Crisi banche: 2 rischi possono ancora travolgere mercati ed economia

Violetta Silvestri

27/03/2023

La turbolenza finanziaria è ancora nell’aria e con la crisi delle banche sullo sfondo ci sono ancora almeno 2 fattori di rischio da considerare, secondo gli analisti. Quali sono e perché temerli.

Crisi banche: 2 rischi possono ancora travolgere mercati ed economia

La vigilanza è massima con la crisi delle banche che resta sullo sfondo dei mercati.

Secondo alcuni analisti, ci sono all’orizzonte almeno 2 rischi di turbolenze per la finanza e l’economia globali che potrebbero concretizzarsi da un momento all’altro.

Il capo del Fondo monetario internazionale Kristalina Georgieva ha dichiarato domenica che le minacce per la stabilità finanziaria sono aumentate e ha chiesto un monitoraggio continuo, sebbene le azioni delle economie avanzate abbiano calmato lo stress della scorsa settimana.

Il FMI, comunque, ha insistito che il 2023 sarà un altro anno difficile, con una crescita globale che rallenterà al di sotto del 3% a causa degli strascichi della pandemia, della guerra in Ucraina e della stretta monetaria.

Anche con una prospettiva migliore per il 2024, il Pil del mondo rimarrà ben al di sotto della sua media storica del 3,8% e le prospettive generali rimangono deboli.

In questo quadro di avvertimenti, 2 fattori potrebbero essere sottovalutati in un contesto di crisi e fragilità bancaria. Quali sono e perché temerli.

1. Utili aziendali e azioni: il tracollo sta per arrivare?

Michael Wilson di Morgan Stanley – tra le voci ribassiste più rilevanti sulle azioni statunitensi – afferma che le turbolenze nel settore bancario hanno lasciato l’orientamento sugli utili troppo alto, facendo cadere i mercati azionari in una trappola dell’ottimismo. Forti ribassi degli asset rischiosi, infatti, potrebbero travolgere gli indici.

Il punto analizzato è il seguente: mentre la volatilità delle obbligazioni è aumentata quando gli investitori hanno scontato una potenziale recessione in seguito al crollo di una serie di istituti di credito regionali statunitensi, le azioni hanno recuperato le perdite grazie alle scommesse di intervento dei responsabili politici. L’S&P 500, per esempio, è sulla buona strada per guadagnare per il secondo trimestre consecutivo.

Tuttavia, l’attenzione si concentra ora sulla stagione degli utili del primo trimestre, che prende il via a metà aprile. Proprio gli utili, secondo Wilson, non hanno ancora toccato il fondo. Date le aspettative di una forte ripresa dei profitti aziendali nella seconda metà dell’anno, la minaccia ai margini derivante dall’inflazione elevata è ancora “sottovalutata”, ha aggiunto.

Gli indici azionari possono ancora andare incontro a una disfatta con risultati trimestrali deludenti, con potenziale e ulteriore stress sui mercati.

2. La stretta sul credito è il segnale della recessione

Lo stress nel settore bancario viene attentamente monitorato per il suo potenziale di innescare una stretta creditizia: questo è il secondo rischio che potrebbe esplodere come una nuova bomba di instabilità economica.

Le autorità di tutto il mondo sono in allerta per le ricadute delle recenti turbolenze nelle banche e le parole del presidente della Fed di Minneapolis, Neel Kashkari, sono palesi sull’allarme: “Ciò che non è chiaro per noi è quanto di questi stress bancari stiano portando a una stretta creditizia diffusa. Quella stretta creditizia ... rallenterebbe quindi l’economia”.

Nel frattempo in Europa, la Bce ritiene che il caos bancario possa tradursi in tassi di crescita e inflazione più bassi, come affermato dal vicepresidente Luis de Guindos.

Una recessione, quindi, potrebbe essere alle porte. L’improvviso aumento delle tensioni per le banche ha sollevato infatti dubbi sul fatto che Fed, Bce, BoE (e altre) continueranno a perseguire aumenti aggressivi dei tassi di interesse per cercare di ridurre l’inflazione e ha spinto alcuni a speculare su quando i tassi inizieranno a scendere.

Erik Nielsen, Group Chief Economics Advisor di UniCredit a Londra, ha affermato che le banche centrali non dovrebbero separare la politica monetaria dalla stabilità finanziaria in un momento di accresciuti timori che i problemi bancari possano portare a una diffusa crisi finanziaria.

Il punto, e il rischio, è chiaro: vulnerabilità e fallimenti bancari sommati a tassi di interesse sempre più elevati si tradurranno in un accesso al credito per consumatori e imprese molto limitato, per sfiducia nel sistema bancario e costi del denaro troppo alti. L’effetto non può che essere una recessione.

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