Strettamente associata al suo opposto, vale a dire l’inflazione, ecco una spiegazione su cos’è la deflazione, quali sono le cause, gli effetti e le soluzioni.
La deflazione indica la discesa generale dei prezzi di beni e servizi, ossia quando il tasso di inflazione diventa negativo e comporta un aumento del potere d’acquisto della moneta. La deflazione si verifica naturalmente quando viene manipolata l’offerta di moneta di un’economia. Non va confusa con la disinflazione, un semplice rallentamento del tasso di inflazione.
Si tratta di un fenomeno economico meno comune rispetto all’inflazione, ma può avere conseguenze significative sull’economia di un Paese e non solo, come dimostra cosa sta accadendo in Cina. Cerchiamo, quindi, di capire il concetto di deflazione, le differenze con l’inflazione, i rischi e le possibili conseguenze, nonché alcuni esempi storici per comprendere meglio questo processo.
Cos’è la deflazione: significato e definizione
La deflazione, come anticipato, si verifica quando i prezzi dei beni e dei servizi diminuiscono in modo generale e prolungato.
In altre parole, il potere d’acquisto del denaro aumenta, permettendo alle persone di acquistare di più con la stessa quantità di denaro. Questa dinamica è l’opposto dell’inflazione, in cui i prezzi tendono a crescere nel tempo.
Tecnicamente, la deflazione può essere definita come una riduzione sostenuta del livello generale dei prezzi in un’economia, spesso accompagnata da una riduzione della domanda di beni e servizi. È importante notare che la deflazione non si riferisce a un abbassamento temporaneo dei prezzi in singoli settori, ma a una tendenza sistematica su scala più ampia, che inficia sull’economia globale di una determinata area.
Sebbene al consumatore medio possa sembrare un’opportunità, In linea generale è corretto affermare che un’economia sana - nell’ambito di una crescita economica equilibrata e sostenibile - produce una leggera inflazione.
La differenza tra inflazione, deflazione e disinflazione
La differenza principale tra inflazione e deflazione riguarda il movimento dei prezzi:
quando c’è inflazione, il valore del denaro diminuisce, e occorre spendere di più per acquistare beni e servizi; nel caso della deflazione, invece, il valore del denaro aumenta e si può acquistare di più con la stessa somma.
Si tratta di due facce della stessa medaglia. La causa di questi fenomeni è legata all’equilibrio tra domanda e offerta di beni e servizi. L’inflazione può essere causata da un aumento della domanda o da una riduzione dell’offerta, mentre la deflazione è generalmente dovuta a una domanda debole, che porta a una sovrabbondanza di beni e servizi sul mercato.
Inflazione e deflazione vengono misurate in Italia dall’ISTAT, che monitora l’andamento dei prezzi di un certo numero di beni detto paniere. A livello europeo questi dati sono rilevati da Eurostat. La variazione misurata nei prezzi complessivi del paniere è chiamata indice di inflazione e può avere un valore positivo (inflazione) o negativo (deflazione).
Entrambe non sono da confondere con la disinflazione, la quale si verifica quando l’inflazione diminuisce, ma rimane comunque positiva. In altre parole, i prezzi continuano ad aumentare, ma a un ritmo più lento rispetto a prima. Ad esempio, se l’inflazione passa dal 5% al 3%, c’è disinflazione: i prezzi stanno ancora salendo, ma non così velocemente come prima.
Le cause della deflazione
Per definizione, la deflazione monetaria può essere causata solo da una diminuzione dell’offerta di moneta o di strumenti finanziari riscattabili in denaro. Nei tempi moderni, l’offerta di moneta è influenzata dalle banche centrali, come la BCE.
I periodi di deflazione si verificano più comunemente dopo lunghi periodi di espansione monetaria artificiale. Nei primi anni ’30 si è registrata per l’ultima volta una deflazione significativa all’interno dell’economia degli Stati Uniti. Il principale contributo a questo periodo deflazionistico è arrivato dal calo della massa monetaria a seguito di alcuni fallimenti bancari catastrofici. Altri Paesi, come il Giappone negli anni ’90, hanno invece sperimentato la deflazione nei tempi moderni.
La deflazione è causata da una serie di fattori, ma in gran parte si verifica a seguito di due eventi:
- un calo della domanda aggregata (spostamento verso sinistra nella curva della domanda aggregata);
- aumento della produttività.
Un calo della domanda aggregata in genere si traduce poi prezzi inferiori. Tra le cause di questo cambiamento troviamo la riduzione della spesa pubblica, il fallimento del mercato azionario, il desiderio dei consumatori di aumentare i risparmi e l’inasprimento delle politiche monetarie (ovvero maggiori tassi di interesse).
Per quanto riguarda la produttività, le aziende operano in modo più efficiente con l’avanzare della tecnologia. Questi miglioramenti operativi portano a minori costi di produzione e abbassamento dei costi trasferiti ai consumatori sotto forma di prezzi più bassi.
