Posso affittare un immobile ricevuto in comodato d’uso gratuito? Ecco cosa prevede la legge, chi deve dichiarare i canoni e cosa può fare il proprietario.
Il contratto di comodato d’uso è molto usato, di solito tra familiari, perché permette di concedere l’utilizzo di un immobile a titolo gratuito, conservandone la proprietà. Si differenzia quindi dalla donazione, che è a titolo gratuito ma trasferisce la proprietà del bene, e dalla locazione che prevede invece un corrispettivo per l’uso della casa. Sono tanti i dubbi che riguardano questo tipo di contratto, soprattutto in riferimento ai limiti che vincolano il comodatario (cioè chi riceve il bene in comodato).
Molti si chiedono se sia possibile affittare un immobile ottenuto in comodato d’uso ed è facile capire perché. Con un costo iniziale nullo sarebbe possibile ottenere una rendita e magari continuare a utilizzare per sé parte dell’immobile. Non dimentichiamo che il comodato può avere ad oggetto anche immobili a uso commerciale, per i quali l’idea di affittarne una parte è particolarmente allettante.
Come si può immaginare, non è sempre possibile affittare l’immobile avuto in comodato, considerando che presumibilmente questo favore è stato concesso per farne un uso personale. Allo stesso tempo, la legge non lo vieta automaticamente e di fatto alcuni cittadini lo fanno regolarmente, come dimostra la giurisprudenza. Quest’ultima, infatti, contiene diverse sentenze sull’argomento, ma non sulla legittimità della locazione, bensì sul relativo obbligo fiscale.
Posso affittare se ho un comodato d’uso gratuito?
Come anticipato, la legge non prevede alcun divieto specifico, dunque è possibile affittare l’immobile ricevuto con un contratto di comodato d’uso gratuito. Il comodatario può quindi definire personalmente il contratto di locazione e incassare i canoni pattuiti, ma solo a patto che il comodante (il proprietario del bene) non l’abbia vietato.
Non a caso, la stragrande maggioranza dei contratti di comodato d’uso gratuito che riguardano beni immobiliari prevedono clausole specifiche che vietano al comodatario di dare in locazione l’immobile e di cambiarne la destinazione d’uso. In assenza di questo divieto è legale affittare l’immobile, ma è comunque necessario ottenere il consenso del legittimo proprietario.
Secondo la legge, infatti, quest’ultimo può esercitare il recesso dal contratto quando:
- il comodatario non rispetta gli obblighi di cura e custodia del bene, lo utilizza per uno scopo diverso da quello pattuito o ne cede a terzi il godimento senza consenso;
- il comodante ha un bisogno urgente e imprevisto dell’immobile, non necessariamente grave;
- il contratto non ha una durata prestabilita, nemmeno derivata dalle finalità.
In queste ipotesi, il comodante può perfino recedere dal contratto con effetto immediato, dunque è fondamentale che qualsiasi uso diverso da quello specificatamente concordato sia approvato dal proprietario.
La tassazione dei canoni
Se il proprietario è d’accordo non c’è alcun problema nell’affittare l’immobile ricevuto in comodato, ma è bene conoscere le regole riguardanti la tassazione dei canoni di locazione in questi casi particolari. La legge, infatti, prevede che sia comunque il proprietario a dover dichiarare i redditi dei canoni di locazione (anche se percepiti dal comodatario) e pagare le relative tasse.
Sempre sul comodante ricadono le eventuali conseguenze di un’eventuale evasione. Non è possibile spostare quest’obbligo sul comodatario, a meno che si tratti di locazioni brevi. Quando l’immobile viene dato in affitto per periodi inferiori ai 30 giorni il comodatario ha allora la facoltà di dichiarare personalmente i canoni percepiti.
È bene sapere che non si tratta comunque di un obbligo e che in questo modo non sarà possibile usufruire del regime della cedolare secca. I proventi della locazione breve dovranno quindi essere inseriti nella dichiarazione come “redditi diversi”.
Comodato d’uso e locazione
Nulla vieta, invece, al proprietario di un’immobile di cederlo in comodato d’uso gratuito a una persona e di affittarlo a un’altra. Ovviamente, a entrambi i soggetti deve essere resa nota la presenza dell’altro e l’immobile (abitativo o commerciale che sia) deve essere idoneo al numero di soggetti che lo impiegheranno.
Banalmente, si crea una situazione in cui sono coinquilini o professionisti che condividono uno studio, per i quali è ininfluente conoscere la posizione contrattuale dell’altro.
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