Il governo Scholz ha aperto a nuovi Eurobond per un piano europeo contro l’inflazione che risponda ai sussidi green negli Usa. L’Ue, intanto, preme sul governo Meloni per il sì alla riforma del Mes.
Un nuovo fondo europeo contro l’inflazione e il caro-energia. Dopo mesi di attesa e di pressing da parte dei Paesi del Sud Europa, finalmente la svolta potrebbe arrivare dopo l’apertura da parte della Germania. Il cancelliere Olaf Scholz, finora contrario a nuovi fondi sostenuti da debito comune sul modello di Recovery Fund e Sure, ha aperto a uno strumento europeo ad hoc, finanziato da Eurobond.
Il motivo? L’inflazione che non frena e il rischio che il pacchetto anti caro-prezzi approvato dagli Stati Uniti dia il colpo di grazia alle imprese europee, già schiacciate dal caro-bollette. Il governo italiano chiede un nuovo intervento sul modello degli stimoli europei varati dopo le prime ondate di Covid-19 fin dallo scoppio della guerra in Ucraina e ora Giorgia Meloni ha puntato il faro proprio sul piano anti-inflazione approvato da Joe Biden negli Usa.
Con l’ok da parte della Germania, visto il suo storico ruolo da ago della bilancia nelle decisioni Ue, qualcosa si potrebbe muovere, dando una mano al nostro esecutivo a prorogare oltre marzo gli aiuti contro il caro prezzi alle imprese, a partire da quelle energivore e più in difficoltà.
Ma per la svolta potrebbe essere decisivo l’ok alla riforma del Mes, su cui Meloni temporeggia e per cui Bruxelles preme, visto che l’Italia è sostanzialmente l’unico Paese Ue che ancora non ha approvato le modifiche (rimane in sospeso anche il voto della Croazia, che però è appena entrata nell’Eurozona).
Caro energia, perché la Germania ha cambiato idea sul nuovo fondo Ue
Non tanto quindi la sola crisi energetica, ma il perdurare dell’inflazione, assieme all’Inflation reduction act (Ira) del governo Biden hanno convinto la Germania a cambiare rotta sull’idea di un nuovo fondo europeo anti-crisi. Il piano americano prevede aiuti per 369 miliardi di dollari per lo sviluppo di tecnologie verdi, con sgravi legati alle energie green, le batterie rinnovabili e le automobili.
I cittadini americani potranno avere un bonus da 7.500 dollari per comprare un’auto elettrica nuova e da 4.500 dollari per una usata. Ma solo se sono veicoli statunitensi.
Il rischio, per le aziende europee, è un forte svantaggio competitivo, in un momento in cui i prezzi in Europa sono già più alti (visto che il Vecchio Continente, a differenza degli Usa, ha un’inflazione trainata per lo più dal caro-energia, che si sta ridimensionando molto lentamente).
Secondo il piano americano le aziende dell’Ue possono beneficiare di uno dei programmi di credito d’imposta per auto e moto green, ma per le cancellerie europee questo non basta. La Germania, in particolare, teme un contraccolpo pesante per il suo settore automotive, già in evidente difficoltà negli ultimi mesi.
Fondo Ue anti-inflazione, come può usarlo l’Italia?
Berlino, così, ha deciso di sostenere la proposta di modificare le attuali regole sugli aiuti di Stato, mettendo a disposizione più fondi, così che gli Stati membri con budget più limitati non vengano abbandonati. Per chi come l’Italia, tra debito pubblico altissimo e deficit portato ai massimi livelli contrattabili, ha pochi margini di intervento fiscale, potrebbe essere un bel vantaggio.
La Commissione europea può avere così il via libera per aumentare i fondi del Repower Eu e avviare un nuovo fondo europeo “di sovranità” per l’industria. L’Italia potrebbe quindi utilizzare il nuovo strumento per sussidi ad hoc alle imprese, a partire dai crediti d’imposta per le aziende più in difficoltà e quelle che più verrebbero colpite dagli effetti del piano americano.
Potrebbe poi essere valutata una nuova cassa integrazione straordinaria e scontata per alcuni settori in crisi (come: ceramica, legno, automotive, siderurgia e agricoltura). Se ne discuterà nel prossimo Consiglio europeo straordinario che si terrà a Bruxelles il 9 e 10 febbraio.
Lo scontro Italia-Ue sul Mes
In quell’occasione, se l’Italia non si sarà mossa prima, i partner europei ribadiranno a Meloni che serve il sì alla riforma del Mes. Approvare le modifiche al funzionamento del Meccanismo europeo di stabilità non significa chiedere un prestito, con condizioni da rispettare potenzialmente dannose, ma l’esecutivo non vuole comunque dare adito a un trattato che ritiene inutile e sbagliato.
Per questo Meloni ha incontrato i vertici del Mes, chiedendo di riformare lo strumento per renderlo più utile ed efficiente. Secondo la Commissione Ue e i partner dell’Eurogruppo, però, questa discussione non può iniziare prima che sia completata la ratifica della riforma.
In questo scenario è possibile che al governo italiano, che più di tutti potrebbe beneficiare del nuovo fondo, come è accaduto con il Recovery Fund, sia chiesto di accelerare sul Mes prima di dare il via libera a nuove iniziative comunitarie.
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