Finale 2022 più ottimista? L’economia mondiale spera su inflazione e dollaro

Violetta Silvestri

3 Dicembre 2022 - 13:21

La settimana appena conclusa ha lasciato piccoli segnali di ottimismo per l’economia globale: quali? Dall’inflazione Usa ed europea fino ai movimenti del dollaro, luci e ombre si alternano sul mondo.

Finale 2022 più ottimista? L’economia mondiale spera su inflazione e dollaro

Da dove ripartirà l’economia nel 2023? Lievi segnali di ottimismo sono emersi negli ultimi dati mcroeconomici, ma ombre restano sullo scenario globale.

In primo piano c’è ancora l’inflazione, con tutti i dubbi se abbia davvero raggiunto il picco e possa iniziare a rallentare la sua impennata. Alcuni spiragli sono arrivati anche dall’Europa, ma la Bce rimane diffidente e ci si aspetta ancora una politica aggressiva di tassi alti.

Poi lo sguardo degli analisti si è posato sui movimenti del dollaro, in frenata dai massimi: anche questo è un sospiro di sollievo per le economie del mondo? Come leggere gli ultimi avvenimenti economici in questo complesso finale di anno.

Inflazione rallenta, ma è presto per esultare

L’inflazione in tutto il mondo sta finalmente uscendo dal punto di maggiore picco, ma questo fornisce solo un po’ di conforto ai banchieri centrali globali che considerano le pressioni sui prezzi ancora troppo intense.

Negli Stati Uniti, la cosiddetta inflazione core, che esclude i prezzi di cibo ed energia, è aumentata di uno 0,2%, inferiore alle previsioni in ottobre rispetto al mese precedente. L’inflazione annuale della zona euro è rallentata a novembre al massimo dal 2020, ma è rimasta comunque elevata, al 10%.

Occorre segnalare che i datori di lavoro statunitensi hanno aggiunto più posti di lavoro del previsto e i salari sono aumentati di più in quasi un anno, indicando pressioni inflazionistiche durature che aumentano le possibilità di tassi di interesse più elevati da parte della Federal Reserve.

In Regno Unito, le aziende prevedono di aumentare i prezzi del 5,7% nei prossimi 12 mesi.

Inoltre, le fabbriche in Europa e in Asia hanno faticato a novembre a causa dell’indebolimento della domanda globale, ed è improbabile che la pressione si allenti nei prossimi mesi. I sondaggi aziendali di S&P Global hanno indicato una contrazione dell’attività e una prospettiva disastrosa in ampie parti di entrambe le regioni.

Dollaro perde quota

Dinanzi alla possibilità che negli Usa la Fed possa iniziare a rallentare il rialzo dei tassi, il dollaro si è indebolito.

Il calo del biglietto verde sulle altre principali valute è stato del 5% a novembre, con il maggior ribasso mensile dal settembre 2010. La sua forza è ancora rilevante, con un +10% sull’inizio dell’anno, ma il rallentamento è una buona notizia soprattutto per le nazioni emergenti.

Il biglietto verde ai massimi danneggia le economie già traballanti e che hanno alti debiti proprio in dollari. L’instabilità africana, per esempio, deriva a livello economico anche dall’impennata della valuta statunitense, che, tra le altre cose, spinge a disinvestirei dai fondi obbligazionari dei Paesi emergenti. “Dai quali nell’ultimo anno sono fuoriusciti ben 85 miliardi di dollari (il record di sempre). Un deflusso interrottosi nelle ultime settimane, proprio in virtù del calo del dollaro”, ha sottolineato un’analisi dell’Ispi.

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