La deflazione dei prezzi attraverso l’aumento della produttività differisce in base a settori specifici. Ad esempio, consideriamo come l’aumento della produttività influisce sul settore tecnologico. Negli ultimi decenni, i miglioramenti tecnologici hanno portato a riduzioni significative del costo medio per gigabyte di dati. Nel 1980, il costo medio di un gigabyte di dati era di 437.500 dollari. Nel 2010, il costo medio era di tre centesimi. Questa riduzione fa sì che anche i prezzi dei prodotti fabbricati utilizzando tale tecnologia diminuiscano significativamente.
Gli effetti della deflazione
La deflazione è un problema decisamente più infido dell’inflazione: il calo generale dei prezzi potrebbe infatti apparire come una cosa buona, soprattutto dopo decenni di demonizzazione dell’inflazione.
In realtà, la deflazione innesca un circolo vizioso che si autoalimenta e che alla lunga fa male a tutti:
i prezzi in calo generano un’aspettativa di ulteriori cali futuri dei prezzi, questo porta i singoli individui a posticipare gli acquisti (ognuno pensa «se aspetto costerà meno») e la somma di queste aspettative generali comportano una diminuzione generale dei consumi. Per paradosso in una situazione in cui gli acquisti diventano più convenienti la gente non compra!
Un calo dei consumi comporta poi una ripercussione sulle imprese che vedono sia i margini che i fatturati diminuire e sono costrette a un certo punto a licenziare se non addirittura a chiudere: a questo punto abbiamo nuovi disoccupati che non avranno più un reddito da spendere in consumi dando così nuovo «carburante» al processo di distruzione dell’economia.
Un secondo effetto nefasto della deflazione riguarda i debiti: svalutando la moneta l’inflazione aiuta i debitori a rimborsare i loro debiti andando a diminuire in termini reali il valore da rimborsare, una sorta di «sconto» sull’interesse da pagare.
Se l’inflazione è troppo alta chi ci perde sono i creditori che vedono tornare indietro soldi ormai svalutati ma se l’inflazione è troppo bassa o addirittura negativa (deflazione, appunto) la situazione diventa insostenibile per i debitori che devono rimborsare capitali più «pesanti» in termini reali senza nessuno «sconto da inflazione» sul tasso di interesse e in un clima di depressione economica per il circolo vizioso che abbiamo descritto sopra: alla lunga anche questa situazione è pericolosa per i creditori che rischiano di non recuperare i loro soldi da debitori ridotti ad essere insolventi.
In seguito alla Grande Depressione, quando la deflazione monetaria ha coinciso con un’alta disoccupazione e l’aumento delle insolvenze, la maggior parte degli economisti riteneva che la deflazione fosse un fenomeno avverso. Così, la maggior parte delle banche centrali ha adeguato la politica monetaria permettendo dei forti aumenti dell’offerta di moneta, anche se causano un’inflazione cronica dei prezzi e incoraggiano i debitori a indebitarsi troppo.
Negli ultimi tempi, gli economisti sono stati impegnati a rivedere le vecchie interpretazioni sulla deflazione, specialmente dopo lo studio del 2004 di Andrew Atkeson e Patrick Kehoe. Dopo aver esaminato 17 Paesi in un arco temporale di 180 anni, Atkeson e Kehoe hanno trovato 65 episodi su 73 di deflazione senza crisi economica, mentre 21 periodi di depressioni economiche su 29 non hanno avuto deflazione.
Ad oggi esiste un’ampia varietà di opinioni sull’utilità della deflazione e della deflazione dei prezzi.
Deflazione, qualche caso storico per capire
Alcuni casi storici di deflazione - li abbiamo già citati - aiutano a comprendere meglio le dinamiche e i rischi di questo fenomeno. Il caso più noto è probabilmente quello degli Stati Uniti durante la Grande Depressione degli anni ’30. Durante questo periodo, una combinazione di crolli della domanda e della produzione portò a una deflazione prolungata, con prezzi che scesero del 10% all’anno tra il 1930 e il 1933. La deflazione aggravò la crisi, rendendo sempre più difficile per imprese e famiglie gestire i loro debiti, innescando fallimenti su larga scala e una profonda recessione.
Un altro esempio significativo è il Giappone degli anni ’90, che entrò in un periodo di deflazione cronica noto come la “decade perduta”. Dopo lo scoppio della bolla speculativa alla fine degli anni ’80, il Giappone ha vissuto decenni di crescita economica stagnante e deflazione persistente, nonostante gli sforzi delle autorità per stimolare l’economia. Questo caso dimostra quanto possa essere difficile uscire da una trappola deflazionistica una volta che si è instaurata.
Anche più recentemente, durante la crisi finanziaria globale del 2008, diverse economie hanno sperimentato brevi periodi di deflazione, causati dalla contrazione della domanda e dal calo dei prezzi delle materie prime. Senza dimenticare la Cina dei giorni nostri.
© RIPRODUZIONE RISERVATA