La tensione commerciale con gli Stati Uniti si ripercuote sull’andamento della seconda economia mondiale.
Incremento minore dal 1992 per il Pil del dragone. L’ufficio centrale di statistica cinese ha annunciato che nel secondo trimestre dell’anno, quello che va da aprile a giugno, la crescita della seconda economia mondiale ha segnato un +6,2%.
Il tasso è il minore da quando, quasi 30 anni fa, il National Bureau of Statistics (NBS), ha iniziato, all’inizio del tumultuoso processo di crescita dell’ex Regno di Mezzo, a raccogliere questo tipo di rilevazioni statistiche.
Il dato, in linea con le stime degli analisti, segna un rallentamento di 20 punti base rispetto a quello messo a segno nei primi tre mesi dell’anno e dello 0,4% nel confronto con l’incremento medio 2018 (Cina: Pil in rallentamento nel secondo trimestre).
Pil Cina: pesa guerra commerciale
Ovviamente il primo elemento alla base del rallentamento è rappresentato dalla Guerra commerciale con gli Stati Uniti, che nel mese di maggio ha registrato un andamento particolarmente altalenante: prima c’è stata un’escalation della tensione e poi, a seguito dell’incontro tra i presidenti di Cina e Stati Uniti, Donald Trump e Xi Jinping, un ridimensionamento con l’avvio di una nuova fase di trattative.
Gran parte del rallentamento è legato al comparto delle esportazioni e segno meno anche per quanto riguarda le costruzioni di abitazioni.
Dopo una prima fase di smarrimento, l’indice di Shanghai e Shenzhen, il CSI 300, ha azzerato le perdite terminando in rialzo dello 0,41% a 3.824,19 punti.
Cina: indicazioni sopra le stime a giugno
Indicazioni migliori del previsto sono invece arrivate dall’indice che misura l’andamento della produzione industriale che, nel mese di giugno, ha messo a segno un incremento del 6,3%. A maggio il dato aveva registrato un +5% e il mercato si attendeva un rialzo più contenuto al 5,2%.
Il dato fa il paio con l’aggiornamento relativo le vendite al dettaglio, passate dal +8,6 al 9,8 per cento. In linea con le stime invece il dato relativo gli investimenti, cresciuti dal 5,6 al 5,8 per cento (qui trovate il nostro Calendario Economico).
Pil Cina meno dipendente da domanda estera?
Almeno finora, le misure di rilancio varate dall’esecutivo di Pechino non sono riuscite, o ci sono riuscite solo parzialmente, ad arginare il rallentamento della crescita anche se, rileva Mao Shengyong, portavoce del NBS, i tagli delle tasse hanno permesso all’economia domestica di respingere le pressioni esterne.
“La crescita economica della Cina è sempre più dipendente dalla domanda interna, in special modo per quanto riguarda i consumi”, ha rilevato il portavoce.
Dello stesso avviso Andy Rothman, strategist di Matthews Asia. “I consumi cinesi non hanno fatto registrare una fase di panico dopo le tensioni con Trump”, ha rilevato l’esperto. “La crescita dei redditi è stata buona, così come le spese dei consumatori.
Pil Cina: analisti stimano ulteriore rallentamento
“Ci attendiamo un ulteriore dose di debolezza”, ha detto Julian Evans-Pritchard, capo economista di Capital Economics. “Guardando ai prossimi mesi, dubitiamo che i dati migliori delle stime relativi il mese di giugno possano rappresentare l’inizio di un’inversione”.
Diversi economisti stimano un ulteriore rallentamento in quota 6%. “Il tasso di crescita del Pil – stima Nie Wen, economista di Hwabao Trust- potrebbe scendere al 6-6,1 per cento nella seconda metà dell’anno”.
Wen valuta “molto probabile” un nuovo taglio taglio del coefficiente di riserva (da inizio 2018 è già stato ridotto sei volte).
Per Aidan Yao, economista di AXA Investment Managers, “nei prossimi mesi, la politica fiscale sarà in primo piano e quella monetaria avrà un ruolo di sostegno”.
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