È legale imporre un certo dress code al lavoro? Ecco che cosa stabilisce la legge, quali sono i poteri del datore di lavoro e che diritti hanno i dipendenti.
Un tempo il concetto di dress code sul luogo di lavoro era maggiormente diffuso e quasi ovvio per la maggior parte delle persone, tanto che non si sono resi necessari regolamenti troppo specifici a riguardo da parte dei datori di lavoro. Ad oggi, il sentire comune è molto diverso per un insieme di ragioni storiche e culturali e l’abbigliamento sul posto di lavoro non è considerato in modo così restrittivo, perlomeno dai dipendenti.
Dall’altra parte, però, i datori di lavoro iniziano a sentire l’esigenza di fornire regole più chiare, non solo per motivi di sicurezza ma anche per questioni differenti, come la comunicazione con la clientela e l’immagine aziendale. Ma è legale il dress code al lavoro?
È legale il dress code al lavoro?
Non si può genericamente catalogare l’obbligo di un determinato dress code al lavoro come legale o meno. Serve infatti distinguere da caso a caso, in particolare tenendo conto del tipo di abbigliamento richiesto e delle motivazioni alla base, ma è anche importante differenziare tra l’obbligo vero e proprio o il semplice invito rivolto ai lavoratori.
L’obbligo di divisa al lavoro
Riguardo al dress code, la divisa merita un’argomentazione specifica, dato che talvolta sono gli stessi contratti collettivi a imporne l’utilizzo per alcuni lavoratori. In genere, è perfettamente legittimo l’obbligo di indossare una divisa e dunque deve essere rispettato, naturalmente a patto che sia specificato dal contratto collettivo, dal regolamento aziendale o dal contratto del dipendente.
La divisa può essere imposta per ragioni di sicurezza, ad esempio per tutelare i lavoratori da eventuali rischi per la salute o anche semplicemente per preservare gli abiti personali dall’usura e dai danni. La divisa, però, può essere richiesta anche soltanto come simbolo di appartenenza aziendale, in modo da rendere facilmente distinguibili i dipendenti di una stessa azienda, magari anche con differenziazioni per ruoli o mansioni.
Il datore di lavoro può imporre un abbigliamento ai dipendenti?
Oltre al caso specifico della divisa, al datore di lavoro resta comunque la possibilità di chiedere ai suoi dipendenti il rispetto di alcune regole per quanto riguarda l’abbigliamento. In particolare, è legittima la richiesta del rispetto dell’igiene e del decoro.
Il concetto di abbigliamento decoroso, soprattutto al giorno d’oggi, è in effetti piuttosto elastico e rimanda al buon senso di ognuno. In linea generale, per abbigliamento decoroso si intende un vestiario pulito, non trascurato e che sia consono rispetto al luogo di lavoro e alla mansione esercitata. È ovvio che il concetto di abbigliamento decoroso assume connotazioni del tutto opposte, per esempio, tra un impiegato di banca e un personal trainer.
Eventuali capi di abbigliamento espressamente richiesti, però, devono essere specificati nel contratto firmato dal dipendente, che altrimenti può opporsi. Il datore di lavoro può comunque richiedere alcuni accorgimenti specifici, ad esempio evitare determinati capi o accessori, ma soltanto se motivati dagli interessi aziendali legittimi.
Ad esempio, può essere richiesto ai lavoratori a contatto con il pubblico di avere un abbigliamento formale, oppure a chi lavora in centri estetici di non indossare anelli che potrebbero ferire i clienti. In genere, si ammettono i limiti all’abbigliamento che rientrano nella sfera di competenza del datore di lavoro perché riguardano sicurezza, igiene e immagine aziendale o marketing, ma che non ledono i diritti del dipendente, compresa la sua dignità personale.
Si ricorda, infine, che trattandosi di una direttiva del datore di lavoro, il cosiddetto “tempo tuta” ovvero quello necessario a cambiarsi per indossare l’abbigliamento richiesto è compreso nell’orario di lavoro e dunque retribuito.
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Quando il dress code al lavoro non è legale
Il datore di lavoro non può arbitrariamente imporre ai dipendenti di vestirsi in un certo modo, soprattutto se viene richiesto un abbigliamento specifico e non vi è alcuna ragione meritevole alla base. Soprattutto, la richiesta di un certo dress code non deve associarsi a discriminazioni o lesioni dei diritti dei lavoratori.
Per esempio, la richiesta di un determinato dress code non può basarsi su discriminazioni per motivi di sesso, etnia o religione, altrimenti il datore di lavoro può essere citato in giudizio e condannato al pagamento di un risarcimento danni in favore del dipendente. Questo non significa, tuttavia, che non possano essere richiesti (o negati) capi di abbigliamento per così dire rappresentativi di una categoria, ma semplicemente che l’appartenenza a quella determinata categoria non può essere la motivazione.
Non può essere imposto a una dipendente donna di non indossare le gonne in modo ingiustificato, ma lo stesso divieto sarebbe legittimo se rispondesse a esigenze di sicurezza o svolgimento dell’attività lavorativa e così via. Si ricorda che, oltre alla causa civile, chi sente di aver subito una discriminazione di genere da parte del datore di lavoro può rivolgersi alle Consigliere di parità, presenti una per ogni Regione e dedicate proprio all’argomento delle pari opportunità.
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