Fa troppi straordinari, 10.000 euro di risarcimento al lavoratore “ingannato” dall’azienda

Ilena D’Errico

27/07/2024

Un lavoratore viene ingannato per fare molti straordinari senza essere pagato, ma poi ottiene un risarcimento da 10.000 euro. Ecco cosa è successo.

Fa troppi straordinari, 10.000 euro di risarcimento al lavoratore “ingannato” dall’azienda

Il mondo del lavoro può nascondere insidie e questo lo si è ben capito, ma sentire di un lavoratore ingannato dall’azienda tanto da ricevere un risarcimento da 10.000 euro per i troppi straordinari suscita ancora stupore. Diciamo subito, però, che non è successo in Italia, bensì in Irlanda, tanto che la vicenda ha visto l’intervento della Workplace relations commission.

La conclusione ha visto l’azienda costretta a pagare un risarcimento danni sostanzioso, anche se il tribunale ha respinto alcune pretese ulteriori. Ecco cosa è successo e quali sarebbero state le conseguenze per il datore di lavoro se fosse accaduto nel nostro paese.

10.000 euro di risarcimento al lavoratore ingannato con troppi straordinari

La protagonista di questa vicenda, Agnieszka Mialkowska, ha lavorato per un’azienda di logistica fino al licenziamento, avvenuto a gennaio 2022 a causa di un presunto calo di produttività. La lavoratrice ha invece raccontato di essere stata costretta a svolgere moltissime ore di straordinari per riuscire a ultimare il lavoro che le veniva assegnato.

Il regolare orario di lavoro precisato nel contratto di assunzione, in particolare dalle 08:30 alle 17:30, non era infatti sufficiente per compiere tutte le mansioni affidate dall’azienda, tanto da dover proseguire almeno fino alle 23:00 anche di sabato, secondo quanto riportato dall’ex impiegata. In particolare, quest’ultima doveva occuparsi della compilazione manuale dei report di vendita, visto che il software di gestione del trasporto merci non era aggiornato per l’attività di registro vendite.

Questa situazione era ben nota all’azienda di logistica che, come rilevato dall’avvocato della lavoratrice, non poteva ignorare che la procedura manuale richiedesse molto tempo extra. Nonostante ciò, il datore di lavoro provvedeva puntualmente all’assegnazione di compiti molto lunghi da svolgere, tra cui l’elaborazione di 800 fatture da completare in una sola giornata.

Ulteriore problema è che queste ore di lavoro in più, evidentemente note all’azienda, non venivano riconosciute economicamente e le pretese della lavoratrice messe a tacere con la promessa di una promozione. Le prove portate in giudizio hanno documentato che una settimana di lavoro media era composta da 48 ore per la ricorrente, la quale non è riuscita a provare tutte le ulteriori ore.

Sulla base della violazione dell’Organization of working time act del 1977 e in particolare dell’articolo 17, secondo cui l’orario di lavoro deve essere concordato tra le parti e gli straordinari debitamente comunicati con un certo preavviso, il tribunale ha riconosciuto un risarcimento di 10.000 euro alla lavoratrice. Non è invece stato riconosciuto il pagamento supplementare delle ore di lavoro straordinario, mancando previsioni di questo tipo nel contratto firmato dall’ex dipendente.

Cosa avrebbe rischiato in Italia questo datore di lavoro?

La vicenda appena descritta sarebbe potuta accadere anche in Italia, dove si sarebbe inevitabilmente conclusa in modo molto differente. Innanzitutto, il datore di lavoro che chiede al dipendente di svolgere più di 8 ore di straordinario rispetto all’orario base rischia una sanzione amministrativa. I parametri generali da tenere in considerazione sono 48 ore settimanali e 250 ore annue di lavoro massime, inclusi gli straordinari.

La legge prevede infatti una multa da 240 a 1.800 euro per il datore di lavoro che fa superare questo limite ai dipendenti, sanzione che aumenta se lo stesso meccanismo viene applicato per più lavoratori e in diversi periodi di riferimento.

In secondo luogo, il Codice civile italiano impone che gli straordinari siano pagati con una retribuzione aggiuntiva rispetto alla paga oraria di base, dunque il datore di lavoro avrebbe dovuto pagare per tutte le ore non riconosciute. Senza contare che la Corte di Cassazione riconosce diversi mezzi di prova per il lavoro straordinario, compresi i testimoni, le chat e registrazioni. In Italia il risarcimento del danno, purché dimostrabile, sarebbe in ogni caso ulteriore rispetto al pagamento di quanto dovuto a titolo di straordinario.

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