Presto dal Parlamento europeo il via libera alla strategia verde con il piano Fit for 55. Fra i temi in votazione nella plenaria di giugno anche il futuro del certificato Covid
Quella che prenderà il via lunedì 6 giugno sarà un’assemblea plenaria del Parlamento europeo di svolta per i cittadini.
Lo sono tutte in un modo o nell’altro, ma questa in arrivo si preannuncia dirimente per più di una questione.
Si affronteranno, infatti, aspetti relativi ad argomenti decisivi per i cittadini europei: ambiente, lavoro, controllo sanitario unito alla libertà di circolazione (alias, Certificato digitale Covid) e futuro democratico delle istituzioni europee.
I temi sono emersi dal briefing pre plenaria, organizzato dall’ufficio di rappresentanza del Parlamento europeo in Italia, a cui Money.it ha partecipato.
A Strasburgo si parlerà ovviamente della questione ucraina, come avviene ormai con regolarità anche da prima del 24 di febbraio, è infatti previsto un intervento del presidente del parlamento ucraino Ruslan Oleksiyovych Stefanchuk, degli effetti della guerra sui paesi terzi e dei relativi passaggi diplomatici.
Si celebreranno i 60 anni della politica agricola comunitaria, la PAC, simbolo dell’integrazione europea e sarà fatto il primo passo per una politica insulare europea (con il rapporto Isole dell’UE e politica di coesione), attesa in particolare da Sardegna e Sicilia.
Al centro dell’azione politica a Strasburgo ci sarà anche quanto emerso dalla “campagna d’ascolto” terminata da un mese con una relazione che ha raccolto 49 proposte e oltre 320 misure, quella conferenza permanente sul Futuro dell’Europa che ha rappresentato un vero processo dal basso che sta spingendo l’UE a diventare più emancipata.
Non a caso il premier irlandese Micheal Martin ne parlerà a Strasburgo, inserendosi in un processo politico che dovrebbe portare il Parlamento europeo a chiedere una revisione dei trattati.
I due punti pratici della plenaria del 6-9 giugno sono la questione ambientale, e il futuro del certificato digitale Covid.
Intanto domenica 5 giugno, in occasione della giornata mondiale dell’ambiente, parte la campagna di comunicazione del Parlamento europeo, Voglio un pianeta così (alla terza edizione).
Sportivi, cantanti, attori e testimonial green si mobiliteranno per sensibilizzare i cittadini verso comportamenti e stili di vita più sostenibili e rispettosi dell’ambiente.
Contestuale è la discussione, che prenderà il via martedì 7 giugno sulla questione ambientale: taglio di almeno il 55% delle emissioni entro il 2030 e neutralità climatica europea da raggiungersi entro il 2050.
Il piano Fit for 55
Nell’ambito del Green Deal europeo l’UE si è posta l’obiettivo vincolante di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, ossia gli attuali livelli di emissioni di gas serra devono azzerarsi nei prossimi decenni.
Come passo intermedio verso la neutralità climatica, l’UE ha elevato la sua ambizione climatica per il 2030, impegnandosi a ridurre le sue emissioni di almeno il 55% entro il 2030.
Il pacchetto Fit For 55 è dunque un insieme di proposte per rivedere e aggiornare le norme UE.
Il pacchetto di proposte in votazione a Strasburgo serve a garantire una transizione giusta e socialmente equa, mantenere e rafforzare l’innovazione e la competitività dell’industria europea assicurando nel contempo parità di condizioni rispetto agli operatori economici dei paesi terzi, fare dell’Europa una guida mondiale nella lotta ai cambiamenti climatici.
Il pacchetto Fit for 55 contempla modifiche al sistema di scambio di quote di emissione dell’UE (ETS, Emission Trading System) ampliando l’ambito di applicazione del sistema, includendo anche le emissioni del trasporto marittimo, eliminando l’assegnazione gratuita di quote di emissione al trasporto aereo e ai settori che devono essere coperti dal meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM), attuando il regime globale di compensazione e riduzione delle emissioni di carbonio del trasporto aereo internazionale (CORSIA), aumentando i finanziamenti disponibili a titolo del fondo per la modernizzazione e del fondo per l’innovazione.
Il pacchetto Fit for 55 comprende anche una revisione della direttiva sulla promozione delle energie rinnovabili e sull’efficienza energetica, la realizzazione di un’infrastruttura per la ricarica o il rifornimento di veicoli con combustibili alternativi e a fornire alimentazione elettrica alternativa alle navi nei porti e agli aeromobili in stazionamento. Si rivedono anche le norme sulle emissioni di CO2 per autovetture e furgoni.
Il meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM) serve a evitare, nel rispetto delle norme commerciali internazionali, che gli sforzi di riduzione delle emissioni dell’UE siano compensati da un aumento delle emissioni al di fuori dei suoi confini attraverso la delocalizzazione della produzione in paesi terzi (in cui le politiche adottate per combattere i cambiamenti climatici sono meno ambiziose di quelle dell’UE) o un aumento delle importazioni di prodotti ad alta intensità di carbonio.
