I lavoratori domestici, colf e badanti, possono considerare l’apertura della partita IVA al posto del contratto di lavoro subordinato? E se ciò è possibile, a quali condizioni si può fare?
Quella della badante, o della colf, è una figura professionale molto ricercata in Italia. Alcuni milioni sono infatti le persone che oggi, nel nostro paese, svolgono le funzioni di assistenti domestici, colf e badanti e questo per un motivo molto semplice: c’è chi, per impegni lavorativi e di altro tipo, non riesce ad occuparsi in modo costante dei propri familiari anziani e/o non autosufficienti e, perciò, ha bisogno di qualcuno che lo faccia al posto suo, con competenza e professionalità.
Colf e badanti sono inclusi nella categoria dei lavoratori domestici - che effettuano il loro servizio per il buon funzionamento della vita familiare - ma che differenza c’è tra l’una e l’altra figura? Ebbene, in sintesi se la badante è la persona incaricata di assistere una persona del nucleo familiare, la colf è invece quella figura professionale che compie le classiche mansioni quotidiane che riguardano l’abitazione della famiglia (pulire, riordinare, lavare, stirare, cucinare ecc.).
Ebbene siamo portati a pensare che una lavoratrice di questo tipo operi sempre in modo subordinato, ovvero come dipendente per una società che fornisce questo tipo di servizi oppure in via diretta per una famiglia. Ma sgomberiamo subito il campo da possibili dubbi: si può lavorare come colf o badante aprendo partita IVA? La risposta è positiva, attenzione però ad alcuni dettagli che è meglio conoscere per non farsi trovare impreparati - nel caso si scelga l’alternativa al contratto di lavoro subordinato. Vediamo più da vicino.
Colf e badanti possono lavorare con Partita Iva?
Lavoro colf e badanti, contratto di lavoro subordinato o apertura partita IVA: il contesto di riferimento
Lo abbiamo appena accennato: una lavoratrice domestica può lavorare in modo autonomo, aprendo la partita IVA, ma è anche vero che in molte preferiranno comunque svolgere la professione di badante con un contratto di lavoro subordinato, il quale consente di sfruttare varie garanzie che la partita IVA non dà. Pensiamo alle ferie, ai contributi versati, ai permessi retribuiti, alla malattia pagata, alla tredicesima, al TFR, o ancora alla Naspi in ipotesi di cessazione del rapporto di lavoro dipendente.
Si tratta del caso tipico della badante convivente, che lavora in modo fisso per un solo datore di lavoro: in questo caso chiaramente conviene di più essere regolarmente assunta che aprire la partita IVA.
Vero altresì che c’è chi, dopo aver attentamente valutato le due alternative, preferisce aprire la partita IVA, considerato che oggi la domanda nel settore è molto alta. La partita IVA, d’altronde, prevede alcuni vantaggi che il contratto di lavoro dipendente non dà, come ad es. la maggiore flessibilità di orari, i ricavi maggiori e l’indipendenza economica.
Inoltre, con la partita IVA, di certo, il datore di lavoro ha meno costi da sostenere e proprio per questo motivo la colf o badante può incrementare la tariffa oraria retribuita al fine di potersi versare i contributi.
In concreto, essendo quello di colf e badanti un lavoro molto delicato e di responsabilità, che non di rado impone anche disponibilità negli orari notturni, non poche persone preferiscono organizzare in prima persona - e in modo autonomo - il rapporto con i clienti, gestendo gli orari di lavoro con più libertà senza precludersi la facoltà di operare presso più abitazioni.
Ecco perché non mancano le collaboratrici che scelgono di aprire la partita IVA online, se intendono lavorare per più di un datore di lavoro o se magari intendono ’integrare’ lo stipendio incassato mensilmente come dipendenti part time, presso un datore di lavoro domestico.
Come aprire la partita IVA
Al fine di aprire la partita IVA, è sempre meglio affidarsi ad un commercialista esperto, che sappia guidare negli adempimenti burocratici in gioco. Onde ottenere il numero di Partita IVA è necessario compilare un modulo scaricabile online: il modello di inizio attività AA9/12, che infatti viene usato da lavoratori autonomi ed imprese individuali per comunicare l’apertura della propria partita IVA.
Chiaramente il modulo in oggetto andrà compilato in modo dettagliato, prestando la dovuta attenzione al codice ATECO e al regime fiscale. Il codice ATECO altro non è che quel codice numerico, il quale individua ciascun tipo di attività di lavoro: proprio per questo è essenziale che la colf o badante, che vuole lavorare con partita IVA, inserisca quello corretto per poter svolgere il lavoro in regola col fisco.
Dal punto di vista del regime fiscale, si profila una scelta assai delicata perché questa definirà i propri adempimenti nei confronti delle Entrate e i gli obblighi gestionali. In Italia esiste più di un regime fiscale, ma quello che indubbiamente conviene di più ad una colf o badante che voglia lavorare in modo autonomo, è il regime forfettario. Quest’ultimo infatti si fa preferire per una serie di aspetti riguardanti la tassazione, la gestione contabile e la semplificazione delle operazioni collegate.
