Il contratto di lavoro fissa una serie di obblighi non soltanto per il lavoratore, ma anche per il datore di lavoro. Come comportarsi nel caso quest’ultimo si riveli inadempiente?
Hai firmato un contratto di lavoro: questo serve a fissare fin dall’inizio i tempi e le modalità della tua prestazione professionale. Oggetto del contratto, a differenza per esempio di un contratto commerciale, è infatti il quadro di diritti e doveri che riguardano non solo te, ma anche il datore di lavoro o azienda.
Comprenderai che la funzione del contratto di lavoro è fondamentale: basti pensare al fatto che questo documento indica, tra le altre cose, anche e soprattutto la retribuzione che il datore di lavoro verserà al lavoratore per ricompensarlo della sua attività. Tieni inoltre presente che, a garanzia dei tuoi diritti di lavoratore e in base al settore di attività, esistono anche i contratti collettivi nazionali di lavoro (Ccnl). Essi sono finalizzati a dare un inquadramento generale e sono firmati dai sindacati e dalle associazioni di categoria.
Ebbene, non sempre tutto fila liscio all’interno degli uffici o di qualsiasi altro luogo di lavoro: potresti infatti accorgerti del fatto che il datore di lavoro non rispetta le regole contrattuali, mettendo a rischio i tuoi diritti o comunque arrecandoti un danno. Che fare in queste circostanze? Come tutelarsi e come agire se il datore di lavoro non rispetta il contratto? Lo vedremo di seguito, considerando le principali violazioni di cui un’azienda può rendersi autrice.
La disapplicazione delle regole sull’orario di lavoro
Pensiamo anzitutto all’ipotesi del datore di lavoro che non rispetta l’orario contrattuale. Ciò potrebbe aver luogo laddove, nella tua busta paga, sia indicato un orario inferiore rispetto a quello effettivamente svolto. Tipico il caso della persona assunta con un contratto a tempo parziale che poi, di fatto, si ritrova a svolgere mansioni da tempo pieno. Violazioni delle regole sull’orario si hanno anche quando sei costretto a fare straordinari - non menzionati nel cedolino e non pagati - rispetto all’orario base di cui al Ccnl.
Se ti stai chiedendo come tutelarti in questi casi purtroppo non così infrequenti, sappi che potrai chiedere l’intervento degli ispettori dell’Inps o dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro. Ciò servirà a tentare una composizione bonaria della controversia tra te e l’azienda, in merito all’orario di lavoro effettivamente svolto. In questi casi non ti servirà un avvocato.
In via alternativa, potrai chiedere l’assistenza di un sindacato che promuoverà presso la propria sede un confronto con il datore al fine di trovare una soluzione. Tieni inoltre presente che nell’ipotesi in cui dette strade non dovessero rivelarsi efficaci, potrai comunque agire in tribunale - facendo ricorso per il tramite del tuo avvocato. In quest’ambito potrai tutelare i tuoi diritti e richiedere dunque le differenze retributive per l’orario in più svolto, ma anche il pagamento dei relativi contributi.
Mancato pagamento dello stipendio o dei contributi: come tutelarsi?
Come forse già saprai, il diritto al versamento dello stipendio è stabilito in Costituzione. Anzi, il mancato pagamento dello stipendio e delle altre indennità dovute può mettere in crisi sia il lavoratore che la sua famiglia, perché si tratta di soldi quasi sempre essenziali al suo sostentamento e necessari per provvedere a tutte le necessità quotidiane.
Ecco perché ci si può certamente tutelare in caso di stipendio non versato. Tieni presente che, in questi casi, se le richieste di pagamento “a voce” non hanno avuto buon esito, farai bene a inviare un sollecito scritto al tuo datore di lavoro, con cui chiedere formalmente il versamento del dovuto.
Ricorda che in questi passaggi, anche se non obbligatorio, è preferibile farsi assistere da un legale di fiducia: infatti, se il sollecito non porterà alcun effetto, questi potrà inviare al datore di lavoro una lettera di diffida ad adempiere. Con ciò tecnicamente metterà in mora il debitore, intimandogli di pagare le somme entro pochissimo tempo. Si tratta evidentemente di una procedura che gioca a tuo diretto vantaggio, in considerazione della violazione del diritto alla retribuzione.
Se ciò non dovesse bastare a riportare la situazione alla normalità e se dunque il tuo datore di lavoro persiste nel non pagarti lo stipendio, sappi che, grazie al tuo avvocato, potrai fare ricorso al giudice del lavoro. La finalità, una volta accertati i fatti e sulla scorta della prova del credito, sarà quella di ottenere un decreto ingiuntivo, cioè un ordine di pagamento di quanto a te spettante.
