Il mercato obbligazionario: le basi per investire

David Pascucci

22/09/2022

Il mercato obbligazionario torna in auge con i rendimenti che sta offrendo. Ma come funziona?

Il mercato obbligazionario: le basi per investire

Un mercato lasciato un po’ in disparte negli ultimi anni vista la componente rendimenti veramente scarsa. La crisi in Europa, la bassa inflazione degli ultimi anni e l’enorme influenza delle banche centrali, hanno causato una vera e propria depressione di questo mercato che ora si trova invece al centro dell’attenzione di molti operatori per via delle possibilità che offre nel lungo periodo, con il ritorno dei rendimenti e di una certa volatilità che fa gola ai professionisti del trading di questo settore.

In questo articolo vediamo come funzionano le obbligazioni e facciamo un po’ di paragoni tra la situazione attuale e la storia recente degli ultimi 10 anni di questo mercato che proprio ora ritorna a essere protagonista di decisioni di investimento nel lungo periodo

Obbligazioni, cosa sono e a cosa servono

Quando sentiamo parlare di obbligazioni, non ci può che venire in mente il famoso titolo di Stato, sia esso a 1 anno (il famigerato Bot) o i titoli pluriennali detti anche Btp (Buoni del tesoro poliennali), ma cosa sono? In sostanza, lo dice la parola stessa, un’obbligazione è un titolo di credito dove il creditore (noi) prestiamo dei soldi a un futuro debitore (in questo caso lo Stato) che è appunto obbligato a darci periodicamente un tasso di interesse, un rendimento (detto “cedola”) e a restituirci il capitale prestato alla scadenza del contratto. Per fare un esempio molto semplice, ipotizziamo l’esistenza di un titolo di Stato a 5 anni con rendimento del 3%.

Significa che, comprando il titolo in questione, lo Stato dovrà riconoscerci il 3% all’anno per 5 anni per poi restituirci tutto il capitale investito alla fine dei 5 anni, un meccanismo molto semplice. Questi titoli sono, almeno a livello pratico, come dei prestiti, in questo caso lo Stato si finanzia per 5 anni e ci riconosce una percentuale per questo prestito, così come avviene con i prestiti tra istituti di credito e debitori, anche se con modalità ovviamente diverse. A livello concettuale il principio rimane lo stesso, il principio economico secondo cui un capitale dato a prestito in un determinato periodo di tempo dovrà avere un rendimento dovuto principalmente alla rivalutazione dei prezzi, quella che oggi chiamiamo inflazione.

Senza apparentemente volerlo, abbiamo già detto qual è il primo fattore che incide sul rendimento dei titoli di Stato, ossia l’inflazione. Da notare bene che l’inflazione non è fattore decisivo nel rendimento dei soli titoli di Stato ma di tutti gli asset finanziari quotati, quindi attenzione a isolare questo fattore al solo mercato obbligazionario. Le obbligazioni servono quindi a finanziare chi “emette” queste obbligazioni e giustamente l’emittente dovrà riconoscere un “premio al rischio”, ossia un rendimento, a chi presta soldi. Un meccanismo primordiale che è la base degli investimenti e della crescita economico-finanziaria di ogni singolo Stato.

Obbligazioni come investimento

In estrema sintesi, le obbligazioni sono viste come uno degli strumenti con il minor rischio, il tutto è dovuto principalmente al rischio dell’emittente. Inoltre, il rischio dell’emittente è anche rappresentato in parte dal rendimento che offre, in quanto più l’emittente offre rendimento, più è bisognoso di denaro e tanto più, per definizione, risulta rischioso. Prendiamo dei casi reali per capire meglio quanto detto: fino a qualche tempo fa si parlava di spread Btp-Bund, dove il Bund è il titolo decennale della Germania, il paese più virtuoso in Europa.

Come mai lo spread (il differenziale di rendimento) si calcolava proprio sui Bund? Semplice, perché il rendimento dei Bund era prossimo allo 0%, in pratica avere dei Bund era come avere dei soldi in una cassaforte, appunto non c’era rischio e se non c’è rischio non c’è rendimento. E se prendessimo invece dei titoli di Stato del Venezuela? Il rendimento del decennale di questi titoli è circa il 45%, un rendimento folle che paradossalmente in pochi comprano per via dell’altissimo rischio paese. Questi due esempi estremi sono utili per farvi capire l’associazione tra rischio e rendimento.

