Venezuela, è tornata la difterite: cosa vuol dire vivere in un Paese in crisi?

Marco Ciotola

05/02/2019

Mancano cibo e medicinali, il tasso di mortalità infantile è ai livelli di 50 anni fa ed è tornata la difterite. Cosa vuol dire vivere in Venezuela oggi?

Venezuela, è tornata la difterite: cosa vuol dire vivere in un Paese in crisi?

Nella sua autoproclamazione alla guida del Paese dello scorso 23 gennaio, Juan Guaidó si è appellato a due articoli della Costituzione venezuelana (art. 333-350), secondo cui il leader del parlamento può assumere la presidenza se ritiene che il capo di stato in carica sia illegittimo.

Per la verità - come segnalato da diversi osservatori internazionali - si tratta di una lettura piuttosto ampia del testo di legge. Eppure ha incontrato ampio favore popolare, consensi e riconoscimenti da un gran numero di governi, quello degli Stati Uniti in primis, non da quello italiano più di recente.

Anche la situazione politica ha il suo peso specifico in questo, ma una fetta importante del sostegno interno a Guaidó - e della relativa opposizione a Maduro - deriva da un’emergenza prima di tutto umanitaria e sociale, che esula in un certo senso dagli schieramenti e i leader in gioco; nasce piuttosto dal desiderio di un cambio di rotta che muova dalla quotidianità del Paese, al momento nel pieno della crisi peggiore della sua storia.

Il sistema sanitario è al collasso, omicidi ed episodi di criminalità non fanno praticamente più notizia, mancano medicine e cibo, l’inflazione va verso il 10.000 per cento quest’anno secondo il Fondo Monetario Internazionale e da diverse settimane è tornata, a distanza di 25 anni dall’ultima comparsa, la difterite.

Una situazione che di recente Bret Stephens del New York Times ha etichettato come “la catastrofe socialista”, talmente grave che a questo punto il Venezuela rappresenta una sempre più incombente minaccia anche per i Paesi limitrofi.

In Venezuela è tornata la difterite

A distanza di 25 anni dall’ultimo caso registrato, è tornata la difterite in Venezuela, malattia estremamente contagiosa che colpisce soprattutto i bambini tramite l’attacco di un batterio, Corynebacterium diphtheriae.

Potenzialmente molto pericolosa vista l’aspecificità dei sintomi e la possibilità che causi miocardite o patologie più gravi, è segno di un generale peggioramento delle condizioni socio-sanitarie nel Paese, che negli ultimi mesi ha visto almeno 3 milioni di abitanti abbandonare il territorio.

Un recente report effettuato dalla rivista Lancet ha registrato 21,1 decessi per 1.000 nuove nascite, cifra che segna un tasso di mortalità infantile tornato ai livelli di oltre 50 anni fa. Solo 10 anni fa il dato segnava 15 decessi ogni 1.000 nuove nascite, 19 se si considerano i numeri relativi a 30 anni fa.

Ma si tratta tuttavia di dati sempre esterni, visto che il regime chavista non tiene più statistiche relative alla mortalità infantile, così come evita di rilasciare diversi altri dati cruciali per prendere atto della situazione attuale in cui versa il Paese.

Per avere un’idea della quotidianità in Venezuela, ad oggi, basta pensare che l’acqua manca praticamente in tutti gli edifici pubblici, persino nell’80% degli ospedali.
Le morti in gravidanza sono più che raddoppiate e i servizi destinati ai cittadini - dai mezzi di trasporto passando per la pubblica amministrazione - sono praticamente inesistenti.

Una ricerca effettuata dalla Universidad Católica Andres Bello ha rilevato che oltre l’8% della popolazione finisce per cercare cibo nella spazzatura; in proporzione, si tratta di circa 2,4 milioni di venezuelani.

Il 32,5% consuma 2 pasti al giorno o anche meno, e l’iperinflazione fa sì che 9 venezuelani su 10 vivano in condizioni di povertà assoluta, con una perdita di peso corporeo media - per cittadino - pari a 11 chili.

Il salario minimo - che Maduro aumenta periodicamente ma che non riesce a far fronte al parallelo e costante aumento dell’inflazione - è pari a cinque milioni e duecentomila bolivares, ovvero 1,30 euro. Per restituire un’idea del potere d’acquisto della valuta, lo stipendio medio di un venezuelano è sufficiente a portare sul tavolo la spesa per una settimana al massimo.

Il bolivares si è deprezzato del 100% rispetto al 2010, tanto che diverse banche d’affari stanno traendo notevoli profitti dalla situazione. Tra queste Goldman Sachs, che di recente ha acquistato 2,8 miliardi di dollari in bond, agevolata da un costo ultravantaggioso.

La disperazione di un popolo allo stremo è facilmente ravvisabile anche dagli ultimi disordini di Caracas, quando - qualche giorno prima dell’autoproclamazione di Guaidó - diversi membri dell Guardia Nazionale si sono rivoltati contro le stesse forze governative che rappresentano.

Forze governative su cui può ancora contare Nicolas Maduro, che fa di queste la propria forza e che non ha mancato di costruire un muro attorno al rivale Guaidò, che attualmente non ha accesso ai suoi conti bancari - bloccati - e vive sotto la costante minaccia di venire incarcerato.

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