La Corte di Giustizia dell’Ue boccia la proroga italiana delle concessioni balneari, chiedendo che siano “oggetto di una procedura di selezione imparziale” come prevede la direttiva Bolkestein.
Sulle concessioni balneari il governo Meloni rischia grosso. La Corte di Giustizia dell’Unione europea boccia le proroghe automatiche e chiede una volta per tutte all’Italia di applicare la direttiva Bolkestein, che prevede l’aperture di gare aperte, imparziali e trasparenti a tutti gli operatori europei.
Con il decreto Milleproroghe l’esecutivo guidato dalla leader di Fratelli d’Italia aveva rimandato al 2025 la fine delle concessioni e l’apertura delle gare. Un ulteriore rinvio, che viola per l’ennesima volta quanto deciso al livello legislativo europeo, dopo che il governo Draghi era riuscito a fatica a contrattare all’inizio del 2024 l’entrata in vigore della direttiva senza conseguenze per l’Italia.
Concessioni balneari, cosa ha detto la Corte di Giustizia Ue
La Corte di Giustizia dell’Unione europea si è pronunciata sul ricorso dell’Autorità garante della concorrenza contro il Comune di Ginosa, un comune vicino Taranto che aveva ritenuto le norme nazionali superiori a quelle europee.
“Le concessioni di occupazione delle spiagge italiane - secondo i giudici europei - non possono essere rinnovate automaticamente, ma devono essere oggetto di una procedura di selezione imparziale e trasparente”. “I giudici nazionali e le autorità amministrative - si legge poi nella pronuncia - sono tenuti ad applicare le norme pertinenti di diritto dell’Unione, disapplicando le disposizioni di diritto nazionale non conformi alle stesse”.
Per la Corte, quindi, la direttiva Bolkestein si deve applicare a tutte le concessioni di occupazione del demanio marittimo, a prescindere dal fatto che esse presentino un interesse transfrontaliero certo o che riguardino una situazione i cui elementi rilevanti rimangono tutti confinati all’interno di un solo Stato membro.
leggi anche
Reddito di cittadinanza, interviene l’Ue: cosa deve fare l’Italia per adeguarsi e cosa può succedere
Cosa rischia l’Italia
Ora il rischio più forte per l’Italia è che la Commissione europea proceda sulla via dell’infrazione e di una maxi-multa, con importanti conseguenze finanziarie, politiche e burocratiche. In un momento di difficoltà sui conti pubblici, infatti, una maxi-multa potrebbe creare dei problemi al bilancio dello Stato, magari facendo saltare parte di riforme per cui l’esecutivo sta cercando risorse con difficoltà (come quelle del fisco e delle pensioni, a cui si somma l’ingente esborso per la costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina).
Dal punto di vista politico, invece, uno strappo forte tra Commissione europea e Italia potrebbe creare problemi sul fronte Pnrr, su cui è in corso una difficile negoziazione per tentare di cambiare alcuni progetti e salvare tutti i 209 di euro miliardi a favore del nostro Paese. E ancora, si potrebbero incrinare le difficili partite del nuovo Patto di Stabilità e del nuovo fondo sovrano per rispondere all’inflazione, su cui l’Italia preme con forza.
Infine il nostro Paese potrebbe essere costretto ad avviare le gare sulle spiagge senza aver dato il giusto preavviso ai concessionari balneari, creando caos dal punto di vista burocratico e amministrativo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA