Ogni elettrodomestico è coperto per 2 anni dalla garanzia legale che ne consente la riparazione o la sostituzione in caso di difetti. Ma cosa fare se non viene riparato nonostante la garanzia?
Quando acquistiamo un elettrodomestico presso un venditore professionista il prodotto è coperto da garanzia di conformità per un periodo minimo di 2 anni dalla consegna del bene.
Ciò è valido, più in generale, per ogni acquisto di beni di consumo, ossia per ogni acquisto avvenuto tra coloro che la legge definisce “consumatore” e “venditore”.
In particolare, è il Codice del consumo (Decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206) a stabilire che il venditore è sempre tenuto a garantire la conformità del prodotto al contratto di vendita.
Ciò significa che, quando l’elettrodomestico presenta guasti o malfunzionamenti entro i primi 2 anni dall’acquisto, è possibile chiedere direttamente al venditore la riparazione o la sostituzione in maniera del tutto gratuita.
Deve trattarsi, ovviamente, di guasti riconducibili a difetti di conformità, ossia a vizi che si presumono già esistenti al momento della vendita: sono esclusi da garanzia, quindi, tutti quei danneggiamenti del bene dovuti all’uso che ne ha fatto l’acquirente.
In caso di difetti di conformità, dunque, la legge prevede la possibilità per il consumatore di ricorrere a specifici rimedi, tra cui la riparazione o la sostituzione del prodotto.
Ma cosa fare se l’elettrodomestico non viene riparato (o sostituito) nonostante sia ancora in garanzia?
Vediamo di seguito le possibili soluzioni.
Garanzia elettrodomestico: indice
La garanzia sui beni di consumo
Gli elettrodomestici, al pari degli altri beni di consumo, sono coperti, dal momento dell’acquisto e per i 2 anni successivi, dalla garanzia legale di conformità.
Si tratta di uno strumento di tutela, attraverso il quale, in caso di difetti che si manifestano entro i primi 2 anni dalla vendita, il consumatore ha diritto a ottenere, in modo del tutto gratuito, la riparazione o la sostituzione del bene.
In altre parole, è ciò che succede quando, in caso di guasto, chiediamo al venditore che il prodotto (ad es., un frigorifero, un frullatore, un televisore, un PC, ecc.) venga inviato in assistenza perché ancora in garanzia.
In particolare, l’art. 133, comma 1 del Codice del consumo prevede che:
“Il venditore è responsabile nei confronti del consumatore di qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della consegna del bene […] e che si manifesta entro due anni da tale momento.”
Ciò significa che il venditore deve assicurare al consumatore la fornitura di un prodotto conforme alla descrizione fatta nel contratto e idoneo all’uso per il quale viene acquistato.
Più esattamente, il prodotto, per essere considerato conforme, deve possedere determinate caratteristiche espressamente indicate dalla legge (art. 129, Cod. cons.), quali, ad esempio:
- essere idoneo agli scopi per i quali si impiegano di norma beni dello stesso tipo;
- possedere la qualità e corrispondere alla descrizione di un campione o modello che il venditore ha eventualmente messo a disposizione del consumatore prima della conclusione del contratto;
- possedere le caratteristiche normalmente presenti in beni dello stesso tipo e che il consumatore può ragionevolmente aspettarsi anche in base alle dichiarazioni pubbliche fatte dal venditore, in particolare, nella pubblicità o nell’etichetta.
In cosa consiste la garanzia
In caso di non conformità del bene al contratto secondo i requisiti appena elencati, il venditore è considerato responsabile.
Come detto, però, deve trattarsi di un difetto di conformità, ovvero di un vizio che esisteva prima ancora della vendita al consumatore; non dipendente, quindi, dall’utilizzo successivo del bene.
A tal proposito, va precisato che il vizio del prodotto che si manifesta entro un anno dalla consegna si presume già esistente alla data di consegna: esso è automaticamente considerato come difetto di conformità fino a prova contraria.
