Cassa integrazione: con la circolare n.84 INPS specifica cosa fare una volta esaurite le 18 settimane previste dal decreto Rilancio ormai legge. Con la circolare n.86 invece fornisce istruzioni per i lavoratori sportivi professionisti.
Cassa integrazione: cosa fare se si esauriscono le 18 settimane previste dal decreto Rilancio che è ormai legge?
Lo spiega INPS nella circolare n.84 del 10 luglio 2020 con la quale dà indicazioni anche sulle 5 settimane della proroga dopo le prime 9 introdotte dal decreto Cura Italia.
Non solo con la circolare n.86 del 15 luglio, INPS porta anche novità per la cassa integrazione in deroga per i lavoratori sportivi.
Nell’ultima settimana, a due mesi dall’entrata in vigore del decreto Rilancio, l’INPS ha pubblicato moltissimi messaggi esplicativi e circolari sulla cassa integrazione. Ricordiamo tra le altre cose che oggi scadono i termini per la domanda di cassa integrazione come stabilito dal decreto n.52/2020 per scadenze originariamente previste per periodi antecedenti al 17 luglio 2020.
Vediamo allora nel dettaglio prima di tutto quali sono le istruzioni INPS per i datori di lavoro che esauriscono le 18 settimane di cassa integrazione, ricordando tuttavia che il governo avrebbe intenzione di prolungarla.
Cassa integrazione: cosa fare dopo le 18 settimane
Su cosa fare una volta esaurite le 18 settimane di cassa integrazione arriva la circolare INPS numero 84 che alleghiamo di seguito, in cui l’Istituto dedica alla questione un intero paragrafo.
Prima di andare avanti ricordiamo che il decreto Rilancio ha stabilito la proroga di 9 settimane della cassa integrazione ordinaria, assegno ordinario e in deroga con causale “COVID-19 nazionale” rispetto alle prime 9 del Cura Italia per un totale di 18 settimane.
Solo se fruite le prime 9 si può richiedere la seconda tranche divisa in 5 settimane più 4 ulteriori da usare queste ultime anche per periodi antecedenti al 1° settembre 2020 contrariamente a quanto inizialmente previsto.
Quindi il datore di lavoro solo una volta utilizzate le prime 14 settimane può richiedere le ulteriori 4. E quando le 18 settimane sono finite? INPS chiarisce nella circolare suddetta che le aziende che hanno esaurito le 18 settimane di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa con causale “COVID-19 nazionale” possono eventualmente fare ricorso alle prestazioni a sostegno del reddito previste dalla normativa generale, qualora sussista disponibilità finanziaria nelle relative gestioni di appartenenza.
Per la cassa integrazione ordinaria specifica INPS che la richiesta deve rientrare nelle causali previste dal decreto n. 95442/2016. Si può accedere alla stessa con le causali ordinarie che fanno riferimento a:
- mancanza di lavoro/commesse e crisi di mercato;
- fine cantiere, fine lavoro, fine fase lavorativa, perizia di variante e suppletiva al progetto;
- mancanza di materie prime o componenti;
- eventi meteo;
- sciopero di un reparto o di altra impresa;
- incendi, alluvioni, sisma, crolli, mancanza di energia elettrica, impraticabilità dei locali, anche per ordine della pubblica autorità - sospensione o riduzione dell’attività per ordine della pubblica autorità per cause non imputabili all’impresa o ai lavoratori;
- guasti ai macchinari - manutenzione straordinaria.
INPS specifica che queste sono utilizzabili anche quando il determinarsi delle stesse causali sia riconducibile ai perduranti effetti dell’emergenza COVID-19. Anche i limiti di fruizione sono quelli stabiliti dalle regole ordinarie per la cassa integrazione e vale a dire:
- 52 settimane nel biennio mobile ai sensi dell’articolo 12, commi 1 e 3, del D.lgs n. 148/2015;
- 1/3 delle ore lavorabili di cui all’articolo 12, comma 5, del medesimo decreto;
- durata massima complessiva dei trattamenti di 24 mesi nel quinquennio mobile (30 mesi per le imprese del settore edile e lapideo) prevista dall’articolo 4, commi 1 e 2, del D.lgs n. 148/2015. Inoltre, alle predette domande si applica il requisito dell’anzianità di effettivo lavoro di 90 giorni;
- l’obbligo di versamento della contribuzione addizionale di cui all’articolo 5 del medesimo decreto (esclusi gli eventi oggettivamente non evitabili, cosiddetti “EONE”);
- adempimenti relativi alla comunicazione sindacale previsti all’articolo 14 del D.lgs n. 148/2015.
