Una falsa insegnante è stata scoperta dopo decenni di carriera. Confermato il licenziamento, ma non dovrà per ora restituire gli stipendi percepiti per quasi 1 milione di euro.
Di vicende giudiziarie bizzarre se ne leggono molte e fare chiarezza non è semplice, soprattutto quando le sentenze non appagano il senso di giustizia dei cittadini, al di là delle motivazioni giuridiche. Un esempio perfetto di questo meccanismo è la notizia della falsa insegnante portoghese, scoperta dopo un trentennio di carriera, che è stata licenziata ma non dovrà restituire il milione di euro ricevuto dallo Stato.
Il Portogallo è ancora in causa con la falsa professoressa di matematica, tentando di ricevere almeno un rimborso parziale delle somme sborsate dal ministero dell’Istruzione per il suo stipendio. Non è semplice capire cosa sia accaduto, anche perché la situazione potrebbe assumere una piega diversa in appello, ma i media portoghesi hanno diffuso alcune informazioni che aiutano a farsi un’idea sulla vicenda.
La falsa insegnante che ha ricevuto quasi 1 milione di euro
Pare che la falsa insegnante di matematica abbia insegnato per circa trent’anni nella stessa scuola portoghese, finché alcune segnalazioni anonime all’Ispettorato generale dell’educazione e della scienza hanno portato a controlli più approfonditi sui titoli della professoressa. È emerso che tutte le qualifiche, dalla laurea all’abilitazione all’insegnamento, sono state contraffatte. In altre parole la donna, che nel frattempo ha scritto manuali per gli studenti ancora in uso, non aveva alcun titolo per insegnare matematica.
L’accertamento avviato dall’ispettorato è stato concluso dalle autorità amministrative, che hanno verificato la violazione e pronunciato la legittimità del licenziamento, avvenuto nel 2023. Da questo punto in poi crescono i dubbi, soprattutto per quanto riguarda la motivazione per cui è stata respinta la richiesta di rimborso riguardante gli stipendi.
Bisogna intanto precisare che il guadagno totale della professoressa è stato indicato in poco meno di 1 milione di euro nel corso dell’intera carriera. La richiesta di rimborso rivolta al tribunale amministrativo ammonta però a circa 350mila euro, per via della prescrizione che impedisce di esigere i pagamenti indebiti erogati prima del 2003. Per il momento, sembra che l’insegnante non dovrà restituire nemmeno questa minima parte degli stipendi ricevuti perché il tribunale di primo grado ha ritenuto sufficiente il licenziamento come sanzione.
Restano comunque grossi interrogativi, che potrebbero svelarsi in futuro. Come anticipato, c’è stato un ricorso in appello che potrebbe ribaltare la situazione ma non è tutto. A carico della falsa insegnante si potrebbe aprire anche un procedimento penale, per via della denuncia di frode e appropriazione indebita. Con l’eventuale accertamento dei reati molto probabilmente ci sarà anche l’obbligo di restituzione delle somme percepite indebitamente, ma è presto per dirlo.
Sull’argomento è intervenuto anche un portavoce del ministero dell’Istruzione portoghese che sulle testate nazionali, in forma anonima, ha ribadito l’importanza della digitalizzazione dei dati per evitare questo tipo di inconvenienti, facilitati nello specifico dalla permanenza della professoressa nella stessa scuola per decenni.
E in Italia?
Anche in Italia non sono mancati casi simili, insegnanti che esercitavano la professione abusivamente e che sono stati processati dopo anni e anni di carriera. Così, anche per i finti professori italiani le somme percepite indebitamente dallo Stato sono lievitate fino a cifre da capogiro, ma per quanto se ne ha notizia sono sempre stati chiamati alla restituzione degli stipendi.
È il caso di un’insegnante abusiva di Como che ha ottenuto l’incarico presentato un titolo di studio falso, venendo condannata dalla Corte dei Conti alla restituzione delle somme percepite nel corso della carriera, per un totale di quasi 250mila euro. Storie simili si sono ripetute in tante scuole italiane, senza distinzioni territoriali, e come si apprende non sono una rarità nemmeno all’estero.
Si tratta inevitabilmente di un grosso disagio per il sistema scolastico, che influisce negativamente sulla formazione degli studenti, mettendo potenzialmente a rischio anche i traguardi ottenuti dagli alunni stessi. La soluzione proposta dal Portogallo, incentrata sull’ottimizzazione della digitalizzazione dei dati, sembrerebbe un passaggio fondamentale per limitare gli illeciti senza sovraccaricare eccessivamente gli istituti scolastici.
Naturalmente, anche in Italia questi comportamenti hanno rilevanza penale. Tra i reati contestabili, quello di Falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o altrui, punito dall’articolo 495 del Codice penale con la reclusione da 1 a 6 anni.
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