Facebook e Instagram nei guai, Frances Haugen ha accusato la società di Zuckerberg di aver allentato la sicurezza sulle fakenews per fare più soldi.
Guai per Facebook e Instagram dopo che l’ex dipendente Frances Haugen ha rivelato alcuni segreti sulla società di Mark Zuckerberg, innescando la crisi più grave dai tempi di Cambridge Analytics. In un’intervista a 60 Minutes sulla CSB, la ’gola profonda’ ha raccontato che i profitti sarebbero stati messi al di sopra della sicurezza degli utenti. La 37enne laureata a Harvard era stata assunta nel 2019 nella società di Zuckerberg
come ingegnere informatico addetta ai dati. Haugen ha spiegato di aver presentato denunce alla Sec, la Consob americana, accusando il social di aver nascosto le sue ricerche e i suoi studi agli investitori e al pubblico.
Il racconto di Haugen
Nell’intervista che sta facendo il giro dei social, l’ingegnere informatico ha spiegato di aver trovato in Facebook «il social peggiore in cui abbia mai lavorato» e di aver scelto di fornire al Wall Street Journal i documenti interni della società. Ha deciso di parlare perché a causa delle teorie complottiste diffuse su Facebook avrebbe perso una persona cara. Ecco le parole di Haugen: "Ho visto ripetutamente conflitti di interesse fra quello che era buono per il pubblico e quello per che era buono per Facebook. E Facebook ogni volta ha scelto quello che era meglio per i propri profitti. C’era un piano di sicurezza e di controlli sui messaggi d’odio e sulla disinformazione che apparivano su Facebook, ma dopo le elezioni presidenziali del 2020 qualcosa è cambiato. Gli algoritmi sarebbero cambiati e il sistema sarebbe diventato ’meno sicuro’. Dal quel momento la piattaforma social avrebbe allentato la censura dei messaggi d’odio e i contenuti che disinformavano sul risultato elettorale, finendo per favorire la diffusione dei messaggi sui presunti brogli».
Secondo Haugen, che oggi sarà al Congresso per una deposizione, la società di Zuckerberg non avrebbe cambiato gli algoritmi per rendere il sistema più sicuro, perché in questo modo la gente avrebbe speso meno tempo sui social, cliccando meno le inserzioni pubblicitarie. Insomma, secondo Haugen, «Facebook avrebbe preferito il profitto alla sicurezza».
L’assalto al Congresso del 6 gennaio
Secondo il racconto di Haugen, il social media aveva adottato sistemi di sicurezza per controllare la disinformazione prima delle elezioni presidenziali del 2020. Ma poi li avrebbe allentati dando priorità “alla crescita piuttosto che alla sicurezza”. E secondo la ’gola profonda’, proprio l’abbandono di questi sistemi di sicurezza sarebbe corresponsabile anche dell’assalto al Congresso del 6 gennaio scorso. “Avevano pensato - conclude Haugen - che se avessero cambiato gli algoritmi per rendere il sistema più sicuro, la gente avrebbe speso meno tempo sui social, avrebbero cliccato meno le inserzioni pubblicitarie e Facebook avrebbe fatto meno soldi".
La nota di Facebook
Facebook si è difeso con una nota in cui sostiene che «la compagnia continua a fare significativi miglioramenti per contrastare la diffusione di disinformazione e contenuti che possano danneggiare le persone. Sostenere che incoraggiamo i cattivi contenuti e non facciamo niente per fermarli non è vero».
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