Se l’azienda evidenzia il legame causale tra l’emergenza COVID-19 e la causale utilizzata specifica INPS: “La valutazione istruttoria non deve contemplare la verifica della sussistenza dei requisiti della transitorietà dell’evento e della non imputabilità dello stesso al datore di lavoro e ai lavoratori.”
Si possono accogliere al termine delle 18 settimane le domande di cassa integrazione per le quali la sospensione o la riduzione dell’attività lavorativa avviene per effetto dell’ordine dell’autorità o ente pubblico, per la quale esiste apposita causale rientrante nei cosiddetti “EONE” (codice evento n. 8, cfr. il messaggio n. 1963/2017).
Per quanto riguarda invece l’assegno ordinario garantito dai Fondi di solidarietà bilaterali specifica INPS che si richiamano le disposizioni previste dai singoli Regolamenti.
Cassa integrazione in deroga lavoratori sportivi
INPS dà istruzioni anche per la cassa integrazione in deroga per i lavoratori sportivi, ma con un’altra circolare, quella del 15 luglio la numero 86.
Per i lavoratori sportivi l’articolo 98 del decreto Rilancio prevede per i dipendenti iscritti al Fondo pensione sportivi professionisti con una retribuzione annua lorda non superiore a 50.000 euro nel 2019 l’accesso alla cassa integrazione in deroga per un periodo massimo di 9 settimane.
Anche per loro la domanda, tenendo conto dell’emergenza specifica INPS, dovrà essere inoltrata direttamente all’Istituto ed è a questo che i datori di lavoro dovranno inviare la domanda secondo uno schema che a breve lo stesso renderà disponibile.
INPS specifica che le strutture territoriali dovranno tenere conto nella verifica delle domande di cassa integrazione proprio del requisito reddituale e specifica in tal senso che la retribuzione annua lorda non superiore a 50.000 euro, che condiziona l’accesso alla prestazione, è da intendersi come quella imponibile ai fini previdenziali, quindi al lordo delle ritenute previdenziali ed è relativa all’ultimo anno solare trascorso, ossia all’anno 2019 dal 1° gennaio al 31 dicembre.
Nei 50.000 euro rientrano tutte le retribuzioni che il lavoratore sportivo ha ottenuto con il rapporto di lavoro dipendente con obbligo di versamento di contribuzione al Fondo pensioni sportivi professionisti.
La cassa integrazione e le disposizioni qui riportate, specifica INPS, si rivolgono a chi viene qualificato come sportivo professionista come previsto nell’ordinamento delle singole federazioni sportive nazionali del CONI e quindi:
- atleti;
- allenatori;
- direttori tecnico-sportivi;
- preparatori atletici.
Questi esercitano l’attività sportiva a titolo oneroso e con carattere di continuità. Tali soggetti sono iscritti al Fondo pensione sportivi professionisti. Specifica INPS che la qualifica di professionista è contemplata nell’ordinamento delle federazioni relative ai seguenti sport: calcio, ciclismo, golf e pallacanestro. Le 9 settimane di cassa integrazione che i lavoratori sportivi professionisti possono ottenere sono relative al periodo che va dal 23 febbraio 2020 al 31 ottobre 2020. Specifica l’Istituto che:
“I provvedimenti di concessione, per un massimo di nove settimane per ogni singola unità produttiva, potranno essere inviati esclusivamente per il tramite del “Sistema Informativo dei Percettori” (SIP), attraverso l’utilizzo del c.d. “Flusso B”, indicando il numero di decreto convenzionale “33194”.”
Per la cassa integrazione in deroga degli sportivi professionisti sono stanziati 21,1 milioni di euro per il 2020.
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