Per le prossime elezioni politiche i collegi di Camera e Senato sono stati ridisegnati in virtù del taglio dei parlamentari: sono tanti i big che rischiano la poltrona.
Le prossime elezioni politiche in Italia si decideranno nei collegi uninominali. Anche se ancora non è chiaro, specie nel centrosinistra, quale sarà lo scacchiere politico, gli esperti sembrerebbero essere convinti che sarà la parte maggioritaria della legge elettorale a essere determinante.
Come abbiamo imparato a conoscere già alle elezioni politiche del 2018, il Rosatellum è una legge elettorale che prevede il 61% dei parlamentari eletti con il sistema proporzionale e il 37% con quello maggioritario attraverso dei collegi uninominali. Il restante 2% è riservato al voto delle circoscrizioni Estero.
In virtù dell’entrata in vigore della riforma del taglio dei parlamentari, il prossimo 25 settembre saranno eletti 400 deputati e 200 senatori, circa un terzo in meno rispetto al passato. Una piccola “rivoluzione”che ha portato a una modifica della legge elettorale per armonizzare i collegi.
Elezioni politiche: come cambiano i collegi
La netta vittoria del Sì al referendum del 2020 sul taglio dei parlamentari, ha reso necessaria una profonda rivisitazione dei collegi previsti dalla legge Rosato, l’attuale sistema di voto in vigore meglio noto come il Rosatellum.
Per la Camera 245 deputati saranno eletti tramite 49 collegi plurinominali, mentre 147 attraverso gli altrettanti collegi uninominali. I restanti 8 seggi sono riservati alla circoscrizione Estero.
Al Senato invece saranno 26 i collegi plurinominali che andranno a eleggere in totale 122 senatori, i collegi uninominali saranno 74 con la circoscrizione Estero che potrà contare su 4 seggi.
Specie per il Senato, si tratta di collegi uninominali molto grandi con Regioni come Abruzzo, Molise, Valle d’Aosta, Umbria e Friuli Venezia Giulia, che con il maggioritario andranno a eleggere un solo senatore a testa.
Chi rischia di restare fuori
Nei collegi uninominali viene eletto il candidato capace di prendere anche un solo voto in più rispetto ai suoi avversari, mentre nella parte proporzionale della legge elettorale la soglia di sbarramento è del 3% per le liste e del 10% per le coalizioni.
Considerando i parlamentari in meno da eleggere e i mutati rapporti di forza tra i partiti che sono stati evidenziati dagli ultimi sondaggi, sono tanti i big della nostra politica che rischiano di non essere riconfermati in Parlamento.
Nel Movimento 5 Stelle se dovesse essere confermata la regola dei due mandati, nelle liste non ci potrebbe essere più posto tra i tanti anche per il presidente della Camera Roberto Fico, per il ministro Federico D’Incà, per gli ex ministri Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro e per la pasionaria Paola Taverna.
In bilico anche Luigi Di Maio, che di recente è uscito dal Movimento 5 Stelle dando vita a Insieme per il Futuro: il titolare della Farnesina potrebbe rientrare se la sua lista, che dovrebbe comprendere anche altre forze centiste, dovesse superare lo scoglio del 3%.
Discorso simile anche per Matteo Renzi e la fidata Maria Elena Boschi, che difficilmente ora che hanno fondato Italia Viva potranno contare su collegi “blindati” come avvenuto alle elezioni politiche del 2018.
Aria di rinnovamento poi nel Partito Democratico e in Forza Italia. Nei dem infatti si potrebbe assistere a una “purga” dei renziani rimasti, mentre tra gli azzurri i ministri Renato Brunetta, Mariastella Gelmini e Mara Carfagna, hanno fatto le valigie vista la sconfitta nel partito della linea governista in occasione della crisi politica che ha portato alle elezioni anticipate. I tre ora dovranno cercare una nuova collocazione politica: in ballo ci sarebbero Azione e Coraggio Italia.
Il quadro però sarà più chiaro il prossimo 22 agosto, termine entro il quale dovranno essere presentate le liste dei candidati nei vari collegi: visto il poco tempo a disposizione, i prossimi giorni saranno roventi in tutti i sensi per gli onorevoli a caccia di una riconferma in Parlamento.
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