Contratto di somministrazione a termine: cosa cambia con il Decreto Dignità

Anna Maria D’Andrea

31/07/2018

Contratti di somministrazione a termine: ecco cosa cambia e quali sono le novità introdotte dagli emendamenti al Decreto Dignità per gli ex-interinali a tempo determinato.

Contratto di somministrazione a termine: cosa cambia con il Decreto Dignità

Contratti di somministrazione: nuove regole per quelli a tempo determinato a seguito delle modifiche introdotte dal DL Dignità.

Cambia la durata massima prevista, così come il numero di rinnovi ammessi ma, con un emendamento presentato in Commissione, viene eliminato per i contratti stipulati tramite Agenzie per il Lavoro l’obbligo di indicazione della causale.

Sarà inoltre previsto un tetto del 30% per le assunzioni con contratti a termine e nel calcolo rientrano anche i dipendenti con contratto di somministrazione.

È questa una delle novità introdotte dal Decreto Dignità che, con l’obiettivo di contrastare il precariato, dispone che anche per il lavoro ex-interinale si applicheranno le disposizioni relative alla disciplina del contratto a termine precedentemente escluse.

Le novità in merito ai contratti di somministrazione sono fortemente criticate e, in rappresentanza di quelle che sono meglio conosciute come Agenzie Interinali, si è espressa Assolavoro, l’Associazione Nazionale delle Agenzie per il Lavoro, auspicando una modifica alle nuove regole introdotte dal Decreto Dignità in sede di conversione in legge.

Tra le modifiche al testo del DL n. 87 del 12 luglio 2018 vi è il periodo transitorio fino al 31 ottobre per l’entrata in vigore delle nuove regole: non saranno applicabili da subito le numerose novità introdotte anche sul lavoro ex-interinale. Ecco cosa cambia.

Contratto di somministrazione a termine: cosa cambia con il Decreto Dignità

L’articolo 2 del Decreto Dignità stabilisce che ai contratti di somministrazione a tempo determinato si applichino le stesse regole relative alla disciplina dei contratti a termine.

Tra gli emendamenti approvati in Commissione spicca l’esensione del tetto dei contratti a termine, che passa dal 20% al 30%, anche per la somministrazione di lavoro.

Nello specifico, il Decreto Dignità stabilisce che al lavoro in somministrazione si applicheranno le disposizioni previste dal Capo III Decreto Legislativo n. 81/2015, così come modificato dal DL n. 87/2018.

Pertanto, anche al contratto di somministrazione a termine bisognerà obbligatoriamente apporre il termine di durata, che non potrà essere superiore a 12 mesi, prorogabile fino a 24 mesi nel caso di specifiche motivazione.

Il numero di rinnovi per i lavoratori assunti dalle aziende per il tramite di Agenzie per il Lavoro ex-interninali non potrà essere superiore a 4.

Nel dettaglio, le nuove regole introdotte dal Decreto Dignità stabiliscono che il termine iniziale indicato nel contratto di somministrazione possa essere prorogato, con il consenso del lavoratore e per atto scritto.

Durata e rinnovi dei contratti di somministrazione

La durata di un contratto di somministrazione sarà pari a 12 mesi, prorogabile fino al termine massimo di 24 mesi, nel rispetto del numero di rinnovi consentiti che è pari a quattro.

Tra le novità introdotte nel corso della discussione è stata eliminata, per la proroga dei contratti di somministrazione a termine, l’obbligo di indicazione della causale.

Pertanto non sarà necessario giustificare la prosecuzione di contratto a termine tramite agenzia interinale per le seguenti esigenze:

  • temporanee ed oggettive, estranee all’ordinaria attività di lavoro;
  • di sostituzione di altri lavoratori;
  • connesse ad incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’ordinaria attività di lavoro.

Esonerati dalle nuove regole di durata e numero di rinnovi saranno soltanto i contratti stipulati dalla Pubblica Amministrazione.

Aumenta il costo dei contratti di somministrazione

L’applicazione al lavoro ex-interinale delle regole previste per i contratti a tempo determinato modifica, incrementando, anche il costo della somministrazione di lavoro, già di per sé più onerosa sia rispetto al lavoro a termine che, ovviamente, a quello a tempo indeterminato.

Anche ai contratti in somministrazione si applicherà l’aumento dello 0,5% del contributo addizionale a carico del datore di lavoro e l’incremento si applicherà per ciascun rinnovo.

Proprio in merito al costo del lavoro in somministrazione si è espresso Alessandro Ramazza, presidente di Assolavoro, in un’intervista rilasciata a Repubblica:

Partire dalla somministrazione per sconfiggere il precariato è colpire il punto più alto del lavoro flessibile perché i contratti di somministrazione in realtà sono già oggi migliori di quelli a tempo determinato, cioè di quelli offerti direttamente dalle aziende. E le spiego perché: è prevista una trattenuta del 4% che alimenta un apposito Fondo che garantisce la formazione quando scade il contratto. E lo fa per tutti. C’è un integrativo, che garantisce prestazioni mediche e welfare, sottoscritto insieme ai tre maggiori sindacati italiani. Ripeto, il contratto di somministrazione è migliore di quello a tempo determinato e costa di più (tra il 15 e il 20%). Dunque le aziende che cercano la flessibilità sono costretti a pagarla di più, che è poi ciò che rivendicano da tempo economisti e sindacati: il lavoro a termine deve costare di più alle aziende. Solo così si può limitare

Questo, accanto alle nuove regole introdotte dal Decreto Dignità, tra cui l’obbligo di stop and go prima della stipula di un nuovo contratto di somministrazione, finiranno con l’incrementare il fenomeno del lavoro nero e del lavoro grigio.

Insomma, anche le Agenzia per il lavoro, ex-interinali, sperano che nel corso della conversione in legge del Decreto venga posto rimedio alle storture di una norma che rischia di peggiorare un quadro già poco entusiasmante.

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