Sono 20mila le donne “esodate” dopo la modifica di Opzione donna, con un’apposita associazione che protesta contro il governo Meloni e chiede il ritorno alla vecchia forma di pensione anticipata.
Sono circa 20mila e in molte già si definiscono nuove “esodate”. Sono le donne che non riusciranno più ad andare in pensione con la nuova Opzione donna. A protestare è in particolare il Comitato “Opzione Donna Social”, con 11mila iscritte, che chiede al governo misure immediate per ristabilire la vecchia uscita anticipata dal lavoro, senza penalizzare migliaia di persone.
In effetti l’esecutivo di Giorgia Meloni, dopo le polemiche per la stretta nella legge di Bilancio, ha promesso un confronto con le associazioni di categoria.
La ministra del Lavoro Marina Calderone, intanto, sta preparando un decreto con novità sui contratti precari e l’alternanza scuola-lavoro e lì potrebbe inserire anche una retromarcia su Opzione donna. Nulla, però, è ancora deciso e nel frattempo le donne escluse dal provvedimento gridano battaglia.
Come funziona Opzione donna nel 2023
Con la manovra i criteri per accedere a Opzione donna sono cambiati. Possono andare in pensione prima dei 67 anni previsti dalla legge Fornero:
- coloro che assistono, al momento della richiesta e da almeno sei mesi, il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità, ovvero un parente o un affine di secondo grado convivente qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i settanta anni di età oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti;
- le invalide almeno al 74%;
- le lavoratrici licenziate o dipendenti da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale presso la struttura per la crisi d’impresa.
Assieme a questi requisiti bisogna avere almeno 35 anni di contributi maturati. A quel punto si può andare in pensione anticipata a 60 anni. L’età può abbassarsi se si ha un figlio (a 59 anni) o due (a 58). Per tutte le donne coinvolte, poi, la pensione viene ricalcolata con il sistema contributivo e il taglio dell’assegno, rispetto a quello misto contributivo-retributivo, può arrivare anche al 30%.
Opzione donna, tornano gli esodati?
Fino alla fine del 2022, invece, le donne potevano andare in pensione a 58 anni (indipendentemente dal numero di figli) con il ricalcolo contributivo. La platea prevista dal governo per quest’anno è di circa 3mila persone coinvolte, per 21 milioni di euro impiegati. La Cgil prevede invece appena 870 uscite.
Si tratta quindi di più o meno 20mila pensionate in meno rispetto alla versione precedente (nel 2022 erano andate in pensione in questo modo 23.812 donne, con 111 milioni di euro spesi). Un primo presidio di protesta delle lavoratrici c’è stato lo scorso 19 gennaio davanti al ministero del Lavoro e probabilmente ora ci saranno nuove iniziative.
Per Orietta Armiliato, fondatrice di Opzione Donna Social, l’esecutivo ha “fatto cassa con Opzione donna, senza spiegarci perché, pur sapendo che si tratta di un anticipo che le donne si pagano da sole, rinunciando fino a un terzo dell’assegno con il ricalcolo contributivo”. Per questo l’associazione chiede di essere ricevuta il prima possibile dalla ministra Calderone, in attesa del suo prossimo decreto.
Pensioni, il gap di genere tra uomini e donne
In questo clima bollente l’Inps ha diffuso i dati sul gap di genere nelle pensioni. Le donne hanno assegni in media del 30% più bassi. La pensione di vecchiaia è a 754 euro medi, contro gli oltre 1.400 degli uomini.
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