Il decreto Lavoro prevede l’incremento di 4 miliardi del Fondo per la riduzione della pressione fiscale: basterà per confermare nel 2024 il taglio del cuneo fiscale e gli aumenti di stipendio?
Ci sono 4 miliardi di euro per il 2024. Risorse che l’ultimo decreto Lavoro destina alla riduzione della pressione fiscale. La versione finale del provvedimento, pubblicata in Gazzetta Ufficiale dopo il varo in Consiglio dei ministri del primo maggio, prevede infatti una piccola novità: per il prossimo anno viene incrementata di 4,064 miliardi la dotazione del Fondo per la riduzione della pressione fiscale.
Il decreto, entrato in vigore venerdì 5 maggio, prevede 45 articoli e, tra le novità più importanti, un ulteriore taglio del cuneo fiscale: lo sgravio sarà del 6% sotto i 35mila euro di reddito e del 7% sotto i 25mila. Il taglio del cuneo fiscale entrerà in vigore a luglio ed è stato finanziato fino al 31 dicembre. Ma cosa succederà dopo?
Il prossimo anno il governo sarà costretto, attraverso la manovra, a confermare lo sgravio contributivo. Compito tutt’altro che semplice: per lasciare invariato lo sgravio del 6% e del 7% servono più di 10 miliardi di euro. E a questo bisogna aggiungere le risorse necessarie per ridurre le aliquote Irpef, secondo quanto previsto dalla delega fiscale. I 4 miliardi previsti con il Fondo per la riduzione della pressione fiscale sembrano quindi non essere sufficienti: cosa farà l’esecutivo per il 2024?
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Stipendi, il taglio del cuneo sarà strutturale?
Il taglio del cuneo fiscale è quindi in vigore fino alla fine dell’anno: cosa succederà nel 2024? Le intenzioni del governo sono chiare: rendere lo sgravio contributivo sotto i 35mila euro strutturale. Anche se bisogna capire in che forma: per esempio la viceministra del Lavoro, Maria Teresa Bellucci, ha ribadito che l’idea è quella di rendere strutturale entro la fine della legislatura un taglio di cinque punti (e quindi non quello attuale di sei o sette punti).
Per il governo, comunque, l’obiettivo è rinnovare il taglio nel 2024: per confermare gli aumenti di stipendio, secondo la ministra del Lavoro Marina Calderone, servono altri 10 miliardi di euro. E di certezze non ce ne sono: per Calderone bisogna capire se la situazione dei conti pubblici lo consentirà, agendo con “prudenza e attenzione ai conti”.
I conti: quanti soldi servono per confermare lo sgravio
Il taglio di quattro punti percentuali del cuneo fiscale introdotto con il decreto Lavoro costa, per metà anno, quasi 4 miliardi di euro. Confermarlo per un anno intero dovrebbe quindi costare il doppio: poco meno di 8 miliardi. A questo bisogna aggiungere gli stanziamenti previsti dalla manovra 2023 per lo sgravio del 2% e del 3% in vigore da inizio anno: in quel caso sono serviti, per tutto l’anno, più di 4 miliardi. Sommando queste due cifre si arriva a una spesa totale ben superiore ai 10 miliardi stimati da Calderone: siamo intorno ai 12 miliardi.
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Come trovare i soldi per confermare gli aumenti di stipendio
Per il momento il governo ha quindi a disposizione circa 4 miliardi di euro per confermare il taglio del cuneo fiscale. Meno della metà dei soldi che servono per prorogare lo sgravio che entrerà in vigore a luglio. Al momento il governo ha le mani legate, ma la speranza è che le risorse a disposizione aumentino soprattutto grazie a una crescita maggiore del previsto e a minori spese legate ad altri fattori.
Andiamo però con ordine: oltre al taglio del cuneo fiscale il governo punta anche alla riduzione delle aliquote Irpef per aumentare gli stipendi. Lo prevede la riforma fiscale: per passare da quattro a tre aliquote Irpef l’esecutivo vuole trovare le risorse attraverso la revisione di detrazioni e deduzioni. In sostanza cancellerà qualche bonus per finanziare gli aumenti di stipendio.
Se pure il governo dovesse riuscire a trovare tutti i soldi per la riduzione dell’Irpef attraverso la revisione delle detrazioni fiscali, resterebbero comunque altri 6 miliardi (o più probabilmente 8) da trovare per confermare il taglio del cuneo fiscale nel 2024. Sicuramente l’esecutivo spera, come detto, in una crescita più robusta del previsto.
Non solo, perché l’altra speranza è che non servano più soldi per mitigare gli effetti della crisi energetica con il calo del prezzo del gas. Va però detto che gli aiuti sono già stati quasi del tutto cancellati e che alcune misure, come l’estensione del bonus sociale per le bollette, probabilmente rimarranno anche con la fine della crisi energetica. Trovare i soldi per confermare gli aumenti di stipendio, quindi, non sarà facile. Ma per sapere cosa succederà bisogna aspettare almeno l’approvazione della Nadef a settembre.
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