Covid in Cina: cosa sta succedendo e perché interessa tutti

Chiara Esposito

1 Maggio 2022 - 18:47

Le ripercussioni globali della «politica Zero Covid»: ecco perché il governo cinese continua ad applicarla anche se mette in ginocchio l’economia mondiale.

Covid in Cina: cosa sta succedendo e perché interessa tutti

Occhi puntati su Pechino, la capitale della Cina sarò il banco di prova non solo per la «politica Zero Covid» del governo ma anche per l’equilibrio commerciale internazionale. Dopo gli avvenimenti di Shanghai, centro finanziario del Paese immobilizzato sul fronte del settore produttivo, si va verso una nuova ondata di contagi in altre zone del territorio asiatico. Il timore è che la politica d’isolamento che nelle prime fasi della pandemia aveva portato benefici, oggi finisca a causare danni per le filiere globali.

Le code infinite delle navi bloccate fuori dai porti e le fabbriche che oggi si trovano a ospitare i propri dipendenti 24/7 pur di tornare a produrre ai ritmi consueti sono segnali di un crinale pericoloso che il regime Covid Free sta assumendo all’interno dei confini nazionali. I risvolti di queste scelte però comprendo uno spettro ben più ampio. Fare il punto della situazione è quanto mai doveroso visto che le prime conseguenze del contenimento forzato asiatico si stanno riversando sul panorama economico italiano ed europeo.

Ripercussioni sull’Italia: come il lockdown cinese rischia di paralizzarci

Shanghai a causa delle misure di contenimento è andata in tilt e a risentirne saremo anche noi. Nel suo porto ci sono oltre 536 portacontainer, 409 “cargo” e 55 cisterne in coda che aspettano da giorni di attraccare. Il blocco delle linee produttive sta facendo inceppare le catene di fornitura. L’organizzazione logistica della grande città però non condiziona soltanto il contesto nazionale cinese poiché i suoi prodotti sono in molti settori i primi beni d’acquisto a cui ambiamo. L’Occidente ha con la Cina un flusso di import-export di 43 milioni di teu (container) ogni anno.

Anche questa è tra le concause dell’inflazione che si è abbattuta e si sta abbattendo su moltissimi Paesi EU. La crescita di questo parametro nell’ultimo periodo solo per l’Eurozona ha registrato valori vertiginosamente negati: a marzo 2022 si parlava del 7,5%.

Per chi cercasse una soluzione a questo problema l’unica prospettiva attualmente praticabile, seppur piuttosto dispendiosa in termini di tempo e risorse, è la diversificazione delle fonti di approvvigionamento di beni manifatturieri. Senza provare a spostarsi oltre la Cina, ha avvertito Agustín Carstens, capo della Bank for International Settlements, potrebbe instaurarsi un pericoloso circolo di ulteriori aumenti dei prezzi difficile da interrompere.

Perché il governo non inverte la rotta?

Davanti a tutto questo è impossibile non domandarsi come mai il governo non possa tornare sui suoi passi se il prezzo da pagare è molto più alto in termini di perdite economiche e benessere sociale rispetto al tasso di mortalità.

Il problema però è che questo non è un dato veritiero visto che a differenza di moltissimi paesi occidentali in cui la maggior parte della popolazione, speciale specialmente la fascia più anziana, è vaccinata con tre se non quattro dosi gli over 60 di Pechino e dintorni hanno un tasso bassissimo d’immunizzazione con vaccini autoctoni ben poco efficaci e, soprattutto, il problema tutto cinese della altissima densità di popolazione che rende più difficile arginare la circolazione del virus.

A questa serie di fattori che inanellano un problema dopo l’altro dobbiamo poi aggiungere la difficoltà più grande da superare che è la tenuta del sistema sanitario. Le misure di contenimento che in Occidente hanno previsto una serie di lockdown sono state disposte sin dallo scoppio della pandemia anche in tutta la Cina, ma con risultati diversi. Nel Paese infinitamente minore è stato infatti il rapporto fra insorgenza di casi e intervento medico. Se il personale sanitario di Stati come l’Italia si è infatti trovato a dover affrontare 2 anni ricchi di episodi sintomatologici gravi di coronavirus, gli omologhi cinesi non hanno la stessa esperienza e organizzazione alle spalle.

A tutto questo infine va aggiunto il problema strutturale del sistema assistenziale che è meno efficiente di quanto non si possa pensare e che oggi in realtà fa affidamento su capannoni nei quali vengono stipate migliaia di persone senza un’adeguata gestione sanitaria delle strutture. In poche parole senza «politica Zero covid» la Cina potrebbe rischiare veramente il collasso.

Nonostante possa sembrare una situazione già complicata a questo quadro si aggiunge l’ultimo tassello che esula dalla componente concreta per giungere al piano ideologico ovvero all’immagine politica che il presidente Xi Jinping deve preservare in vista della sua terza elezione a capo del Partito Comunista cinese. Sarebbe impensabile tornare adesso sui propri passi nonostante le violente e inconsuete proteste dei cittadini cinesi. La narrazione che deve essere fornita è quella di sicurezza e coerenza. Vengono quotidianamente cancellati da social migliaia di messaggi di dissenso e denuncia. Il virus può rappresentare una minaccia per l’amministrazione centrale anche dal punto di vista sociale.

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