Lo Stato Italiano può tenersi i soldi dei rimborsi fiscali spettanti dalle tasse pagate in eccesso? Vediamo cosa prevede la normativa del nostro Paese.
Lo Stato può tenersi i rimborsi fiscali? Solitamente quando i contribuenti versano più imposte del dovuto spetta un rimborso fiscale dal conguaglio della dichiarazione dei redditi. I casi in cui i rimborsi fiscali spettano quasi sempre sono quelli dei lavoratori dipendenti, visto che le imposte le versano mese dopo mese in busta paga (a trattenerle è il datore di lavoro, che poi le versa al Fisco). Siccome, però, l’Irpef trattenuta è quella lorda (quella che teoricamente si dovrebbe versare) e non tiene conto di detrazioni e deduzioni di imposta, molto spesso le trattenute sono più alte di quella che alla fine risulta essere l’Irpef netta dovuta.
Questo è uno dei motivi che nella stragrande maggioranza dei casi porta i lavoratori dipendenti a ricevere un rimborso dal conguaglio delle tasse in dichiarazione dei redditi. L’Irpef è stata versata durante l’anno, mese dopo mese, trattenuta in busta paga, ma nel frattempo il contribuente ha sostenuto spese mediche, ristrutturazioni, spese di istruzione per i figli e tutti quegli oneri che danno diritto a detrazioni (ovvero a uno sconto sull’Irpef).
Questo si traduce nel rimborso che si ottiene dalla presentazione della dichiarazione dei redditi annuali dove i contribuenti vedono tornare indietro la parte di tasse versate in più rispetto a quelle dovute. Se il contribuente ha debiti fiscali, però, lo Stato può trattenere il rimborso spettante per saldare il dovuto? Scopriamo cosa prevede la normativa al riguardo.
Lo Stato può prendersi il rimborso delle tasse?
In diversi Paesi è previsto che chi ha un debito fiscale perda il diritto a ricevere il rimborso delle tasse pagate in eccedenza. Non solo, lo Stato può trattenere i soldi del rimborso anche se il contribuente non versa assegni di mantenimento o non provvede a versare il risarcimento danni che deriva da procedimenti penali e civili.
Insomma se si hanno debiti il rimborso della dichiarazione dei redditi va perduto. In Italia, come funziona? Lo Stato può prendere i soldi delle tasse versate e non prevedere il rimborso dell’eccedenza?
Partiamo con il dire che questa tipologia di “recupero” è chiamata compensazione e la compensazione esiste anche in Italia. Come funziona? La compensazione altro non è che l’utilizzo del credito per pagar altre imposte o contributi e serve per ridurre o azzerare l’importo che il contribuente dovrebbe pagare.
In Italia, però, la compensazione fino allo scorso anno non era coatta, ovvero non poteva essere l’amministrazione a trattenere gli eventuali crediti per saldare altri debiti, ma deve farlo in autonomia il contribuente, utilizzando il modello F24. La brutta notizia è che la normativa è cambiata e che il decreto riscossione dello scorso anno ha rivoluzionato anche il diritto ai rimborsi.
Recupero automatico dello Stato sui crediti
Una norma che prevedeva il recupero dei debiti sui crediti del contribuente era stata prevista per la Legge Finanziaria 2022. L’obiettivo della norma era quella di dire definitivamente addio alle cartelle esattoriali utilizzando i crediti del 730 per saldare multe o altre tasse o imposte non versate.
C’è da sottolineare che in Italia la riscossione dei debiti e il rimborso dei crediti hanno sempre seguito strade diverse: l’introduzione di questa norma, però, avrebbe fatto in modo che le due vie si incontrassero permettendo al Fisco di recuperare il dovuto in automatico sugli eventuali crediti da rimborsare.
La Manovra del 2022, alla fine, non ha apportato cambiamenti alla modalità di riscuotere i debiti. Anche se i debitori hanno tirato un sospiro di sollievo, va sottolineato che quello che non è stato attuato nel 2022, è stato previsto dal cosiddetto decreto Riscossione (110/2024) pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 7 agosto 2024.
La compensazione volontaria è già prevista dall’articolo 28 ter del Testo Unico della Riscossione, ovvero la compensazione automatica tra i carichi pendenti e i crediti d’imposta maturati. L’articolo 28 ter in questione prevede che in caso di debiti pendenti iscritti al ruolo, se il contribuente ha diritto a rimborsi “l’agente della riscossione notifica all’interessato una proposta di compensazione tra il credito d’imposta e il debito iscritto a ruolo, sospendendo l’azione di recupero e invitando il debitore a comunicare entro sessanta giorni se intende accettare tale proposta.”
L’articolo 16 del decreto 110/2024, però, prevede che la compensazione volontaria sia limitata solo ai rimborsi con importo inferiore ai 500 euro. Per rimborsi di importo superiore e in presenza di cartelle e avvisi di pagamento non saldati di importo superiore ai 1.500 intervenga un blocco dei rimborsi fino al 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui il rimborso avrebbe dovuto essere erogato. In questo periodo i soldi restano a disposizione dell’agente di riscossione.
In Italia, quindi, c’è il recupero dei crediti coatto e lo Stato, di fatto, può decidere di appropriarsi dei rimborsi fiscali per compensare il pagamento di altre tasse, imposte o tributi.
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