La questione Hong Kong non è chiusa dopo l’approvazione della legge sulla sicurezza nazionale da parte della Cina. Gli attivisti pro-democrazia promettono battaglia: come? Con un Parlamento ombra dall’esilio.
A Hong Kong gli attivisti pro-democrazia fuggono ma non si arrendono alla Cina.
Sono giorni delicati e complessi nell’ex colonia britannica, dove ormai è entrata in vigore la controversa legge sulla sicurezza nazionale approvata da Pechino.
Se da una parte lo scenario a Hong Kong sta già cambiando sotto il controllo delle nuove disposizioni, con attivisti che scappano e movimenti pro-diritti che si sciolgono (come il gruppo Domosisto), dall’altra la voglia di lottare contro la repressione cinese non è affatto svanita.
Per questo, spunta il progetto di un Parlamento ombra gestito dagli attivisti in esilio, per mantenere alta la pressione su Pechino e sulle sue ingerenze.
Attivisti di Hong Kong avranno un loro Parlamento?
Gli attivisti pro-democrazia di Hong Kong stanno discutendo un piano per creare un Parlamento non ufficiale, cosiddetto “ombra”, mentre sono in esilio.
A comunicare il progetto all’agenzia stampa Reuters è stato l’attivista Simon Cheng. Cittadino di Hong Kong, ha lavorato per il consolato britannico nel territorio per quasi due anni fino a quando è fuggito dopo aver dichiarato di essere stato picchiato e torturato dalla polizia segreta cinese. Cheng da allora ha ottenuto l’asilo dalla Gran Bretagna.
Queste le sue parole:
“Un Parlamento ombra può inviare un segnale molto chiaro a Pechino e alle autorità di Hong Kong: la democrazia non deve essere in balia della Cina. Vogliamo creare gruppi civici non ufficiali che riflettano le opinioni del popolo di Hong Kong”
Non si hanno dettagli su dove potrebbe avere la sede questa istituzione parallela. L’intenzione del piano, però, è già chiara: trovare un modo alternativo per difendere la democrazia di Hong Kong e i diritti dei cittadini, senza nessun passo indietro a vantaggio di Pechino.
Cheng infatti, ha sottolineato che: “Dobbiamo essere intelligenti per affrontare l’espandersi del totalitarismo: stanno mostrando muscoli più potenti da sopprimere, quindi dobbiamo essere più sottili e agili”.
Il Parlamento ombra, quindi, come strumento democratico per far sentire la voce dissidente di un popolo in lotta contro la Cina, ma ora più timoroso a scendere in strada per esprimere contrarietà a Pechino e al Governo.
Hong Kong: o il silenzio, o la fuga
Gli attivisti non vogliono arrendersi al controllo di Pechino, anche se il clima è già cambiato a Hong Kong.
La polizia ha utilizzato gas lacrimogeni contro i manifestanti e ha arrestato più di 300 persone mercoledì 1° luglio, durante le proteste contro la legislazione sulla sicurezza appena introdotta dalla Cina.
Il noto attivista Nathan Law ha già fatto sapere di aver lasciato Hong Kong per scongiurare le pene previste dalle nuove misure di legge. Andare all’estero è l’unico modo per continuare a esprimere le sue opinioni in tema di diritti e libertà.
© RIPRODUZIONE RISERVATA