Il parere dei parlamentari italiani
Secondo Alessandra Moretti, dei socialisti e democratici europei (che è anche in commissione Ambiente del Parlamento europeo) «il Fit for 55 è un’iniziativa che mira a rendere concerto l’obiettivo climatico: siamo l’unico continente al mondo a impegnarsi concretamente. Dobbiamo partire, lo faremo con un pacchetto competitivo. Imprese e clima devono stare dalla stessa parte».
Per Luisa Regimenti, del PPE, «l’ETS è lo strumento più importante della politica climatica, nei settori industriali a maggior impatto. Ridurre il potenziale inquinante europeo non basta se il mondo non segue. Anche il CBAM conta: non importa dove si produce, chi inquina deve pagare il meccanismo vale anche per chi inquina alle porte del mercato europeo. Cerchiamo però di evitare di penalizzare il sistema produttivo italiano. Temiamo che il combinato disposto ETS e CBAM possa risultare costoso per gli europei, mentre gli extra europei ne sarebbero avvantaggiati».
Per Ignazio Corrao dei Verdi il 55% non è sufficiente per limitare l’aumento del riscaldamento globale a 1,5 gradi. “Puntavamo almeno al 60%, ma tant’è. Abbiamo fatto un lavoro migliorativo rispetto alla proposta iniziale della commissione europea. Abbiamo trovato un’intesa, anche se alcuni resistono a tardare gli obiettivi”.
E se per Silvia Sardone di Identità e democrazia il Fit for 55 è irrealistico per le famiglie, causa di più tasse e fonte di disoccupazione (“la transizione al motore elettrico farà perdere 600mila posti di lavoro”), Laura Ferrara dei Non iscritti, ricorda come "la riforma degli ETS comporterà anche la fine dell’esenzione dalle quote per chi fa incenerimento rifiuti: dal 2026 le aziende di rifiuti dovranno acquistare crediti di emissione per compensare la CO2 che producono. Il che significa che l’Europa sta per scoraggiare l’incenerimento dei rifiuti, spingendo verso l’economica circolare”.
Quale futuro per il certificato Covid digitale dell’UE
Come ha detto Alessandra Moretti, «non dimentichiamo che la pandemia c’è ancora, non dobbiamo abbassare la guardia». Allo scopo mercoledì 8 giugno il Parlamento europeo voterà una relazione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) 2021/953 su un quadro per il rilascio, la verifica e l’accettazione di certificati interoperabili di vaccinazione, di test e di guarigione in relazione al COVID-19 (certificato COVID digitale dell’UE) per agevolare la libera circolazione delle persone durante la pandemia di COVID-19.
Come si legge nel testo del progetto di risoluzione legislativa, non si può escludere che dopo il 30 giugno 2022, data alla quale è fissata la scadenza del regolamento (UE) 2021/953, gli Stati membri continuino a richiedere ai cittadini dell’Unione che esercitano il diritto di libera circolazione di presentare la prova della vaccinazione, del test o della guarigione in relazione alla COVID-19.
È perciò importante evitare che, qualora dopo il 30 giugno 2022 siano ancora in vigore alcune restrizioni alla libera circolazione basate su considerazioni di salute pubblica, i cittadini dell’Unione e i loro familiari siano privati della possibilità di usare il certificato COVID digitale dell’UE, laddove richiesto dagli Stati membri per poter esercitare il diritto di libera circolazione, che rappresenta un modo efficace, sicuro e rispettoso della vita privata per dimostrare il proprio status in relazione alla COVID-19.
D’altra parte, dato che tutte le restrizioni alla libera circolazione delle persone all’interno dell’Unione attuate per limitare la diffusione del SARS-CoV-2, compreso l’obbligo di presentare un certificato COVID digitale dell’UE, dovrebbero essere revocate non appena la situazione epidemiologica lo consenta, la proroga dell’applicazione del regolamento (UE) 2021/953 dovrebbe essere limitata a 12 mesi.
Tuttavia, l’uso dei certificati COVID digitali dell’UE dovrebbe essere richiesto solo se strettamente necessario e proporzionato alla situazione epidemiologica e al relativo rischio per la salute pubblica.
Inoltre, la proroga di tale regolamento non dovrebbe essere intesa come un obbligo per gli Stati membri, in particolare quelli che revocano le misure interne di sanità pubblica, di mantenere o imporre restrizioni alla libera circolazione.
S legge sempre nel testo che l’eventuale necessità degli Stati membri di verificare i certificati COVID digitali dell’UE non dovrebbe giustificare l’introduzione temporanea di controlli alle frontiere interne. Dovrebbe essere parimenti esteso il potere di adottare atti conformemente all’articolo 290 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea delegato alla Commissione a norma del regolamento (UE) 2021/953.
È necessario garantire che il sistema del certificato COVID digitale dell’UE possa adattarsi alle nuove prove relative all’efficacia delle tecnologie sanitarie per la COVID-19 e ai progressi scientifici nel contenimento della pandemia di COVID-19.
Entro il 31 dicembre 2022 la Commissione europea dovrebbe presentare al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’applicazione del regolamento.
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