Possibile spionaggio delle forze russe in Italia; i temi sensibili su cui Mosca potrebbe colpire.
Si inizia a guardare con crescente sospetto a una missione condotta da forze russe in Italia sotto il governo Conte, nel 2020. Il 22 marzo di quell’anno a Pratica di Mare, provincia di Roma, arrivarono 123 soldati impegnati, secondo quando stabilito dagli accordi dell’epoca, in un’operazione anti-Covid.
Secondo alcune interpretazioni mediatiche, l’attività svolta della delegazione a quei tempi però non appare del tutto trasparente. La prima testata italiana a sollevare tale perplessità in merito alle operazioni effettivamente condotte è il Corriere della Sera. Dalle indagini giornalistiche emerse fino a questo momento si mette in dubbio l’effettività degli aiuti umanitari e sanitari offerti. Durante i due mesi di permanenza i membri del comparto potrebbero aver «agganciato» persone disposte a fornire loro informazioni riservate.
Cercando anche di fare il punto su quali possano essere le informazioni «sensibili» oggetto di spionaggio, il quotidiano nazionale ha ripercorso alcune dichiarazioni del Cremlino che potrebbero accreditare questa versione.
Da dove nascono le perplessità
Le prime considerazioni in merito nascono come forma di perplessità rispetto alle attività svolte dai soldati russi durante la loro permanenza sul territorio italiano. Come certifica anche Open, l’aiuto arrivato da Mosca sarebbe piuttosto esiguo. A testimoniarlo sarebbero le mail trasmesse in quei giorni che rivelano che i russi consegnarono «521.800 mascherine, 30 ventilatori polmonari, 1.000 tute protettive, 2 macchine per analisi di tamponi, 10.000 tamponi veloci e 100.000 tamponi normali».
Quantitativi non sufficienti ad arginare in modo concreto l’emergenza e, sopratutto, a giustificare due mesi di permanenza.
Sempre Open parla inoltre di tentativi di «sanificare l’intero territorio italiano entrando anche negli uffici pubblici e in tutte le sedi a rischio». Questa attività, forse solo tentata, forse concretizzatasi, sarebbe stata rendicontata proprio nelle carte riguardanti la missione di Mosca. L’intento fu dichiarato dal generale Sergey Kikot, il vice comandante del reparto di difesa chimica, radiologica, biologica dell’esercito russo, in un colloquio avvenuto subito dopo l’arrivo in Italia con il generale Luciano Portolano, all’epoca comandante del Coi, il Comando operativo interforze, e con i vertici del Comitato tecnico Scientifico, Agostino Miozzo e Fabio Ciciliano. Stando alle ultime ricostruzioni dello stesso Miozzo, i militari e i medici russi arrivati in Italia «sostenevano di avere un mandato preciso, ovvero di bonificare le strutture pubbliche».
Ultimo elemento capace di scatenare i dubbi è che, a fronte di questo tipo e quantitativo di interventi la missione concordata da Vladimir Putin e dall’allora presidente del consiglio Giuseppe Conte abbia avuto un costo troppo esoso per l’Italia; oltre 3 milioni di euro. Cifra impiegata per garantire vitto, alloggio, rimborso carburante ma forse troppo ingente visti i pochi risultati dichiarati.
La reazione russa alle accuse della stampa
Il timore che la spedizione russa a Roma sia servita per raccogliere informazioni e dati sensibili persiste ed è arrivato anche alle orecchie di Sergej Razov, ambasciatore russo in Italia, che in un’intervista all’agenzia di stampa Lapresse ha detto:
«Questo tentativo dei media italiani di dipingere la missione umanitaria russa in Italia come un’operazione di spionaggio danneggia le relazioni tra Mosca e Roma. In meno di due anni, il nostro aiuto è stato dimenticato. Sembra che le nostre controparti italiane abbiano la memoria corta. Una linea di comportamento così servile e miope non solo danneggia le nostre relazioni bilaterali, ma dimostra anche la moralità di alcuni rappresentanti delle autorità pubbliche e dei media italiani».
Se l’immagine di un’Italia filorussa è stata a lungo quella preponderante, il Paese oggi sembrare fare un passo indietro rispetto ai rapporti di amicizia con Putin e, contando anche lo schieramento al fianco dell’Ucraina, si aprono degli effettivi scenari di tensione.
Nell’eventualità che le accuse della stampa venissero verificate, sono diversi i fronti su cui Mosca potrebbe muoversi per mettere in piedi qualche forma di ricatto. Del resto, già solo l’aver sollevato il dubbio ha posto Razov nella condizione di affermare che, da parte russa «le relazioni con l’Italia si sono deteriorate».
Temi sensibili: come la Russia potrebbe ricattarci
La natura dei dati sensibili non è ovviamente stata individuata con certezza, ma si pensa ai rapporti stretti tra Mosca e Roma e in particolare tra lo Spallanzani di Roma e l’Istituto Gamaleya di Mosca per la ricerca sul vaccino. Nonostante infatti Sputnik non sia stato approvato dalle agenzie regolatorie UE, i ricercatori russi sono entrati nella struttura della Capitale e hanno avuto accesso al sistema informatico sanitario.
Con il riferimento nient’affatto velato di Razov alla «moralità» della classe politica poi i sospetti maggiori ruotano anche attorno alla volontà di rivelare documenti riservati ottenuti attraverso una rete di «fedelissimi». Del resto già l’arresto per spionaggio del capitano Walter Biot confermò la presenza di numerose spie russe nel nostro Paese.
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