Qual è la posizione dell’Italia nel conflitto israelo-palestinese? L’Italia storicamente è stato un Paese amico della Palestina, oggi invece qual è la sua posizione? Cosa è successo?
La tragedia del genocidio palestinese continua, macchiando di sangue la terra della Striscia di Gaza, il bilancio delle vittime uccise dai bombardamenti israeliani sale a circa 11.078, di cui 4.506 sono bambini.
Eppure, il Governo Meloni, pur esprimendo preoccupazione per la popolazione palestinese, si è deprecabilmente astenuto dal firmare la risoluzione per l’immediato cessate il fuoco dell’Onu del 28 ottobre, perché non sarebbe stato esplicitato il diritto all’“autodifesa di Israele” e la condanna ad Hamas.
E proprio soffermandoci sulla posizione che l’Italia ha assunto in questo genocidio, con l’evidente scollamento tra popolazione civile e Governo, e la copertura mediatica, emerge predominante una posizione islamofobica e filo-israeliana, con programmi televisivi che evidenziano sì il numero delle vittime di Gaza, ma dove spesso si accusa di anti-semitismo chi contesta le azioni di Israele degli ultimi 75 anni.
Esattamente come ha fatto lo stesso Stato di Israele chiedendo le dimissioni del segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, che avrebbe provato a contestualizzare storicamente l’attacco di Hamas. E come ha ricordato in questi giorni Ilan Pappè su L’Internazionale, non considerare le radici storiche del conflitto equivale a “confermare le politiche di occupazione della Palestina”.
Davanti alla tragedia in corso, ogni cittadino dovrebbe interrogarsi sull’operato del proprio Governo, a maggior ragione l’Italia, paese storicamente amico della Palestina. Cosa è cambiato quindi per far sì che l’Italia oggi sembri privilegiare un rapporto con Israele e non con la comunità palestinese? È opportuno sciogliere ogni dubbio. Di seguito tutto quello che serve sapere sulla posizione italiana nel conflitto israelo-palestinese.
Conflitto Israele-Palestina: Italia, paese politicamente amico della causa palestinese
Forse alcuni rimarranno sorpresi nel constatare che in passato, dalla metà degli anni ’60, l’Italia ha visto la Dc di Moro e Andreotti, il Pci di Berlinguer e il Psi di Craxi concordare nella posizione da assumere rispetto al conflitto israelo-palestinese, riconoscendo il diritto ai palestinesi di autodeterminarsi. Cerchiamo di riannodare le ragioni storico-politiche ed economiche
La posizione filoisraeliana del governo italiano cominciò a incrinarsi durante la Guerra dei sei giorni (1967), l’allora premier Aldo Moro insistette sull’equidistanza dal conflitto, sostenendo la necessità di trovare una soluzione negoziata al problema palestinese. Come spiegato da Luca Falciola in “Studenti senza terra: la diaspora palestinese in Italia, tra solidarietà, politica e violenza”, la Dc si attestava su una forma di neutralità, mentre il Pci e il Psiup rafforzavano la loro inclinazione pro-araba e anti-imperialista, vedendo Israele dominato dal sionismo e dal colonialismo. Negli anni ’70 il Pci e Fatah instaurarono un dialogo ufficiale.
Tale slittamento della politica italiana verso il campo arabo si accentuò sull’onda del conflitto dello Yom Kippur del 1973: mentre gli Stati Uniti enfatizzavano il proprio sostegno all’alleato, l’aggressività di Israele veniva allo scoperto, e l’allora ministro Esteri Moro tentò di mediare per raggiungere una soluzione, invocando un ruolo super partes della Comunità economica europea (Cee). Allora, spiega Falciola, tutti i paesi della Cee adottarono dichiarazioni “divergenti da quelle americane” soprattutto alla luce della crisi petrolifera degli anni ’70. E La progressiva moderazione dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp) incoraggiarono questo atteggiamento benevolo.
Si arrivò dunque al 1982 e alla guerra del Libano con l’arco parlamentare politico italiano “quasi unanimemente pro-palestinese”. Tuttavia bisogna anche considerare gli attentati terroristici del FPLP (Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina) in Europa nel tentativo di risvegliare le coscienze sulla questione palestinese. Ormai sembrerebbe confermato, infatti, il supposto patto segreto “lodo Moro” di non belligeranza tra lo Stato italiano e il FPLP, braccio armato dell’Olp. In tale contesto è impossibile dimenticare l’affare Sigonella (1985) quando i rapporti tra Italia-Stati Uniti raggiunsero picchi di massima tensione.
