Ma la Germania ha il doppio degli occupati da remoto e ne aveva di più già nel 2019. Livelli di lavoro da casa più alti anche in Francia e Spagna.
Qualche anno fa era una sperimentazione riservata a pochi. Poi nel 2020 è diventato all’improvviso la regola per quasi un lavoratore su cinque, mentre oggi il lavoro a distanza, o smart working, se si preferisce usare lo pseudo anglicismo con cui è conosciuto in Italia, è cresciuto pur risultando ancora poco praticato. Soprattutto quando si fa un confronto con gli altri principali paesi europei.
Nel 2023 il 12% degli occupati italiani ha lavorato almeno parzialmente da casa, riuscendo a conciliare più agilmente i tempi della giornata, ottenendo più flessibilità e risparmiando tempo e denaro grazie agli spostamenti casa-lavoro evitati. Il dato emerge dal Rapporto Bes 2023 dell’Istat, secondo cui si tratta di «un valore molto più alto di quelli pre-pandemici» e che suggerisce come lo smart working possa «aver assunto carattere strutturale». Senz’altro qualcosa si è mosso, considerando il contesto italiano di partenza.
Fino al 2019 il lavoro da casa ha riguardato una fetta molto limitata di lavoratori italiani, di poco superiore al 5%. Nel marzo 2020 le restrizioni previste con la gestione della pandemia hanno portato a un repentino passaggio al lavoro da casa: nel secondo trimestre 2020 la quota di lavoratori che hanno lavorato da casa almeno un giorno a settimana è salita al 19,3%. Da pratica ristretta a pochi, il cosiddetto smart working è esploso all’improvviso per motivi di necessità, comportando anche qualche disagio tecnico e organizzativo, soprattutto per chi non ha avuto a disposizione spazi e mezzi adatti per ricavare in casa una postazione dove lavorare. [...]
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