambito della medesima categoria».

La Corte di Cassazione e i tribunali amministrativi si sono più volte pronunciati sulla necessità del permesso di costruire nel caso di un intervento edilizio che implichi un cambio di destinazione d’uso comportante la variazione di categoria urbanistica.

Ultime sentenze sul cambio di destinazione d’uso

Come detto, la giurisprudenza nel tempo ha spesso affermato che, tutte le volte che le modifiche configurino un mutamento della destinazione d’uso, con appesantimento, rilevabile e documentabile, dei carichi urbanistici o con manifesto contrasto con i vigenti assetti urbanistici di zona, è necessaria l’autorizzazione dell’Amministrazione .
Il cambio di destinazione d’uso con aggravio del carico urbanistico è soggetto a permesso di costruire, sicché l’adozione dell’ordine di demolizione può risultare doverosa.

Riportiamo di seguito alcune recenti Sentenze

Il cambio di destinazione d’uso può avvenire tra categorie funzionali diverse, oppure all’interno della medesima categoria funzionale: come evidenziato dalla giurisprudenza, nelle ultime Sentenze, (Tar Campania, Napoli, 3 novembre 2021, n. 6938) e (Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 15 maggio 2017, n. 2295), la distinzione tra queste due fattispecie assume rilevanza per quanto concerne il titolo necessario per effettuare la variazione stessa.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio con sentenza 5 aprile 2021, n. 331, ha ricordato che il mutamento della destinazione d’uso di un immobile, o porzione di unità immobiliare, richiede il preventivo permesso di costruire se completato da opere nuove o, qualora senza opere, se sia urbanisticamente rilevante. Nella fattispecie, è stato evidenziato che le opere di trasformazione di una superficie di mq 170,00, destinata a magazzino e rimessa, in due locali di abitazione e realizzazione di due manufatti, necessitano di preventivo titolo edificatorio.

Sempre il TAR del Lazio, (Latina, sez. I), in materia di mutamento della destinazione d’uso con sentenza 5 aprile 2021, n. 326, ha ulteriormente precisato che la destinazione di un immobile ad attività commerciali esclude la possibilità di avviare la differente attività di fisioterapia, in difetto del titolo abilitativo al mutamento d’uso.

Sul cambio di destinazione tra categorie diverse possiamo segnalare poi la sentenza 27 gennaio 2022, n. 98, del TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, nella quale è stato ribadito che il mutamento della destinazione d’uso tra categorie funzionali ontologicamente diverse che comportino un aggravio del carico urbanistico, anche se realizzato senza opere edilizie, necessita del permesso di costruire (ex art. 10, comma 1, lett. c)), del Testo Unico Edilizia (DPR n. 380/2001) ed è perciò suscettibile di misure di ripristino e, nel caso specifico, si era verificato l’utilizzo di un deposito in abitazione.

Argomenti

# Reato
# Casa

Iscriviti a Money.it