Alimenti e mantenimento non indicano lo stesso obbligo. I due doveri dipendono da requisiti differenti e sono determinati in maniera diversa. Ecco cosa c’è da sapere.
Nel parlare comune spesso si parla di “alimenti” per indicare l’assegno di mantenimento - e viceversa - anche se questi termini non sono affatto sinonimi. L’obbligo alimentare è prettamente assistenziale. Questo significa che viene determinato per consentire ai cittadini di far fronte alle esigenze primarie di vita quando ne sono impossibilitati, difatti serve anche ad alleggerire l’onere dello Stato nell’assistenza dei cittadini indigenti, a patto che vi siano familiari in grado di occuparsene. Gli alimenti sono infatti irrinunciabili.
L’assegno di mantenimento è invece un contributo periodico dovuto ai figli e/o all’ex coniuge che risponde al diritto-dovere di solidarietà e assistenza reciproca che caratterizza il nucleo familiare. Anche se per certi versi le due obbligazioni sono simili, si tratta dunque di due strumenti molto diversi. Le differenze tra alimenti e mantenimento non sono soltanto nei presupposti legali, ma intervengono anche nella quantificazione degli importi e nei requisiti richiesti ai beneficiari. Per questa ragione è bene conoscere cosa prevede la legge.
Beneficiari e obbligati
L’obbligo alimentare ricade sulle persone più vicine al beneficiario in stato di bisogno, seguendo un preciso ordine di priorità, secondo l’articolo 433 del Codice civile:
- il donatario (nel limite di importo della donazione);
- il coniuge;
- i figli e in loro mancanza i discendenti;
- i genitori e in loro mancanza gli ascendenti;
- i generi e le nuore;
- il suocero e la suocera;
- i fratelli e le sorelle anche unilaterali.
Si tratta di un ordine molto preciso, pertanto i soggetti nei posti inferiori sono richiamati all’obbligo soltanto in caso di assenza o impossibilità degli altri.
L’assegno di mantenimento è invece dovuto dal genitore nei confronti dei figli minorenni o maggiorenni ma non autosufficienti senza colpa. Il mantenimento può essere dovuto anche verso l’ex coniuge dopo la separazione - a patto che il beneficiario non abbia ricevuto l’addebito - e dopo il divorzio, prendendo in questo caso il nome di assegno divorzile (che ha ulteriori peculiarità rispetto all’assegno di mantenimento). Gli alimenti, invece, non dipendono dall’eventuale addebito della separazione.
I requisiti
Ha diritto agli alimenti soltanto chi versa in stato di bisogno in maniera incolpevole, tanto da non riuscire a provvedere autonomamente - perlomeno non in maniera soddisfacente - ai propri bisogni primari. In altre parole, gli alimenti rappresentano un contributo per le esigenze fondamentali - vitto, alloggio, cure mediche - e nulla più. L’assegno di mantenimento ha requisiti molto simili, in particolare per quanto riguarda l’assenza di colpa nella mancanza di autosufficienza (che è sempre tale per i figli minorenni o portatori di handicap).
L’assegno di mantenimento ha tuttavia anche una funzione perequativa, di conseguenza guarda a necessità più ampie rispetto a quelle primarie. Non è necessario che l’ex coniuge sia in difficoltà nell’acquisto di viveri e medicine, ma basta che non riesca a vivere in maniera decorosa rispetto al matrimonio, a patto che ciò sia correlato proprio alla separazione.
Gli importi
L’importo degli alimenti viene determinato nella misura più minima possibile, tenendo conto soltanto dei bisogni essenziali del beneficiario e comunque delle possibilità economiche del soggetto obbligato. Il mantenimento può invece assumere tutt’altra connotazione, raggiungendo anche cifre molto corpose. Per quanto riguarda i figli, soprattutto, i genitori sono obbligati a provvedere al meglio delle proprie capacità.
In altre parole, più un genitore guadagna più aumenta il mantenimento dovuto alla prole, che ha diritto non soltanto a fronteggiare i bisogni essenziali ma anche quelli accessori, quando possibile naturalmente. Per quanto riguarda il coniuge separato c’è ancora il criterio del tenore di vita, in misura meno larga come un passato ma non restrittiva come dopo il divorzio. Nella determinazione dell’importo del mantenimento si tiene comunque conto delle possibilità del soggetto obbligato e, più che del superato tenore di vita, della soddisfazione reddituale in base al contributo dato alla vita familiare.
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