Elezioni Midterm Usa, che succede se Biden perde? Le conseguenze di una vittoria dei repubblicani alle urne

Ilena D’Errico

07/11/2022

L’8 novembre si terranno le elezioni di midterm Usa; una vittoria, anche se parziale, dei repubblicani potrebbe compromettere il futuro di Joe Biden alla Casa bianca.

Elezioni Midterm Usa, che succede se Biden perde? Le conseguenze di una vittoria dei repubblicani alle urne

Domani, martedì 8 novembre, si svolgeranno le elezioni di midterm, nelle quali i cittadini americani sono chiamati a votare per il rinnovo del Senato e della Camera dei rappresentanti. Ciò significa che dopo domani la maggioranza di Senato e Camera, o comunque di una delle due, potrebbe non essere più democratica, ma repubblicana.

Ad assistere con preoccupazione al risultato delle elezioni è il presidente Joe Biden, il quale teme particolarmente le conseguenze di una vittoria dei repubblicani alle urne: dal supporto all’Ucraina alla ricandidatura di Donald Trump, sono tanti i temi sui cui il voto di domani potrebbe essere determinante.

Ricordiamo che le midterm 2022 operano come una sorta di valutazione riguardo all’operato del governo, in quanto si svolgono proprio a metà mandato, in questo caso dopo due anni dalla vittoria di Joe Biden. Una sconfitta rappresenterebbe un duro colpo, tant’è che complicherebbe il proseguo della sua avventura alla Casa bianca. D’altronde i repubblicani sono da tempo sul piede di guerra e il presidente è stato oggetto di varie accuse relative non solo al suo operato ma anche a possibili conflitti d’interesse rispetto agli affari familiari (in particolar modo in relazione alle indagini federali sul figlio Hunter).

Una vittoria alle urne, acquisendo la maggioranza alla Camera e (forse) al Senato, darebbe maggior potere al partito repubblicano che si dice pronto a colpire su più fronti, non escludendo neppure di portare il presidente a processo con l’accusa di impeachment.

Elezioni di midterm: che succede se Biden perde?

I sondaggi più recenti prevedono la vittoria del partito repubblicano almeno per quanto riguarda la Camera dei rappresentanti, mentre al Senato la situazione appare ancora in bilico e dovrebbe essere decisa per una manciata di voti negli Stati chiave.

Se questo scenario dovesse concretizzarsi la situazione per il presidente degli Stati Uniti ne risulterebbe decisamente compromessa.

Basti pensare che James Corner, un deputato repubblicano e possibile presidente della Commissione di vigilanza della Camera dei rappresentanti, ha affermato che Biden rappresenterebbe una minaccia internazionale qualora le sue azioni dovessero essere influenzate dagli affari familiari. Il motivo principale delle accuse è dovuto ai rapporti fra Hunter Biden, figlio del presidente Usa, e un conglomerato energetico cinese. I repubblicani sostengono infatti che il presidente sia stato condizionato da questo rapporto, nonostante un’inchiesta del Washington Post abbia smentito la questione.

Inoltre, se i repubblicani vincessero le elezioni di midterm ne seguirebbe una seconda indagine alla Camera, per la quale la Commissione giustizia ha già pronto un rapporto di circa 1.000 pagine che accusa la politicizzazione dell’Fbi e la corruzione interna al dipartimento di Giustizia. Nel dettaglio, le presunte colpe del presidente statunitense sarebbero:

  • Aumento artificiale delle effettive statistiche sul’estremismo violento interno.
  • Abuso delle unità anti-terrorismo, con riferimento alle indagini sui genitori che hanno discusso dei consigli scolastici.
  • Spionaggio dei cittadini, e in particolare delle persone collegate alla campagna elettorale di Donald Trump del 2016, attraverso le autorità di intelligence estera.
  • Licenziamento dei dipendenti dell’Fbi contrari all’agenda di sinistra.
  • Sottrazione di risorse all’applicazione della legge a causa della priorità data ai casi politici, in sfavore del campo penale.

L’autore di questo rapporto è Jim Jordan, che con tutta probabilità diventerà il prossimo presidente della commissione Giustizia, il quale è intenzionato a rendere gli ultimi due anni di mandato di Biden il più complicati possibile.

Il supporto di Biden all’Ucraina

Uno dei temi più caldi del dibattito fra democratici e repubblicani è il sostegno all’Ucraina, che questi ultimi intendono perlomeno limitare.

Le dichiarazioni di Kevin McCarthy, probabile speaker repubblicano della Camera, infatti, hanno lasciato intendere la volontà di bloccare i fondi stanziati sinora. Questa affermazione è stata ritrattata negli ultimi giorni, ma è stata confermata l’intenzione dei repubblicani di aumentare la supervisione degli aiuti militari, nonostante la Casa bianca abbia ammesso la difficoltà di tracciare l’utilizzo delle armi una volta superato il confine con l’Ucraina.

Tenendo conto di queste informazioni, appare più probabile il taglio dei fondi destinati agli aiuti non militari, tra cui quelli in favore delle Nazioni unite e dell’Usaid (Agenzia degli Stati Uniti per lo sviluppo internazionale).

Impeachment e la candidatura di Donald Trump

L’Ucraina è il soggetto centrale anche in una seconda vicenda, che coinvolge direttamente l’ex presidente Trump.
Quest’ultimo, infatti, aveva chiesto al presidente Zelensky d’indagare sui movimenti di Hunter Biden nel suo territorio, motivo per cui aveva subito un processo di impeachment, rivelatosi fallimentare. A questo proposito alcuni componenti del partito repubblicano hanno lasciato intendere apertamente l’intenzione di vendicarsi, sottoponendo l’attuale presidente allo stesso tipo di processo. Una vittoria repubblicana alle elezioni, quindi, potrebbe mettere il presidente Biden di fronte alla prospettiva di un processo ai suoi danni.

In secondo luogo, l’ex-presidente potrebbe risultare avvantaggiato da una vittoria repubblicana in vista della sua ricandidatura per le future elezioni del 2024, così come è emerso dai recenti comizi. Ricordiamo però che nel frattempo Donald Trump, dovrà guardarsi dalle indagini sul suo conto, visto che potrebbe anche essere incriminato dal procuratore generale a causa dei documenti riservati trovati nella sua residenza.

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