Dunque, se l’elettrodomestico manifesta un guasto o un altro difetto nell’arco di un anno dalla vendita (o dalla consegna, nel caso della vendita a distanza), si presume che questo fosse già presente al momento dell’acquisto: sarà il venditore, in tal caso, a dover dimostrare il contrario.
Per riassumere, quindi:
- il bene acquistato dal consumatore è coperto da garanzia legale di conformità per almeno 2 anni dall’avvenuta consegna; in ogni caso,
- i difetti emersi entro un anno dall’acquisto si presumono a carico del venditore.
Quali rimedi in caso di difetti?
Una volta accertata l’esistenza della garanzia legale, vediamo in che modo può essere fatta valere nei confronti del venditore.
Se non sono ancora trascorsi 2 anni dall’acquisto del nostro elettrodomestico e ci accorgiamo che esso non funziona come dovrebbe o che non possiede le caratteristiche dichiarate dal venditore, possiamo rivolgerci direttamente a quest’ultimo per attivare i rimedi previsti dalla legge.
In particolare, è bene sapere che il consumatore può avere diritto (art. 135-bis, Cod. cons.):
- al ripristino della conformità, senza costi aggiuntivi o inconvenienti e in un tempo ragionevole;
- a ricevere una riduzione del prezzo proporzionale al minor valore del bene ricevuto;
- alla risoluzione del contratto.
Vediamo come funzionano questi rimedi nel dettaglio.
Il ripristino della conformità
È ciò che avviene nella maggior parte delle ipotesi in cui il prodotto è affidato dal venditore all’assistenza dietro richiesta dell’acquirente.
Nello specifico, il ripristino della conformità può avvenire in due modi, a scelta del consumatore, ovvero:
- attraverso la riparazione del prodotto; oppure
- tramite la sua sostituzione.
La scelta tra i due rimedi è tendenzialmente libera, purché quello prescelto non sia impossibile oppure non imponga al venditore costi sproporzionati considerate le seguenti circostanze:
- il valore che il bene avrebbe in assenza del difetto di conformità;
- l’entità del difetto di conformità; e
- la possibilità di esperire il rimedio alternativo senza notevoli inconvenienti per il consumatore.
Così, ad esempio, se a parità di risultato (ripristino della conformità senza notevoli inconvenienti), la riparazione del prodotto comporta, per il venditore, un costo inferiore oppure una procedura più semplice, il consumatore potrebbe non avere diritto alla sostituzione ma soltanto alla riparazione.
Come deve avvenire il ripristino
Abbiamo detto che il rispristino della conformità può avvenire tramite i rimedi, tra loro alternativi, della riparazione o della sostituzione.
Ma, più esattamente, in che modo deve attivarsi il venditore?
Una volta ricevuta la segnalazione da parte dell’acquirente, il Codice dispone che il venditore debba procedere alla riparazione o sostituzione (art. 135-ter, Cod. cons.):
- senza spese per il consumatore;
- entro un congruo periodo di tempo dal momento in cui il venditore è stato del difetto di conformità; infine,
- senza notevoli inconvenienti per il consumatore, tenuto conto della natura del bene e dello scopo per il quale il consumatore lo ha voluto.
Dal canto suo, il consumatore dovrà mettere a disposizione del venditore il prodotto difettoso; mentre, in caso di sostituzione, il venditore si farà carico dei costi necessari al suo ritiro.
Infine, il Codice prevede, sempre a carico del venditore:
- l’obbligo di farsi carico della rimozione del bene non conforme e dell’installazione del bene sostitutivo o riparato; in alternativa,
- l’obbligo di sostenere le spese di rimozione e installazione.
Al consumatore, inoltre, non potrà essere addebitato alcun costo per aver utilizzato normalmente il bene difettoso nel periodo precedente alla sua sostituzione.
Rimedi in caso di mancata riparazione o sostituzione
Esiste la possibilità che il venditore rifiuti di rendere conforme l’elettrodomestico nonostante la garanzia, ossia si rifiuti di ripararlo o sostituirlo.
Ciò gli è consentito quando:
- la riparazione e la sostituzione sono impossibili;
- i costi che egli dovrebbe sostenere sono sproporzionati, tenuto conto delle circostanze del caso.
