Lavoro a tempo determinato, il piano del governo Meloni per favorire i contratti precari

Giacomo Andreoli

4 Gennaio 2023 - 12:15

L’esecutivo guidato da Giorgia Meloni starebbe lavorando a un decreto sul lavoro per eliminare le causali dai contratti a tempo determinato e aumentare, in alcuni casi, la loro durata fino a 36 mesi.

Lavoro a tempo determinato, il piano del governo Meloni per favorire i contratti precari

Dopo l’approvazione della legge di Bilancio e il via libera alle controverse nuove regole sulle Ong e i salvataggi in mare, il governo Meloni starebbe lavorando a un nuovo decreto sul lavoro. A rivelarlo è Il Messaggero, secondo cui l’obiettivo dell’esecutivo sarebbe allargare le maglie dei contratti a tempo determinato, eliminando del tutto le causali e allungando la durata massima di questa forma di lavoro precario.

Insomma, una vera e propria cancellazione del decreto Dignità, voluto dall’allora governo Conte I nel 2018 per volere dell’ex ministro Luigi Di Maio, ma passato con i voti decisivi della Lega, allora alleata del Movimento 5 Stelle e oggi al governo con il centrodestra.

L’idea del ministero del Lavoro, guidato da Marina Calderone, è rendere più facili le assunzioni, ma il rischio concreto è l’aumento della precarietà, già nettamente prevalente tra le forme di lavoro in Italia. Vediamo nel dettaglio cosa cambierebbe.

Contratti a tempo determinato, le regole in vigore

Ad oggi si possono assumere le persone con contratto a tempo determinato per massimo 12 mesi, senza alcuna causale, cioè non indicando il motivo del lavoro temporaneo. Dopo i 12 mesi, per prorogare lo stesso contratto di altri 12 mesi bisogna indicare le causali. Esauriti i 24 mesi non si può più procedere con la proroga del contratto a tempo, quindi o la persona viene assunta in modo stabile o non può più lavorare nell’azienda.

Il motivo da specificare per il nuovo contratto a tempo può essere: esigenze temporanee e oggettive estranee all’attività ordinaria, sostituzione di lavoratori, incrementi temporanei e significativi dell’attività. Queste clausole non valgono per il lavoro stagionale e per i contratti dei dirigenti, per cui non bisogna indicare causali.

Nel 2020 e nel 2021, a causa della pandemia da Covid-19, queste regole sono state sospese in via straordinaria. Quindi il governo Draghi, con il decreto Sostegni bis, aveva stabilito che oltre alle causali obbligatorie, potevano essere inserite delle altre per allungare i contratti a termine, ma dovevano essere individuate dalla contrattazione collettiva. La norma è stata valida fino allo scorso 30 settembre 2022 e non è stata rinnovata.

Lavoro a tempo determinato, il piano del governo Meloni

Il piano della ministra Calderone, con un decreto ad hoc da approvare entro la fine del mese, sarebbe quello di eliminare del tutto le causali nel periodo dei 24 mesi di durata massima del contratto a tempo determinato.

Questa stessa durata, poi, potrebbe essere allungata di altri 12 mesi, ma solo in base ad accordi inseriti nei contratti collettivi nazionali, territoriali e aziendali. Insomma, ci dovrà essere un’intesa caso per caso tra sindacati e datori di lavoro. Gli stessi contratti collettivi, poi, potrebbero poi anche stabilire che le causali devono applicarsi prima dei 24 mesi, ma la regola generale non dovrebbe più essere quella.

I sindacati: si favorisce la precarietà

L’ipotesi ha già trovato la piena contrarietà dei sindacati. Secondo la Cgil il governo vuole “liberalizzare il contratto a tempo dopo aver pure ripristinato i voucher, favorendo la precarietà”. Gli stessi rappresentanti dei lavoratori fanno notare come l’introduzione della causale da parte del decreto Dignità non abbia prodotto alcuno scossone nei dati sull’occupazione, favorendo invece, anche se in minima parte, la stabilizzazione dei contratti.

Decreto lavoro, meno informazioni al lavoratore?

Nel provvedimento, poi, ci dovrebbe essere spazio anche per una revisione di alcuni criteri introdotti dal decreto Trasparenza dell’ex ministro del lavoro Andrea Orlando (Pd), varato per recepire una direttiva europea. Verrebbero quindi ammorbiditi i vincoli informativi obbligatori quando si stipula un contratto.

Si tratta di informazioni su diritti e doveri, tra cui: congedi retribuiti, importo iniziale della retribuzione con le modalità di pagamento, previsione di prescrizioni minime come il periodo di prova, durata delle ferie e programmazione dell’orario di lavoro e possibilità per il lavoratore con un’anzianità di almeno sei mesi di chiedere la stabilizzazione.

Se l’azienda non fornisce queste informazioni al lavoratore in forma scritta può essere condannata al pagamento di una multa da 5mila euro al mese. Tuttavia consulenti del lavoro e aziende parlano di un importante aggravio burocratico. Per questo i vincoli potrebbero essere ridotti.

Come può cambiare Opzione donna

Lo stesso decreto, poi, potrebbe anche rivedere la stretta su Opzione donna varata con la legge di Bilancio. Si potrebbe quindi tornare alle vecchie regole, con qualche piccola modifica, per sei mesi, in attesa che arrivi la riforma complessiva del sistema pensionistico per superare la legge Fornero, a cui sta lavorando la stessa Calderone.

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