Insomma si tratta di una scelta con cui ci si può, in qualche modo, tenere alla larga dalla burocrazia italiana e dalla tassazione alta. Tra le caratteristiche di questa scelta abbiamo, ad esempio, il fatto che i titolari di partita IVA, che emettono fattura nel regime forfettario, non devono assoggettare i compensi fatturati a ritenuta d’acconto. Attenzione però ai limiti di fatturato annuo per accedere al regime forfettario, che sono stati recentemente ritoccati (ora il tetto ricavi e compensi è pari ad 85mila euro all’anno) e di cui parliamo nella nostra guida aggiornata sul regime forfettario 2023.
Aspetti fiscali
Rimarchiamo che, nel regime forfettario, la tassazione è assolutamente conveniente, siccome si tratta di una flat tax del 15% da versare sul fatturato lordo. In particolare rileva l’agevolazione specifica per chi avvia una nuova attività e apre la partita IVA adottando il regime forfettario: l’aliquota sostitutiva è infatti corrispondente al 5% per i primi 5 anni. Le imposte sul fatturato sono quindi inizialmente molto ridotte.
Per questa via la colf o badante a partita IVA con il regime forfettario potrà pagare il 5% di tasse per 5 anni, e poi passare al 15% dal sesto anno in poi. Ma oltre all’aliquota vantaggiosa, c’è un altro fattore che differenzia il regime forfettario dagli altri regimi fiscali, ovvero il calcolo dei costi. Se negli altri regimi fiscali le spese sostenute nell’ambito di un anno fiscale devono essere comprovate e documentate, nel regime forfettario le citate spese sono ipotizzate dallo Stato su base percentuale rispetto al fatturato complessivo.
Come avviene questo? Ebbene, lo Stato attribuisce a ciascun tipo di attività il cosiddetto coefficiente di redditività, il quale serve a fissare in modo forfettario la percentuale delle spese rispetto ai ricavi.
Vediamo in sintesi come funziona rispetto alla professione di badante o colf. Detto coefficiente in questo caso è pari al 67% e questo vuol dire che - per esempio - a fronte di un fatturato totale annuo di 10mila euro, lo Stato fissa che i costi da te sostenuti – al di là di quelli effettivi – sono da individuarsi nel 33% di questo ammontare. Ne consegue che l’aliquota sostitutiva non sarà fatta valere sul fatturato complessivo, ma sul mero fatturato lordo calcolato in modo forfettario, corrispondente a 6.700 euro. Pertanto, ipotizzando una situazione di questo tipo, la badante andrebbe a versare ’soltanto’ 335 euro di imposte, perciò una cifra inferiore rispetto all’ipotesi del pagamento delle tasse su tutto il fatturato annuo.
Rimarchiamo inoltre che chi apre la partita IVA nel regime forfettario, come colf o badante, non ha l’IVA in fattura e non deve pagare la ritenuta d’acconto. Si tratta di altri benefici oggettivi e tangibili.
Quando non è obbligatorio aprire la partita IVA?
Per lavorare in proprio, non serve sempre aprire la partita IVA. Pensiamo al caso della badante che lavora come dipendente per una famiglia e vuole lavorare, saltuariamente, presso un’altra famiglia - svolgendo mansioni di colf o badante quando capita.
Ebbene, se le prestazioni sporadiche in oggetto non superano il compenso di 10mila euro l’anno, la collaboratrice potrà limitarsi ad emettere una ricevuta di prestazione occasionale, che farà avere al commercialista di fiducia onde inserirla in dichiarazione dei redditi. Il nuovo tetto è previsto dall’ultima legge di Bilancio.
Considerazioni finali
In questo articolo abbiamo visto che aprire una partita IVA, per una badante o colf, è una scelta assolutamente possibile ed, in certe situazioni, anche conveniente. Tieni presente però che, lavorando con partita IVA, è comunque necessario provvedere autonomamente anche al versamento dei contributi pensionistici, perché non lo farà il datore di lavoro al posto tuo.
In particolare, la lavoratrice dovrà iscriversi alla Gestione Separata INPS. Detta modalità di versamento dei contributi previdenziali non comporta quote fisse, poiché l’entità dei contributi è determinata in rapporto al fatturato lordo. Questo vuol dir che nell’ipotesi nella quale non dovessi fatturare nulla, non sarai obbligata a versare contributi.
Infine ribadiamo che, aprendo una partita IVA forfettaria la tassazione sarà più bassa al momento della dichiarazione dei redditi, perché sarà appunto il 5% di tassazione - ma soltanto sul 67% di ricavi - contro la percentuale ben maggiore e su tutta la retribuzione, che deve versare chi è assunta in via subordinata. Chiaro allora che per i primi anni di lavoro con partita IVA il vantaggio fiscale sia oggettivo e che la badante o la colf avrà tutto l’interesse a stabilire un compenso adeguato a coprire tutti i costi e i rischi dell’attività in proprio.
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