Cosa fare in questo caso?
Ebbene, in simili condizioni, il consumatore può ancora avvalersi di altri rimedi, che consistono:
- nella riduzione proporzionale del prezzo rispetto al minor valore dovuto alla presenza del vizio;
- nella risoluzione del contratto, che comporta la restituzione del prodotto difettoso dietro rimborso del prezzo.
In particolare, la legge consente di avvalersi di tali rimedi quando:
- il venditore non ha effettuato la riparazione o la sostituzione con le modalità e nei termini previsti dalla legge (art. 135-ter, Cod. cons.) oppure ha rifiutato il ripristino della conformità per i motivi già visti (impossibilità o costo eccessivo dell’operazione);
- si manifesta comunque un difetto, nonostante il tentativo del venditore di ripristinare la conformità del bene;
- il difetto di conformità è talmente grave da giustificare l’immediata riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto di vendita; oppure
- il venditore ha dichiarato o risulta chiaramente dalle circostanze che non procederà al ripristino della conformità del bene entro un periodo ragionevole e senza notevoli inconvenienti per il consumatore.
In ogni caso, la risoluzione del contratto - ovvero la facoltà di sciogliere il contratto ottenendo il rimborso del prezzo dietro restituzione del bene - è esclusa quando il difetto di conformità sia di lieve entità: l’onere di dimostrare quest’ultima circostanza è, in ogni caso, a carico del venditore.
Come tutelarsi se il venditore non si attiva
Quando dichiariamo al venditore di volerci avvalere della garanzia di conformità non è sempre detto che egli si attivi, in modo spontaneo, con uno dei rimedi appena visti.
Come fare in questo caso?
Sarà necessario, per prima cosa, documentare l’acquisto tramite copia dello scontrino, valida anche come attestazione di garanzia.
Se il bene è stato consegnato successivamente all’acquisto, è bene documentare il giorno di avvenuta consegna; questo perché, nel caso delle vendite a distanza, come quelle effettuate su siti di e-commerce, il termine legale di 2 anni decorre dal giorno della consegna.
Andrà inoltre documentata l’esistenza del difetto lamentato, eventualmente, tramite fotografie.
Una volta reperita la documentazione necessaria, un primo passo utile è quello di inviare al venditore una comunicazione formale di reclamo, invitandolo ad attivarsi tempestivamente con uno dei rimedi previsti dalla legge.
È consigliabile effettuare tale adempimento tramite invio, presso la sede legale del venditore, di una lettera raccomandata a/r, pec o fax, in modo che si abbia prova dell’avvenuto ricevimento.
Se il venditore continua a rifiutarsi di intervenire (o se non risponde alla richiesta inviatagli), rimangono due principali strade da percorrere:
- la segnalazione della condotta illegittima all’AGCM (Autorità garante della Concorrenza e del Mercato);
- il ricorso al giudice ordinario (giudice di pace o tribunale, a seconda del valore della causa).
Quanto alla prima soluzione, è bene sapere che l’AGCM ha il compito di vigilare sul rispetto della normativa in materia di concorrenza tra imprese nonché di contrastare le pratiche commerciali scorrette o di pubblicità ingannevole ai danni dei consumatori.
Una volta adita dall’interessato, può imporre al venditore l’inibizione della pratica commerciale scorretta e l’eliminazione dei suoi effetti.
Infine, con il provvedimento che vieta la pratica commerciale scorretta, l’AGCM può irrogare sanzioni amministrative a carico del responsabile, che variano a seconda della gravità dell’infrazione accertata.
Quanto alla seconda strada, è possibile adire il giudice ordinario tramite l’assistenza di un legale per richiedere la condanna del venditore ad eseguire il ripristino della conformità, la riduzione del prezzo o, infine, per ottenere la risoluzione del contratto.
Occorre tuttavia sapere che l’azione in giudizio nei confronti del venditore per far valere la garanzia può essere avviata entro 26 mesi dalla consegna del bene, a meno che il difetto non sia stato dolosamente occultato (art. 133, comma 3, Cod. cons.).
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