Non c’è solo l’iter in tribunale in tuo aiuto. Infatti è in gioco anche la possibilità di tentare la conciliazione presso l’Ispettorato del Lavoro, al fine di ottenere la retribuzione non ancora versata. Ma tieni presente che questo tentativo - al di fuori dell’aula giudiziaria- è praticabile quando esiste ancora un rapporto di fiducia tra te e l’azienda.
Non solo. Potrebbe succedere che l’azienda non versi i contributi previdenziali, e ciò chiaramente ciò va a tuo danno: con un tale comportamento è messo a rischio infatti il diritto alla pensione. Tuttavia le norme vigenti assicurano tutela ai tuoi diritti di lavoratore e prevedono contromisure da adottare.
Casi di mobbing e tutela del lavoratore: i rimedi
Anche compiere gesti che rientrano nel mobbing significa non rispettare il contratto di lavoro. Devi sapere che la parola mobbing fa riferimento a una condotta vessatoria e ripetuta nel corso del tempo, posta in essere dal datore di lavoro (o anche dai colleghi) nei tuoi confronti, per impedirti di lavorare, di svolgere serenamente l’attività e in definitiva per arrecarti un danno alla salute.
Se stai subendo dei comportamenti che ti stanno nuocendo e che rappresentano fonte di stress o ansia quotidiana, sappi che anzitutto puoi tutelarti effettuando una segnalazione agli sportelli anti-mobbing sparsi per la penisola.
Fai attenzione però: se la condotta persecutoria messa in atto contro di te presenta anche un rilievo penale - ovvero concretizza reati come le molestie, lo stalking, la diffamazione, ecc. - farai bene a muoverti senza indugio - presentando denuncia all’autorità giudiziaria (polizia, carabinieri, Procura della Repubblica). Una volta aperto il processo penale, ricorda che come vittima puoi costituirti parte civile al fine di conseguire il risarcimento del danno patito, in ipotesi di condanna del datore di lavoro.
Demansionamento: come tutelarsi in queste circostanze?
Il demansionamento si attua quando il datore di lavoro assegna al lavoratore mansioni inferiori rispetto a quelle per le quali è stato assunto. In realtà, la legge prevede delle eccezioni al divieto di demansionamento, ma se l’azienda adibisce il lavoratore a mansioni inferiori in ipotesi differenti da quelle previste, il demansionamento è da ritenersi illegittimo.
In una situazione come questa, il dipendente può difendersi domandando - attraverso il suo avvocato - il ripristino delle sue originarie mansioni oppure può dimettersi per giusta causa. In ambo i casi, gli è consentito chiedere il risarcimento del danno.
In caso di dimissioni per giusta causa, il lavoratore non dovrà dare il preavviso e, al contempo, maturerà il diritto a ottenere l’indennità di disoccupazione Inps. Tuttavia, per le dimissioni per giusta causa, occorre che il demansionamento abbia una gravità tale da impedire la prosecuzione – anche provvisoria – del rapporto di lavoro.
Tredicesima non versata dall’azienda: cosa fare?
Come forse già saprai, la tredicesima consiste in una mensilità extra e addizionale rispetto alla retribuzione mensile dei lavoratori pubblici e privati, versata ai dipendenti in occasione dell’arrivo delle feste natalizie. Come comportarsi se il tuo datore di lavoro non intende versarla nonostante sia prevista come tuo diritto? Ebbene, per prima cosa è sempre consigliabile tentare la “via bonaria”, vale a dire spedire un sollecito di pagamento all’azienda con raccomandata a/r o posta certificata.
Se ciò non porta al pagamento della tredicesima, potrai rivolgerti all’Ispettorato del Lavoro territorialmente competente, con o senza l’assistenza di un legale. Se anche questo non dovesse bastare, tieni presente che non ti resterà che fare causa all’azienda e chiedere in tribunale il versamento della tredicesima attraverso il meccanismo del decreto ingiuntivo. In queste circostanze, dovrai essere seguito e supportato da un avvocato per la durata del procedimento.
Il caso del Tfr non pagato
Il trattamento di fine rapporto, di solito definito con l’acronimo Tfr, consiste in una retribuzione differita che non è erogata al lavoratore con lo stipendio mensile, ma è accantonata anno per anno e versata esclusivamente in caso di cessazione del rapporto di lavoro. Ebbene, laddove il datore di lavoro non intenda versare il Tfr, tu come lavoratore farai bene anzitutto a segnalare il problema all’ufficio risorse umane.
Se la situazione non si sblocca, occorre spedire una formale intimazione di pagamento all’azienda, con la quale viene richiesto l’immediato pagamento del trattamento e con cui si precisa che, in mancanza, l’unica possibile strada sarà l’azione giudiziaria.
Laddove il datore di lavoro non versi il dovuto nemmeno dopo aver ricevuto l’intimazione, dovrai considerare di rivolgerti a un avvocato che procederà al recupero coattivo della cifra spettante.
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