Come diventare energy manager e quanto guadagna

Claudio Garau

11 Settembre 2023 - 12:52

L’energy manager è il garante dell’ottimizzazione dei costi e dell’efficienza dei consumi in un’impresa. Scopriamone requisiti, funzioni, regole e compensi.

Come diventare energy manager e quanto guadagna

L’energy manager è una figura professionale di origine americana non nota a tutti, ma che in non poche aziende è diventata indispensabile - oltre che utile sul piano della gestione ottimale dei consumi energetici. Secondo quanto indicato da Fire - Federazione italiana per l’uso razionale dell’energia, la presenza dell’energy manager in azienda permette di ottenere un risparmio anche del 5% su una bolletta energetica che - facendo un rapido esempio pratico - su 10 milioni annui, comporta di fatto una riduzione di costi pari a circa 500mila euro all’anno.

Chi ha studiato in ambito tecnico-scientifico, e ha magari una laurea in ingegneria e competenze in campo di energia ed ambiente, potrebbe dunque orientarsi a lavorare come energy manager: la professione in oggetto è infatti destinata ad essere sempre più un’opportunità vantaggiosa per l’azienda.

L’efficienza energetica messa in atto grazie all’energy manager consente all’impresa di conservare la propria competitività sul mercato e, in tempo di crisi, anche di mantenere i dipendenti affrontando al meglio il futuro. In più riduce gli sprechi e dunque si rivela utile anche in tema di tutela dell’ambiente - e specialmente oggi con lo sviluppo crescente di tutti i settori della cd. green economy.

Di seguito faremo perciò una panoramica sulla figura professionale in oggetto, per capire quali requisiti deve avere, quale formazione è richiesta o raccomandata, quali funzioni svolge e indicheremo quali sono le stime più aggiornate sui suoi guadagni, perché anche quest’ultimo è un aspetto che interesserà non pochi tra coloro che ambiscono a lavorare nel settore dell’energia. I dettagli.

I requisiti

Che tipo di formazione deve avere un energy manager? La domanda ha ovviamente ragion d’essere, se pensiamo che si tratta di un consulente che si occupa giornalmente di efficientamento energetico e, dunque, di gestione ottimale dei consumi energetici. Nei tempi odierni, con gli aumenti dei costi dell’energia, il suo ruolo - dal punto di vista economico e del risparmio di spesa - è ancora più strategico per un’azienda - specialmente se di grandi dimensioni e costretta a confrontarsi con bollette molto salate.

Le regole in materia di cui alla circolare n. 219 del 1992 indicano che un energy manager competente deve, da una parte, aver assimilato i processi di produzione dei beni o servizi e, dall’altra, possedere un’ampia conoscenza delle tecnologie idonee a conseguire un uso razionale dell’energia - con conseguente risparmio per l’impresa.

Non solo. Dal punto di vista del profilo culturale-professionale un buon tecnico
responsabile per la conservazione e l’uso razionale dell’energia è di fatto un soggetto con:

  • un insieme di conoscenze ottenibili con la laurea in ingegneria;
  • pluriennale attività professionale posteriore alla laurea, nel settore in cui una certa azienda opera;
  • esperienza nell’area degli studi di fattibilità e di progettazione di sistemi per la produzione e l’utilizzo dell’energia e approfondita conoscenza delle tecnologie più avanzate nel settore.

A differenza dei requisiti più stringenti che la legge fissa in relazione alla simile - ma diversa - figura dell’EGE - Esperto della Gestione Energia, attualmente non vi sono norme particolarmente rigide in merito ai requisiti per diventare energy manager.

Non è previsto un esame di certificazione o abilitazione (che invece a chi vuole diventare EGE è richiesto) ed, inoltre, la laurea non è obbligatoria. Tuttavia è caldamente consigliata, specialmente in campo tecnico-scientifico, ed analoga considerazione vale per i corsi di formazione specialistica (in aula o online) - rivolti proprio a chi vuole lavorare come energy manager. Sul mercato ve ne sono diversi e sono raccomandabili per rafforzare la propria preparazione ed avere più chance di essere assunti e lavorare in modo efficace. Auspicabile è ovviamente anche il costante aggiornamento professionale.

Funzioni e attività svolte

Come accennato sopra, l’energy manager in un’azienda è il tecnico responsabile per la conservazione e l’uso razionale dell’energia e la sua finalità è occuparsi dell’ottimizzazione dei costi e dell’efficienza dei consumi nella realtà aziendale in cui è inserito.

La nomina dell’energy manager può essere assegnata a dipendenti dell’azienda oppure a consulenti esterni / liberi professionisti.

I compiti dell’energy manager sono quelli indicati dalla citata circolare ministeriale n. 219 del 1992, la quale - richiamandosi alla legge n. 10 del 1991 (che ha introdotto questa figura professionale) - fa piena chiarezza sulle funzioni e il profilo professionale del ’responsabile per la conservazione e l’uso razionale dell’energia’.

