Il Green New Deal potrebbe essere la grande vittima delle elezioni europee 2024: ecco cosa ne sarà del patto verde dopo il voto di giugno.
Il Green Deal europeo è il grande obiettivo dell’Ue, probabilmente la missione più impegnativa che Bruxelles ha deciso di perseguire vista la volontà di raggiungere entro il 2050 la neutralità climatica.
Al tempo stesso, il patto verde ha suscitato molte perplessità e diverse proteste che, di fatto, ne stanno rallentando l’attuazione ormai diventata un’autentica corsa a ostacoli. In sostanza le buone intenzioni ci sono tutte, ma al momento di metterle in pratica si stanno riscontrando problematiche e resistenze che potrebbero annacquare - o peggio far deragliare lungo un binario morto - il Green Deal.
Per capire l’importanza - non solo dal punto di vista ambientale - di questo progetto, può essere sufficiente evidenziare che le più recenti stime parlano di investimenti per il Green New Deal pari a 2.500 miliardi di euro, di cui 1.000 miliardi già inseriti nel bilancio pluriennale dell’Ue (2021-2028).
Nel mezzo però ci sono le elezioni europee 2024, snodo cruciale per il futuro di Bruxelles dove le ambizioni in tema ambientale devono fare i conti con le logiche e le esigenze politiche, specie ora che i sondaggi elettorali vedono in forte ascesa una destra che da sempre ha osteggiato il Green Deal.
Molte delle misure cardine del Green New Deal così potrebbero saltare a partire da quella più famosa e probabilmente più contestata, ovvero lo stop alla vendita di auto e veicoli commerciali con motore endotermico (benzina o diesel) a partire dal 2035.
La situazione del Green Deal
Poco prima dello scoppio della pandemia, l’Unione europea nel gennaio 2020 ha varato il Green New Deal, il grande patto verde per raggiungere la neutralità climatica che si pone tre grandi obiettivi:
- nel 2050 non siano più generate emissioni nette di gas a effetto serra;
- la crescita economica venga dissociata dall’uso delle risorse;
- nessuna persona e nessun luogo siano trascurati.
Per raggiungere questo scopo il 30% del bilancio pluriennale dell’Ue (2021-2028) e dello strumento unico dell’Ue NextGenerationEU è stato destinato agli investimenti verdi, con gli Stati membri chiamati a destinare almeno il 37% dei rispettivi Pnrr a investimenti e riforme che sostengano gli obiettivi in materia di clima.
Da qui al 2028 Bruxelles così ha messo sul piatto qualcosa come 1.000 miliardi di euro, anche emettendo le cosiddette obbligazioni verdi, tutto questo per ridurre le emissioni nette di gas a effetto serra di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990.
Per realizzare il Green Deal però c’è bisogno che il Parlamento europeo approvi le varie Leggi che compongono il patto verde, con le misure che poi devono essere concordate con la Commissione e con il Consiglio europeo.
Considerando i tempi lunghi di Bruxelles e Strasburgo, si tratta di percorsi lunghi e complessi per ogni singola misura, ma le parti più importanti del Green Deal sono stati approvati come la Legge sul Clima -emissioni nette ridotte del 55% entro il 2030 e azzerate entro il 2050 - e quella sul divieto di vendita a partire dal 2035 delle auto a benzina e diesel.
La scorsa estate è stato stimato che circa i due terzi del patto verde sia stato approvato, con l’ultimo grande tassello - quello sulle case green - che ha ottenuto il disco verde da parte dell’Ecofin nei giorni scorsi.
I tempi così sono stati sostanzialmente rispettati, con la Commissione europea che ha portato a casa la quasi totalità degli atti legislativi previsti e soprattutto tutti quelli più importanti.
Di recente però ci sono stati diversi rinvii e modifiche: la partita del Green Deal così si è intrecciata con quella delle elezioni europee, con la destra che si è detta pronta a rivedere l’impianto del patto verde a partire dalla prossima legislatura.
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Green Deal: cosa succederà dopo le elezioni europee?
Oltre che le forze politiche di destra e conservatrici, il Green Deal è osteggiato anche da parte di diverse imprese europee e da molti cittadini che hanno bollato come una “eurofollia” l’allarmismo climatico al pari di tutte le norme del patto verde.
La resa dei conti ci sarà alle elezioni europee di giugno, con l’attuale presidente della Commissione europea, la popolare Ursula von der Leyen, che cercherà di ottenere un secondo mandato a Palazzo Berlaymont.
L’attuale maggioranza che sostiene Ursula von der Leyen è la solita formata da Popolari, Socialisti e Liberali. Questa triade dovrebbe reggere anche dopo le prossime elezioni europee, ma la presidente sta cercando di strizzare l’occhio anche ai Conservatori capitanati da Giorgia Meloni pur di rafforzare la sua posizione.
Negli ultimi tempi così von der Leyen ha usato toni da campagna elettorale simili a quelli della destra, con la sua posizione sul Green Deal che non sembrerebbe essere più granitica.
Non sarebbe così un caso che i Verdi europei si sarebbero detti pronti a entrare nella maggioranza, ma in cambio vorrebbero un impegno scritto che nella prossima legislatura non venga smantellato l’impianto del Green Deal.
“Attualmente ci troviamo di fronte alla domanda - hanno spiegato i Verdi - se queste elezioni europee permetteranno alla CDU/CSU (il partito di von der Leyen ndr) e alle forze di destra di affossare il Green Deal o se riusciremo a renderlo un successo”.
Il destino del Green New Deal sarà più chiaro soltanto una volta che saranno noti i risultati delle elezioni europee, visto che sarà la prossima Commissione europea a dover portare avanti i negoziati sulle varie Leggi che compongono il patto verde, con gli obiettivi ambientali che potrebbero essere confermati oppure affossati dalla futura maggioranza all’Eurocamera.
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