Gli impianti fotovoltaici sono un rischio per l’agricoltura? Non mancano le critiche sull’occupazione del suolo agricolo e paesaggistico, che mettono un freno alle rinnovabili. Una soluzione esiste.
Dall’inizio del conflitto in Ucraina l’Italia ha preso in esame varie soluzioni per ovviare alla dipendenza energetica russa. Il piano di investimento sulle rinnovabili era già presente nel Pnrr e, con le conseguenze della guerra, l’esigenza di diversificare le fonti è diventata più urgente.
L’idea di partenza è sfruttare la posizione geografica della penisola e la naturale esposizione al sole per produrre energia. Tra le diverse proposte, che prevedono anche il ritardo nella dismissione di centrali a carbone, l’attenzione si è spostata sui sistemi fotovoltaici, già ampiamente utilizzati e incentivati. Potrebbero essere una soluzione, ma c’è chi critica il consumo del suolo e il conseguente impatto sull’agricoltura, influendo su una crisi alimentare destinata a peggiorare.
Il fotovoltaico, quindi, sarebbe un ostacolo alla risoluzione della crisi alimentare, perché i terreni sono beni finiti e il suolo agricolo è ancora più limitato. Una possibile soluzione, inserita nel Pnrr, è il sistema agrivoltaico, che in Spagna, Grecia e diversi altri Paesi sta dando risultati soddisfacenti. Si teme, viceversa, la deturpazione del paesaggio, molto caro ad amministrazioni locali, cittadini ed enti turistici.
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Quali sono i rischi degli impianti fotovoltaici: critiche e dubbi
Nel corso degli anni i dubbi e le critiche sugli impianti fotovoltaici hanno limitato il loro utilizzo. Tra le critiche più dure si trova quella della deturpazione del paesaggio, un fattore che non può essere escluso e che, allo stesso tempo, è difficilmente risolvibile in campo aperto. Infatti gli impianti fotovoltaici, per quanto sempre più performanti, presentano un aspetto difficile da digerire per amministrazioni locali, enti turistici e cittadini. Differente invece risulta l’installazione di più moderni impianti fotovoltaici in città, sfruttando le superfici dei tetti degli edifici.
Paesaggio o suolo agricolo, in entrambi i casi gli impianti fotovoltaici sono demonizzati. A luglio 2021 Coldiretti Giovani, la sezione giovanile della principale organizzazione agricola nazionale, aveva lanciato una petizione per la salvaguardia del suolo agricolo. Il direttore Ettore Prandini aveva ricordato che l’occupazione del suolo con sistemi fotovoltaici rischia di cancellare il cibo dal tavolo. Un rischio che a distanza di un anno è ancora più esasperato dalla guerra in Ucraina e dalle sue conseguenze sull’alimentazione globale.
Inoltre, un altro rischio è legato alla speculazione. Secondo più voci esiste la possibilità che gruppi di investitori o grandi industriali, trovando l’installazione di sistemi fotovoltaici più redditizi della coltivazione dei campi, possano appropriarsi di quanto più terreno possibile e saturare il suolo di “monoculture” di energia.
Dubbi sul fotovoltaico: una soluzione esiste
La soluzione potrebbe arrivare da un’invenzione non recente, ma di nuovo oggetto di discussione vista la sua presenza nei vari punti di investimenti green presenti nel Pnrr: impianti fotovoltaici sulle strutture agricole. Tale soluzione però non sarebbe sufficiente, per questo si aggiunge la necessità di ragionare sull’occupazione congiunta del suolo. Gli impianti agrivoltaici, come dice il nome stesso, mettono insieme l’uso del suolo agricolo e l’uso del suolo per l’energia rinnovabile tramite il fotovoltaico. L’aspetto è quello di un campo seminato coperto da pannelli solari inclinati.
L’idea è stata proposta per la prima volta nel 1982 dal fisico Adolf Goetzberger, fondatore del Fraunhofer Institute for Solar Energy Systems (Ise). Questa tecnologia, che su carta è perfetta, presenta alcuni limiti, come l’obbligo di ammodernamento (quindi investimento) delle aziende agricole. Su larga scala, con investimenti incentivati, il sistema agrivoltaico permetterebbe di risolvere il problema italiano del consumo del suolo agricolo per l’energia.
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