Coronavirus: dal Brasile scenari da incubo. Il Paese al collasso?

Violetta Silvestri

18/05/2020

Il Brasile è il Paese dell’America Latina più colpito dal coronavirus. Mentre Bolsonaro minimizza la portata dell’epidemia e spinge per riaprire tutto, morti e contagiati aumentano. Le previsioni brasiliane sono pessime. Cosa sta accadendo?

Coronavirus: dal Brasile scenari da incubo. Il Paese al collasso?

Il Brasile continua registrare ritmi record di contagiati e decessi da coronavirus. Il Paese dell’America Latina è il più colpito della regione, con il 45% di positivi di tutta l’area sudamericana.

Il Paese ha superato la Spagna e l’Italia, posizionandosi al quarto posto per numero di infezioni. Il ministero della Sanità ha segnalato 7.938 nuovi casi nelle ultime 24 ore. Il totale dei positivi sono oltre 241.000. Solo Stati Uniti, Russia e Regno Unito hanno numeri più alti.

Il bilancio delle vittime ha superato la cifra di 16.000, la quinta più alta al mondo.

Gli esperti sanitari hanno avvertito che il numero reale di contagi nel Paese potrebbe essere molto più alto rispetto ai dati ufficiali, a causa della mancanza di test.

In questo scenario, il presidente Bolsonaro continua a minimizzare l’entità dell’epidemia e a sfidare le regole del distanziamento sociale.

Dalla penuria di tamponi al sistema sanitario inconsistente, fino alle fosse comuni scavate per far spazio a cadaveri in forte aumento, la nazione è in piena crisi.

Intanto, il ministro della Salute da poco nominato, Nelson Teich, si è dimesso - come il suo predecessore - in disaccordo con la decisione di Bolsonaro di riaprire palestre e centri estetici.

Cosa sta succedendo in Brasile nella lotta al coronavirus?

Il dramma coronavirus in Brasile in numeri (reali e nascosti)

Ogni giorno i morti a San Paolo sono di più. Il cimitero ora riceve circa 50 corpi ogni 24 ore, il doppio della media in tempi normali.

Molti sono certificati come casi confermati di COVID-19. Tanti, però, sono deceduti ufficialmente per disturbo respiratorio non identificato. Una causa che con il coronavirus, in realtà, ha molto in comune.

Il sindaco di San Paolo ha affermato che il suo sistema sanitario potrebbe crollare con l’aumentare dei pazienti affetti da sintomi da coronavirus.

Gli ospedali pubblici della città hanno raggiunto il 90% della loro capienza e potrebbero esaurire lo spazio in circa due settimane. San Paolo è una delle regioni più colpite del Paese, con quasi 3.000 morti finora.

Come sta gestendo il Brasile questa emergenza? Innanzitutto, con una politica dei tamponi assolutamente inadeguata. Se è vero, infatti, che la penuria di test è una questione di ordine globale, è altrettanto provato che nel Paese dell’America Latina il problema è ancora maggiore.

La nazione, infatti, sta testando le persone a un tasso molto inferiore rispetto a qualsiasi altro Stato che abbia almeno 40.000 casi. Secondo quanto riporta il Washington Post, in Brasile si esegue il tampone 12 volte in meno rispetto all’Iran. La proporzione è inferiore di 32 volte se confrontata con gli Stati Uniti.

I pazienti ospedalizzati non vengono testati. Alcuni professionisti medici non vengono testati. Le persone muoiono nelle loro case senza essere testate. Questa sarebbe la triste verità - nascosta - del Brasile nella sua lotta al coronavirus.

I ricercatori dell’Università Federale del Minas Gerais hanno suggerito che il Paese conta otto volte più casi di coronavirus di quanto indichino i numeri ufficiali. Un team di ricerca dell’Università di San Paolo ritiene che ne abbia 16 volte di più, fino a 711.000 contagi.

Secondo le statistiche del Governo, quasi 37.300 persone sono state ricoverate in ospedale quest’anno con disturbi respiratori - quattro volte il numero registrato l’anno scorso nello stesso periodo - ma solo la metà ha ricevuto i risultati dei test.