Ma perché l’Italia sostenne la Palestina? Le ragioni sono diverse. Alla base non ci sarebbero solo stati interessi economici per i giacimenti petroliferi - oggi in mano a Israele - per le materie prime e per i commerci, ma anche per ragioni politiche e ideali. Ci fu il tentativo in quegli anni di proporre l’Italia come paese guida nel Mediterraneo, inoltre era ormai stata sviluppata una sensibilità alla causa palestinese. un popolo che cercava di liberarsi, e ai soprusi a cui furono - e lo sono tutt’oggi - sottoposti dall’occupazione militare israeliana.
Guerra Israele-Palestina, la posizione dell’Italia oggi: cos’è cambiato?
Alla luce di quanto è emerso, è ragionevole domandarsi cosa sia cambiato per far sì che oggi la copertura mediatica e la posizione politica siano apertamente filo-israeliane. Le ragioni anche in questo caso sono sia di natura economica che politica.
Molto è cambiato con la scomparsa del leader dell’Olp Arafat, riconosciuto dalla comunità internazionale come interlocutore affidabile, nonostante i palestinesi abbiano denunciato la corruzione all’interno dell’Organizzazione. In mancanza di un’interlocutore affidabile, i palestinesi sono rimasti senza un vero rappresentate, e all’indomani delle elezioni politiche del 2006, la vittoria di Hamas ha complicato il quadro - ricordiamolo a differenza di quello che dicono i media Hamas non è l’Isis e chi dice il contrario non fa che alimentare una propaganda islamofobica in Europa, colpita dai duri attacchi di Daesh.
Tutto poi è cambiato a partire dalla metà degli anni ’90, con gli accordi di Oslo che migliorarono legittimamente i rapporti con Israele, in quanto sembrava essere vicina la pace tra i due stati, ma non solo. Come spiega Marco Carnelos su Limes, influì sulla posizione italiana “la lunga stagione dei governi presieduti da Silvio Berlusconi e la concomitante svolta centrista e neoliberal della sinistra italiana”.
Inoltre a modificare definitivamente i rapporti italiani ed europei con il mondo arabo è stata la politica statunitense dopo gli attentati del 2001 alle torri gemelle. Gli Stati Uniti da sempre videro in Israele l’alleato “democratico” in Medio Oriente. Bill Clinton attribuì il fallimento di Camp David al presidente dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) Yasser Arafat e come spiega l’esperto:
Questa narrazione – benché alquanto inaccurata – si è rapidamente affermata come la motivazione ufficiale per la mancata pace tra israeliani e palestinesi. Oltre a essere cavalcata da Israele e dai suoi sostenitori (incluso il centro-destra italiano), proprio perché veicolata da un presidente come Clinton [...] è stata sostanzialmente fatta propria, tranne poche eccezioni, anche dalla sinistra italiana.
Oltre ai rapporti italiani con gli Stati Uniti, deve aver influito sulla posizione filo-israeliana anche un certo interesse economico. Non può passare inosservato il fatto che in questi giorni il Governo israeliano abbia assegnato a sei società, tra cui il colosso italiano degli idrocarburi ENI, 12 nuove licenze per l’esplorazione del gas naturale al largo della costa mediterranea del suo Paese.
In ogni caso l’attuale genocidio che Israele sta compiendo, come sostenuto dagli esperti Onu, non può essere taciuto ed è fondamentale che la politica italiana prenda una posizione solida a riguardo. Purtroppo ciò che sembra mancare ai media e alla classe politica è la capacità di abbracciare la complessità di un conflitto così stratificato, guardando sì a chi ha mosso l’attacco il 7 ottobre, ma prendendo in considerazioni le ragioni storiche e soprattutto le atroci conseguenze: il genocidio palestinese. Un giorni i posteri, davanti a un simile quadro, potrebbero chiedere conto delle posizioni assunte dai “democratici” paesi occidentali, come l’Italia e l’Ue e gli Stati Uniti.
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