Cosa si rischia nel caso di movimenti di denaro sospetti in conto corrente? Ecco quando l’Agenzia delle entrate effettua accertamenti per evasione fiscale.
La Corte di Cassazione con l’Ordinanza 10817 del 24 aprile 2023 ha ribadito un importante principio alla base del nostro ordinamento: i movimenti in conto corrente rappresentano ricavi e costi occulti e possono essere alla base di accertamenti fiscali in quanto possono essere indice di evasione fiscale.
Vediamo a quali movimenti occorre prestare attenzione, quali sono esentasse e come fornire la prova all’Agenzia delle entrate della natura esentasse del movimento bancario o che lo stesso è stato sottoposto a tassazione separata e non rappresenta quindi evasione fiscale.
Evasione fiscale, quali movimenti sono sottoposti ad accertamenti fiscali?
È noto che l’Agenzia delle entrate può avere accesso ai movimenti del conto corrente.
Ciò che molti sottovalutano è il fatto che accertamenti e ispezioni non sono limitati al caso in cui vi siano movimenti di una certa entità, ma sono effettuati anche se vi sono movimenti di importi moderati, ma che possono essere indice di evasione fiscale per la loro frequenza, per la provenienza e per la tipologia di attività svolta dal contribuente.
Nei confronti di tali movimenti di denaro opera una presunzione legale, infatti se tali importi non sono indicati nelle dichiarazioni dei redditi e di conseguenza sfuggono a tassazione, essi sono assimilati a evasione fiscale e di conseguenza l’Agenzia delle entrate può fare accertamenti e applicazione sanzioni. Resta la facoltà per il contribuente di fornire prova contraria.
Questo è il concetto ribadito dall’Ordinanza 10817 della Corte di Cassazione del 2023.
I movimenti che possono portare a controlli dell’Agenzia e quindi che richiedono attenzione sono:
- bonifici;
- versamenti di contanti in conto corrente;
- troppi bonifici tra marito e moglie (soprattutto se di particolare rilevanza economica rispetto alle entrate dichiarate);
- bonifici periodici che possono nascondere lavoro in nero.
Versamenti esentasse che non devono essere dichiarati
L’articolo 33 del Dpr 600 del 1973 pone un punto fermo: tutti i versamenti in banca o i bonifici ricevuti si presumono essere reddito fino a prova contraria. Il contribuente ha quindi due possibilità:
- Dichiara tali proventi e quindi li sottopone a tassazione;
- non dichiara tali proventi dimostrando che si tratta di redditi esenti.
A questo punto occorre però capire quali sono i redditi esenti da tassazione e si può fare un breve elenco:
- proventi derivanti dalla vendita di beni usati (il classico abbigliamento usato venduto sulle piattaforme online ne possono essere un esempio, ma anche un’automobile o un mobile antico);
- i proventi dei giochi, questo perché trattasi di entrate sottoposte a tassazione separata e quindi non c’è evasione;
- donazioni ricevute dai parenti stretti, come il coniuge o i genitori;
- i rimborsi, ad esempio i rimborsi spese dei datori di lavoro, non si tratta infatti di vero reddito;
- risarcimenti del danno morale e di tutte quelle voci che non indennizzano la perdita di un reddito. A questo proposito occorre prestare attenzione perché se il risarcimento corrisponde a una perdita di reddito (lucro cessante) gli importi devono essere dichiarati e tassati.
Nei casi ora visti, il contribuente può dimostrare che i movimenti in conto corrente non corrispondono a ricavi e che di conseguenza non devono essere dichiarati/ tassati. Spetta però a costui fornire la dimostrazione.
Naturalmente è facile dimostrare che i proventi arrivano da una vincita al gioco legale conservandone la documentazione, può essere più difficile dimostrare la natura di altre elargizioni, proprio per questo è bene prestare attenzione nel momento in cui si predispone il bonifico. Ancora più difficile dimostrare l’origine di proventi versati in contanti in conto corrente.
Evasione fiscale, come fornire la prova contraria in caso di accertamenti fiscali
Si è detto che quando vi sono movimenti sospetti in conto corrente, tra cui anche versamenti in uscita e non solo in entrata, visto che questi sono parificati a costi occulti, opera una presunzione legale che gli stessi siano redditi/ricavi da tassare. Allo stesso tempo abbiamo detto che il contribuente può fornire prova contraria.
A suo favore opera però il principio della libertà dei mezzi di prova, il contribuente può quindi basare la sua difesa anche attraverso la presunzione semplice, non vi è quindi bisogno di prova scritta (anche se questa offre sicuramente maggiore certezza).
Resta però applicabile, come precisa l’Ordinanza 10817, il principio secondo cui in presenza di prove indiziarie il giudice può valutarle positivamente se le stesse sono precise, gravi e concordanti.
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