In prevalenza giovani e parte della forza lavoro del Paese, i migranti hanno contribuito negli ultimi anni a tenere vive aziende che altrimenti avrebbero chiuso secondo la ricerca condotta dalla Fondazione Leone Moressa
I migranti? Senza di loro, molte più aziende italiane avrebbero chiuso.
È quanto emerge da un’analisi effettuata dalla Fondazione Leone Moressa.
L’istituto veneziano - che si occupa in prevalenza di approfondire il rapporto tra immigrazione ed economia del Belpaese - ha infatti evidenziato la forte incidenza della popolazione straniera sull’andamento di imprese e società del territorio.
Molte di queste ultime - sottolinea la Fondazione diretta da Stefano Solari - sarebbero state impossibilitate ad andare avanti senza l’apporto della forza lavoro rappresentata dai migranti, specie durante la crisi che ha investito gli ultimi 10 anni.
Lo scorso giugno un’analisi sui dati di 15 Paesi UE aveva evidenziato l’impatto positivo dell’immigrazione sull’economia europea.
Migranti in Italia: età media bassa e grosso impatto sulla forza lavoro
Il fulcro del report si appoggia in prevalenza su un dato: l’età media degli stranieri che arrivano in Italia è bassa, molto più della media dei cittadini.
L’incidenza della popolazione che ha almeno 75 anni è infatti di 1 a 10 tra gli italiani e di 1 a 100 tra gli stranieri.
Elemento questo messo in luce anche da un più recente studio di Bankitalia, che sottolineava la capacità dei migranti di attenuare il contributo negativo dato dalla demografia alla crescita economica.
Di conseguenza - nota la Fondazione Leone Moressa - si tratta di persone che “incidono meno sulle spese previdenziali e su tutti i comparti del Welfare”.
Nel 2005 gli stranieri rappresentavano il 3,8% della popolazione, percentuale che è salita all’8,2% nel 2016 con circa 5 milioni di persone residenti in Italia di origine straniera.
Secondo le previsioni dell’Istat il dato, in costante aumento, raggiungerà il 13% nell’arco dei prossimi 10 anni.
Sempre stando ai più recenti dati pubblicati nel 2016, il saldo migratorio – ovvero la differenza tra arrivi e partenze di stranieri – è positivo nella misura maggiore soprattutto nei Paesi del nord Europa, dove il tasso di occupazione degli immigrati è molto alto, come il Regno Unito (70%) e la Germania (63%).
L’Italia è ben lontana da cifre simili sul fronte lavoro, ma il saldo migratorio si presenta comunque positivo.
Sebbene si sottolinei che in questo momento sono effettivamente poche le persone che trovano un impiego una volta arrivate sul territorio, il report specifica che una buona fetta di migranti è rappresentata anche dai familiari di chi si è stabilito precedentemente:
“Questo ovviamente è anche un segnale positivo, nel senso che chi è arrivato in Italia e ha trovato lavoro decide di radicarsi e stabilizzare la sua presenza”.
Il grafico mostra il saldo migratorio positivo dell’Italia, ovvero il segno più in relazione alla differenza tra arrivi e partenze di stranieri.
L’elaborazione è a cura della Fondazione Leone Moressa sulla base dei dati dell’Eurostat.
Partendo da queste cifre, che si focalizzano su una fascia temporale che va dal 2009 al 2013, la fondazione nota come all’aumento di lavoratori stranieri in un Paese corrisponda spesso il miglioramento dell’economia; tanto che, al 2013, si è attestato a 620.000 il numero di italiani che ha ricevuto la pensione grazie ai migranti secondo l’istituto.
Il contributo degli stranieri nel 2016 ha segnato 125 miliardi di euro, con un’incidenza maggiore nei settori della ristorazione e dell’edilizia e un riflesso importante anche per i servizi di assistenza familiare.
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