I deputati del M5s non partecipano al voto sul dl Aiuti e adesso la crisi di governo si fa più vicina: cosa può succedere nella settimana decisiva per l’esecutivo Draghi.
Sul dl Aiuti si consuma il primo strappo ufficiale tra il Movimento 5 Stelle e il resto della maggioranza che sostiene il governo Draghi. Il decreto, che stanzia più di 16 miliardi a favore di famiglie e imprese contro l’inflazione e il caro-energia, è stato approvato dalla Camera. I deputati, dopo aver dato il via libera alla fiducia lo scorso venerdì, hanno detto sì al testo (che ora passa al Senato) con 266 voti a favore e 47 contrari, ma senza l’apporto dei grillini. Unica eccezione il deputato Berti, in dissenso con la linea del gruppo parlamentare.
I parlamentari pentastellati, infatti, non hanno partecipato al voto, in polemica con il governo rispetto ad alcuni punti del decreto legge (principalmente il termovalorizzatore a Roma e la stretta sul Reddito di cittadinanza). Si conferma così la linea dura anticipata dal leader Giuseppe Conte, dopo la consegna a Draghi di un documento in nove punti con le richieste urgenti del Movimento al governo.
In campo rimane l’ultimatum dell’ex presidente del Consiglio: o arrivano risposte concrete entro luglio, a partire da segnali concreti sul salario minimo e il taglio del cuneo fiscale, o i 5 Stelle lasceranno l’esecutivo. Ma ancor prima della fine del mese a far tremare il governo è la scadenza per la conversione in legge del decreto: c’è tempo fino a giovedì per l’ok definitivo al Senato.
Crisi di governo, cosa può succedere questa settimana
Oramai è tardi per chiedere modifiche, che riporterebbero il testo indietro alla Camera, motivo per cui si ragiona su un nuovo Aventino parlamentare. Al Senato, però, il regolamento non prevede due voti: uno sulla fiducia al governo e l’altro nel merito sul testo. Si deve votare tutto insieme: sì o no sia al provvedimento che all’esecutivo.
Un dettaglio tecnico che può essere sostanziale, visto che non votare un disegno di legge o un decreto significa non condividerlo, mentre non dare la fiducia è un segnale politico molto forte, che potenzialmente può aprire la crisi di governo. Il pressing dei senatori pentastellati su Conte è forte: ok alla linea del penultimatum (tirare la cinghia senza romperla), ma senza arretrare con un sì alla fiducia che risulterebbe non coerente rispetto alle critiche delle ultime settimane.
M5s vs Draghi, la maggioranza chiede un chiarimento
Le altre forze di maggioranza commentano il non voto dei grillini alla Camera parlando di un gesto grave. Secondo i fuoriusciti di Insieme per il futuro, guidati dal ministro degli Esteri Di Maio, chi non ha approvato il dl Aiuti avrebbe “voltato le spalle agli italiani”, pensando “solo ai sondaggi” e agli “egoismi di partito”.
Ancora più dura Italia Viva, con il coordinatore nazionale Ettore Rosato che evoca un “Papeete bis”, paragonando l’operato di Conte con quanto fece Salvini per far cadere il governo nell’agosto del 2019. Ma, aggiunge, almeno quell’anno “non avevamo Covid, guerra in Ucraina e inflazione all’8%”. La collega di partito e sottosegretaria ai Trasporti, Teresa Bellanova, parla addirittura dei pentastellati come fuori dal perimetro di governo.
Anche gli alleati del Pd non risparmiano critiche al Movimento, con il senatore Andrea Marcucci che parla di una scelta pericolosa, aggiungendo che indebolire o mettere a rischio il governo in queste settimane “è da scellerati”. Marcucci allarga però la considerazione anche alla Lega, che seppur abbia votato sì al dl Aiuti, ha detto che d’ora in poi sosterrà solo i provvedimenti della maggioranza su cui è d’accordo.
Proprio il Carroccio, intanto, è partito all’attacco del Movimento, ribadendo quanto già detto da Silvio Berlusconi, che ha chiesto immediatamente, insieme a tutta Forza Italia, dei chiarimenti per verificare se la maggioranza di governo ci sia ancora. Risposte in tal senso potrebbero arrivare da una nuova telefonata o un nuovo incontro tra Conte e Draghi, atteso entro giovedì.
Con l’eventuale uscita dalla maggioranza del M5s, il governo avrebbe comunque i numeri per andare avanti sia alla Camera che al Senato, ma l’ex numero uno della Bce ha spiegato in modo chiaro che senza i grillini non c’è il governo.
Decreto Aiuti, i punti contestati dal Movimento 5 Stelle
Al M5s non piace che nel decreto Aiuti ci sia una stretta sul Reddito di cittadinanza. Si prevede infatti che le offerte congrue d’ora in poi possano essere proposte direttamente dai datori di lavoro privati. C’è poi il finanziamento per la costruzione di un termovalorizzatore a Roma, secondo il governo indispensabile per fronteggiare l’emergenza rifiuti nella Capitale.
In questo modo si va incontro alle richieste del sindaco Gualtieri, con la scelta contestata dall’ex prima cittadina grillina Raggi, convinta come tutto il Movimento romano che così si vada contro la transizione ecologica. Secondo il capogruppo pentastellato alla Camera, Davide Crippa, l’inceneritore a Roma è “inspiegabile”.
Ma non solo: i 5 Stelle avevano chiesto di rifinanziare il superbonus 110%, i cui fondi sono esauriti fino al 2026. Per ora, invece, il governo interverrà solo per sbloccare i crediti d’imposta tenuti fermi da alcune delle principali banche italiane, che hanno messo un freno alle procedure per i troppi titoli in pancia da smaltire negli anni con le detrazioni d’imposta.
I prossimi interventi del governo su salari e bollette
Ora la speranza dei grillini è che si possa arrivare al nuovo chiarimento Conte-Draghi con un segnale concreto del secondo a favore del Movimento. Domani il presidente del Consiglio vedrà i sindacati per parlare di lavoro: si discuterà di cuneo fiscale e salario minimo. Qualcosa potrebbe essere annunciato subito come prossimo intervento dell’esecutivo.
Contemporaneamente, come spiegato ieri dal sottosegretario Garofoli, si sta lavorando a un nuovo decreto contro il caro-energia e l’inflazione: anche lì potrebbe arrivare un segnale ai pentastellati, con lo stanziamento di risorse ingenti come chiesto negli ultimi giorni.
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