A livello di investimenti la verità sta ovviamente nel mezzo, ossia comprare titoli con rendimenti prossimi allo 0% potrebbe essere una scelta poco saggia, così come poco saggio è comprare titoli ad altissimo rischio, la scelta migliore consiste nel considerare un buon compromesso tra rischio e rendimento, ossia titoli di paese virtuosi che offrono un rendimento accettabile per il nostro portafoglio di investimento. Ma visti gli esempi, sorge spontanea una domanda: Come mai i titoli di Stato possono arrivare allo 0%? Vediamo un po’ di storia recente

Titoli di Stato, la storia recente degli ultimi anni

Abbiamo sentito parlare per anni di spread Btp-Bund, ossia la differenza di rendimento tra titoli di Stato decennali italiani e tedeschi, una misura molto approssimativa per non dire sensazionalistica del rischio paese. Nel periodo post crisi dei sub-prime, dal 2009 in poi, abbiamo visto una crisi di liquidità, ossia una carenza di denaro nel sistema che avrebbe portato alla rovina imprese e Stati. In questo contesto la Bce doveva assolutamente rimediare al danno proveniente dagli Usa e si è trovata a dover immettere liquidità in modo forzato e nell’immediato.

L’idea è stata quella di comprare molti titoli di Stato affinché i governi potessero ritrovarsi con molta liquidità, in sostanza ha immesso liquidità nel sistema finanziario comprando titoli di Stato per anni, drogando le quotazioni dei questi titoli che hanno poi visto l’offerta di rendimenti ridicoli come nel caso della Germania, la quale si è ritrovata con titoli di Stato che offrivano addirittura rendimenti negativi. In pratica la Bce, comprando titoli, ha alzato il prezzo degli stessi e allo stesso ha diminuito di netto la percezione del rischio che era diventato pressoché nullo visto che la banca centrale ne risultava il primo acquirente e creditore.

In sostanza, comprare titoli di Stato in quel contesto risultava inutile e pertanto gli investitori hanno optato per comprare solamente titoli azionari, drogando le borse mondiali fino all’arrivo dei “nodi al pettine” che stiamo vedendo dagli ultimi mesi a questa parte. Ora che la percezione del rischio è aumentata, aumentano anche i rendimenti dei titoli di Stato. Vi ricordate l’inflazione di cui parlavamo prima? L’inflazione nel periodo dal 2010 al 2020 risultava quasi zero o prossima a quel livello.

Il ruolo dell’inflazione nei rendimenti

Questa regola vale non solo per le obbligazioni ma anche per tutti gli altri assets finanziari. L’inflazione riduce i rendimenti, anno per anno. Facciamo subito un esempio semplice: Ipotizziamo che l’inflazione sia dell’8% e che un titolo di Stato a scadenza 1 anno renda il 3%. Per ottenere il rendimento reale di un investimento basta sottrarre l’inflazione al rendimento dell’obbligazione, in questo caso sottrarre l’8% dell’inflazione al rendimento del 3%. Ne risulta che il rendimento reale sarà del -5%. Conviene? Assolutamente no.

Ma se i nostri soldi rimangono fermi? A quel punto avremmo un rendimento reale del -8%, ossia subiremmo totalmente l’inflazione. Vista in quest’altro modo conviene comprare titoli di Stato giusto? La risposta come sempre è “dipende”. Dipende sempre dalle esigenze dell’investitore, se vuole rendimento comprerà titoli di una certa scadenza, se ha bisogno di liquidità evita di investire e se invece vuole evitare di subire tutta l’inflazione comprerà altre scadenze.

Alcune delucidazioni

In questo articolo si è parlato in modo semplice ma allo stesso tempo non esaustivo in quanto si è parlato sempre di portare “a scadenza” l’obbligazione. Abbiamo spiegato il ruolo più semplice di un obbligazione senza parlare del fatto che le obbligazioni hanno un prezzo, che possiamo vendere le obbligazioni quando vogliamo e a volte è possibile guadagnare sulle differenze di prezzo nel tempo, come se stessimo facendo trading.

Non abbiamo parlato del fatto che esistono anche obbligazioni “corporate” ossia di aziende private e che i rendimenti delle obbligazioni seguono una curva detta “curva dei rendimenti”. Quello che abbiamo visto è un’infarinatura del concetto di obbligazione come la conosciamo e soprattutto, cosa più importante, abbiamo legato il concetto di rendimento a rischio e abbiamo visto il ruolo dell’inflazione nei rendimenti, concetti di assoluta importanza se vogliamo parlare di finanza.

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