La guerra in Siria potrebbe mettere a rischio la partita finale di Champions League. Perché? Spostare la manifestazione sportiva da Instabul, dove è prevista il 30 maggio, ad un’altra città potrebbe essere un segnale contro la guerra. Scopriamo i motivi.
Mentre la guerra in Siria sta vivendo i suoi momenti più drammatici, arrivano indiscrezioni sulla finale di calcio della Uefa Champions League: sarebbe a rischio. Perchè? Quali legami ci sono con gli ultimi eventi nella Siria del Nord?
Calcio e politica internazionale si intrecciano. La finale della competizione calcistica è prevista per il 30 maggio a Istanbul. La Turchia di Erdogan, sotto i riflettori del mondo per l’attacco drammatico ed unilaterale al popolo curdo, potrebbe essere punita proprio in ambito calcistico.
La finale di Champions nella città turca è a rischio? Per ora ci sono solo proposte non ufficiali sull’opportunità di scegliere un altro stadio e, soprattutto, un’altra nazione, dove ospitare la prestigiosa partita.
Togliere un evento sportivo così importante - e di valore per le entrate economiche - ad uno Stato in guerra potrebbe riportare lo sport al suo ruolo di educazione alla convivenza pacifica. E privare Erdogan di uno strumento di esternazione politica, economica e culturale.
Anche se la finale di Champions appare lontana nel tempo rispetto alla guerra in corso, da più parti si chiede il boicottaggio di Istanbul. Anche dall’Italia. Scopriamo cosa sta succedendo.
La finale di Champions e la guerra in Siria: ci saranno conseguenze?
La finale di Champions League si giocherà il 30 maggio. Questa, per ora, resta l’unica certezza per la partita più attesa dell’anno in tutta Europa. La guerra in Siria, e soprattutto la decisione della Turchia di Erdogan di iniziare combattimenti contro i curdi, potrebbe avere anche conseguenze calcistiche.
Organizzazioni no-profit, tifosi di calcio, esponenti politici: diverse le voci che si sono levate contro la scelta dello stadio turco Ataturk per la finale di Champions, soprattutto attraverso il web. Proprio online è attiva una petizione promossa da Change.org.
Il ministro dello Sport italiano, Vincenzo Spadafora ha deciso di sposare la causa ed ha scritto una lettera al presidente UEFA, Alexander Ceferin. Sottolineando la gravità dei fatti che stanno coinvolgendo la Siria, con violazioni di diritti umani, uccisioni di civili e di attivisti, emergenze umanitarie e fuga di persone dalle proprie case, il ministro ha chiesto esplicitamente:
“di valutare se non sia inopportuno mantenere, ad Istanbul, la finale della Uefa Champions League in programma per il prossimo 30 maggio. Sappiamo bene che la drammaticità di quanto sta avvenendo in Siria non si risolverà con questo atto, ma siamo tutti consapevoli dell’importanza (politica, mediatica, economica, culturale) che riveste uno degli appuntamenti sportivi più importanti a livello mondiale.”
Per ora non ci sono posizioni o decisioni ufficiali al riguardo. Il vice presidente UEFA Michele Uva, ha rilasciato una dichiarazione piuttosto cauta, evidenziando quanto sia prematuro parlare di sanzioni di questo tipo.
Finale Champions a rischio: il valore del binomio calcio-politica in Turchia
L’idea di mettere a rischio la finale di Champions a Istanbul testimonia quanto sia importante il legame tra politica e sport, nello specifico il calcio. La Turchia, come altri Stati nella storia, ha spesso utilizzato partite di calcio e manifestazioni sportive di forte appeal sulla popolazione per dare sostegno alla politica governativa.
Con Erdogan saldamente al potere, lo stato turco ha investito molto in impianti sportivi nuovi, circa 1 miliardo di euro tra il 2009 e il 2017. Inoltre, il presidente turco ha anche fondato una propria squadra calcistica, sostenitrice palese del suo partito politico Akp.
Non sono mancate nemmeno in questo ambito le intimidazioni contro i curdi. Alcuni anni fa la Federazione calcistica turca ha multato una squadra di calcio curda per alcuni cori intonati durante una partita, considerati una propaganda ideologica del popolo curdo. Inoltre, su pressione di Erdogan, ha vietato al club di chiamarsi con un nome tipicamente curdo.
Nazionalismo ed ideologia si mescolano facilmente nel calcio turco. A testimoniarlo in questi giorni c’è stata l’immagine del saluto militare dei giocatori della nazionale turca. Il gesto sembrerebbe un palese appoggio ad Erdogan in questo momento politico così delicato.
La finale di Champions verrà considerata una sanzione per la Turchia?
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