Egli in particolare si occupa di:

  • individuare le azioni, gli interventi, le procedure e quanto altro necessario per favorire l’uso razionale dell’energia in azienda;
  • predisporre i bilanci energetici in funzione anche dei parametri economici e degli usi energetici finali;
  • predisporre i dati energetici eventualmente richiesti a livello ministeriale.

In sintesi, l’energy manager lavora in un’azienda, occupandosi di analizzare l’energia, monitorare i consumi energetici, gestire le risorse energetiche e ottimizzarne l’utilizzo. Al contempo conduce l’impresa in cui lavora ad uno sviluppo ecosostenibile.

La figura ha poteri decisionali?

La circolare chiarisce ulteriormente che, nel responsabile per la conservazione e l’uso razionale dell’energia, troviamo la figura di un un professionista con funzioni di sostegno, consulenza e orientamento al decisore - in merito al miglior uso dell’energia nella struttura di sua competenza.

In altre parole, l’energy manager non ha responsabilità in tema di concreta attuazione delle azioni e degli interventi suggeriti, ma piuttosto fornisce indicazioni in merito alla validità tecnica ed economica delle opportunità di intervento individuate.

Pertanto, nonostante la figura professionale in oggetto sia formalmente inquadrata nella categoria dei manager, va rimarcato che l’energy manager non avrà alcun potere decisionale e operativo. Infatti il professionista dovrà semplicemente effettuare una valutazione e sottoporla a chi dovrà decidere, vale a dire a chi ha la responsabilità di prendere decisioni in azienda. In altre parole l’energy manager offrirà una consulenza professionale e metterà a disposizione le sue competenze per supportare i dirigenti a prendere le migliori decisioni per l’azienda sotto il profilo energetico.

Ecco perché, tra i compiti dell’energy manager, rientra la scelta dei possibili investimenti energetici, che l’azienda potrebbe realizzare per diminuire i consumi e ottimizzare l’utilizzo dell’energia. Detti investimenti dovranno comunque essere approvati dalla figura responsabile dell’impresa perché, come detto in precedenza, l’energy manager non ha potere decisionale, né operativo.

Obbligatorietà della nomina: ecco quando

L’energy manager è una figura non soltanto molto utile, ma talvolta indispensabile per le aziende. Per legge infatti alcune realtà imprenditoriali debbono rispettare l’obbligo di nominare un energy manager. Ma quando sussiste quest’ultimo? Ebbene, l’obbligo della nomina è dato dal superamento, nel corso dell’anno anteriore, di un tetto di consumi di energia che è stabilito dalla legge nei termini seguenti:

  • per i soggetti attivi nel settore industriale si tratta di 10mila tonnellate equivalenti di petrolio per anno (tep/a);
  • per i soggetti attivi nei settori civile, terziario e dei trasporti invece si tratta di una quantità pari a 1000 tep/a (tonnellate equivalenti di petrolio).

Le norme in materia spiegano altresì che la valutazione dei consumi (globali) va riferita all’energia consumata per la produzione di beni (semilavorati, manufatti ad es.) o per la prestazione di servizi (trasporto di persone o merci, fornitura di energia elettrica, illuminazione ad es.), al di là del fatto che detti beni e servizi siano usati in proprio o destinati a terzi.

L’obbligo di nomina è ulteriormente rimarcato e chiarito dalla circolare Mise (oggi Mimit) del 18 dicembre 2014, che rivolge un’apposita sezione ad indicare i ’soggetti obbligati’ ad avere un energy manager, che siano essi pubblici o privati - con o senza personalità giuridica.

Va da sé che è raccomandabile sapere nei confronti di quali aziende l’obbligo di nomina sussiste, in modo da dirigere la propria candidatura anzitutto a quelle imprese tenute a servirsi di un energy manager e aumentare così le proprie chance di lavorare assumendo questo ruolo.

Quanto guadagna?

Secondo quanto indicato da stime effettuate dalla Fire, la federazione tecnico-scientifica no-profit che in Italia si occupa di favorire e sollecitare l’efficienza energetica, emerge che più di un energy manager su due in un anno guadagna in media tra i 30.000 e 60.000 euro lordi.

Chiaramente i compensi saranno variabili da a caso a caso, e a pesare sugli effettivi guadagni annuali sarà l’esperienza maturata nel tempo come pure le competenze e le capacità dimostrate in carriera.

Il compenso sarà legato ovviamente anche al modo in cui lavora nell’azienda o nell’ente pubblico, se come dipendente assunto oppure come libero professionista. Nel secondo caso il guadagno annuo sarà molto variabile, perché sarà influenzato dal numero di consulenze compiute nell’arco dei dodici mesi e dal compenso richiesto per ciascun intervento.

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