Coronavirus Portogallo: il Paese è davvero un’eccezione europea?

Violetta Silvestri

16 Aprile 2020 - 15:24

Il Portogallo è davvero un’eccezione in Europa per la gestione del coronavirus? Cosa c’è di vero sui bassi numeri di decessi e contagi nello Stato, decisamente meno colpito rispetto alla vicina Spagna.

Coronavirus Portogallo: il Paese è davvero un’eccezione europea?

Presentato da alcuni media internazionali come un’eccezione in Europa, il Portogallo sta affrontando un’epidemia dal bilancio decisamente meno allarmante, soprattutto se confrontato con la vicina Spagna.

Attualmente, i casi di contagio sono più di 18.000 e i decessi 600. Il Capo dello Stato e il primo ministro Costa hanno annunciato mercoledì 16 aprile che le misure restrittive continueranno per tutto il mese, sperando in una riapertura più ampia a maggio.

Parole di prudenza, nonostante numeri incoraggianti rispetto ad altri Paesi europei. Lo Stato vuole ancora mantenersi cauto. D’altra parte, proprio negli ultimi giorni si è verificato il maggiore aumento di positivi da COVID-19 da quando è iniziata l’epidemia, con un picco di 643 nuovi casi in 24 ore.

In un’analisi generale, comunque, il coronavirus in Portogallo resta piuttosto confinato, avvicinando il piccolo Paese soltanto al caso Grecia. Esiste davvero un’eccezione europea nello Stato portoghese?

Il Portogallo è un’eccezione europea? La gestione coronavirus

Il Portogallo è prudente, ma ottimista sulla sua sfida contro il coronavirus. Con un quarto della popolazione della vicina Spagna, il Paese ha circa un decimo del numero di casi.

E mentre il tasso di mortalità per COVID-19 supera appena il 3%, il dato è nettamente inferiore al 10% in Spagna, al 12% nel Regno Unito e al 15% in Francia.

Questo accade in una nazione con più cittadini di età superiore agli 80 anni che in qualsiasi parte dell’UE, tranne l’Italia e la Grecia. Inoltre, il servizio sanitario è scarsamente attrezzato e mal finanziato. Il Portogallo ha solo 4,2 posti letto di terapia intensiva per 100.000 persone, il più basso dell’Unione Europea. La Spagna ne ha oltre 9, la Germania quasi 30.

Come spiegare allora il contenimento della pandemia? In queste settimane sono circolate diverse interpretazioni del caso portoghese, non senza alcuni spunti creativi, come l’aria più pulita, decenni di vaccinazioni anti-tubercolosi e addirittura l’intervento di Nostra Signora di Fatima.

Sono due, piuttosto, gli aspetti salienti della gestione positiva dell’epidemia: la geografia e la fortuna. La nazione più occidentale dell’Europa continentale, infatti, ha registrato i suoi primi casi di coronavirus il 2 marzo, un mese dopo la comparsa della malattia in Spagna e in Italia.

Un ritardo che ha permesso al Governo di osservare i suoi vicini e imparare dai loro errori, introducendo contromisure prima che il virus prendesse il controllo.

Il Portogallo ha decretato lo stato di emergenza in presenza di poche centinaia di casi e ha chiuso le scuole il 16 marzo quando c’erano solo 245 positivi nel Paese. La Spagna aveva 2.140 infezioni quando la maggior parte dei Governi regionali ha bloccato la didattica il 12 marzo.

In più, Lisbona ha vietato tutti gli incontri pubblici già nella fase iniziale dell’evoluzione dell’epidemia. Sebbene l’infezione fosse concentrata nel nord, intorno alla città di Porto, il sistema di governo centralizzato del Portogallo ha consentito l’attivazione di misure rapide a livello nazionale piuttosto che l’azione regionale frammentaria adottata altrove.

Ecco, dunque, in parte, svelata l’eccezionalità portoghese. Alla quale va aggiunta la tanto lodata - anche dal primo ministro Costa - autodisciplina dei cittadini.

In più, elemento non proprio secondario, il Governo portoghese ha accelerato le procedure di regolarizzazione di immigrati e richiedenti asilo sul territorio nazionale, consentendo loro di accedere all’assistenza sanitaria anche per coronavirus.

Ecco l’unica vera eccezione portoghese nella pandemia

A ben guardare esiste una eccezione in Portogallo rispetto alla maggior parte dei Paesi europei nella sfida al coronavirus: è l’unità politica nazionale.

Ciò che ha davvero stupito i media e gli osservatori di Lisbona, infatti, è stata la solidarietà tra partiti di maggioranza e opposizione nella gestione della crisi. I politici hanno stabilito una tregua da far invidia, soprattutto all’Italia.

Il primo ministro socialista Costa, infatti, ha incassato il pieno appoggio del centro-destra:

“Stiamo affrontando un’emergenza nazionale e c’è bisogno di unità, solidarietà e senso della responsabilità nel nome dell’interesse nazionale. In questo momento non siamo in mano a un governo del partito avversario, siamo in mano al Governo del Portogallo, che tutti dobbiamo aiutare”

Un clima di unione, quindi, che probabilmente - se davvero questo sarà concreto - rappresenta la vera unicità europea del Portogallo nella sfida al coronavirus.

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