A San Paolo, già una settimana fa, circa 1.300 persone sono morte per problemi respiratori non identificati, rispetto a 50 persone l’anno scorso. Gli esperti temono che non si saprà mai la vera entità dell’emergenza in Brasile. Dati nascosti, strumenti inadeguati e pericolosi messaggi di ottimismo provenienti da Bolsonaro rischiano di provocare molti danni.

Il ministro della Sanità, Nelson Teich, prima delle dimissioni aveva dichiarato l’acquisto di 46 milioni di test, sufficienti per poco più di un quinto della popolazione. Non ha specificato quando arriveranno o quando verranno utilizzati.

Inoltre, gli analisti affermano che il Brasile non ha la capacità di acquisto e di gestione per soddisfare la domanda di test. I suoi laboratori, già sopraffatti, non sono attrezzati per elaborarli su larga scala.

E nella mischia internazionale per accaparrarsi le forniture di apparecchiature, il Paese sta perdendo terreno verso nazioni più ricche che possono pagare prezzi anche alti o sfruttare legami stretti con la Cina.

Incertezza, fragilità di sistema e disorganizzazione, mentre medici e scienziati si aspettano il peggio: ci saranno file in ospedale e nei cimiteri nelle prossime settimane secondo le previsioni degli esperti.

Coronavirus in Brasile, scene da film horror: ecco dove

Il sindaco di Manaus, nello Stato dell’Amazzonia, ha descritto le centinaia di morti per coronavirus come “una scena di un film horror”. Qui i corpi sono ammucchiati in camion refrigerati e i bulldozer scavano fosse comuni nei cimiteri.

Il sindaco Virgilio Neto ha dichiarato che la sua città “non è più in uno stato di emergenza ma piuttosto di assoluta calamità”, dopo che il tasso di mortalità giornaliera è aumentato da 20-30 al giorno a oltre 100 a causa della pandemia.

La città ha il più alto tasso di mortalità di qualsiasi capitale di Stato in Brasile e il sindaco teme che ci siano ancora maggiori decessi visto che le persone muoiono a casa senza cure mediche.

Gli ospedali sono al collasso, mancano attrezzature come le apparecchiature per le radiografie, il 90% dei letti di terapia intensiva sono già occupati. E il picco a Manaus è atteso a maggio.

Si teme una vera strage nello Stato Amazonas. E finora il Governo di Bolsonaro non ha agito tempestivamente contro la calamità da coronavirus qui dichiarata. Ma il presidente è sceso prontamente in strada contro il lockdown.

Il Brasile rischia di diventare uno degli Stati più colpiti da COVID-19 al mondo.

Bolsonaro e l’epidemia che non vuole vedere

Nonostante i numeri sempre più allarmanti per quanto riguarda contagiati, decessi, penuria di assistenza sanitaria in Brasile, Bolsonaro sembra non voler vedere l’emergenza.

Le ultime decisioni e dichiarazioni al riguardo confermano l’atteggiamento rilassato e alquanto discutibile del presidente. Domenica 17 maggio ha nuovamente violato le misure di allontanamento sociale partecipando a una piccola manifestazione di sostenitori fuori dal palazzo presidenziale.

Giorni fa, in pieno record di positivi, è stato costretto a disdire una grigliata organizzata con decine di persone, che avrebbe dato un pessimo esempio di distanziamento sociale e misure di precauzione.

Una settimana fa, ha emanato un decreto nel quale saloni di parrucchieri e palestre sono state classificate attività essenziali, con l’ordine di restare aperte. Non esistono, inoltre, ordini di blocco, lasciati decidere in autonomia ai sindaci e nemmeno obblighi di distanziamento sociale.

Il suo messaggio è chiaro e ribadito in un tweet: “Disoccupazione, fame e miseria saranno il futuro di coloro che sostengono la tirannia dell’isolamento totale”.

Il Paese è allo sbando e il coronavirus potrebbe portarlo al collasso. Il Brasile sta davvero rischiando molto a causa della pandemia. E dell’irresponsabilità di Bolsonaro.

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